«Intelligenza artificiale, non cedere i nostri valori al dominio di pochi» – Chiesa di Milano

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«Chi si occupa di comunicazione oggi sta soffrendo molto per le applicazioni dell’intelligenza artificiale. Per questo è importante che recuperiate la vostra forza e identità di comunicatori, che hanno una deontologia e degli obiettivi. Si tratta di capire come fare la differenza» in questo «momento difficile e affascinante. Siamo di fronte a una sfida potente, è importante che ci sia formazione professionale». Lo ha affermato Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), intervenendo al convegno «2025: A.I. confini della comunicazione» organizzato a Roma dall’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei in occasione della festa di san Francesco di Sales e del Giubileo del mondo della comunicazione.

Parlando di «Intelligenza artificiale, informazione e comunicazione», ha invitato i giornalisti in sala a «varcare il confine dei “cibi precotti” preparati dall’intelligenza artificiale generativa. Far ricorso ai contenuti già pronti è la cosa peggiore che possiamo fare», a maggior ragione «nell’interpretare la realtà» e per «proiettarsi al futuro».

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«L’intelligenza artificiale – ha sottolineato – è uno strumento molto potente, ma è difficile darle una forma e comunicare cos’è oggi. Il timore è legato anche al fatto che non la vediamo». E se ci sono tanti «entusiasti», Carrozza ha invitato alla «prudenza». Ormai, l’AI «è uno strumento importantissimo per la ricerca, un acceleratore di scoperte scientifiche. Questo – ha spiegato – è avvenuto per la scienza dei materiali, per le proteine». Oggi – ha rilevato – «l’AI è vittima del consumismo perché qualcuno ha deciso di sfruttarla come prodotto per fare soldi, come avviene per l’intelligenza artificiale generativa. È dominio di pochi, con baricentro tra Stati Uniti e Cina», ha continuato, evidenziando che «è importante il ruolo dell’Europa per portare i suoi valori con le armi che ha a disposizione: studio, ricerca e competitività delle nostre aziende». «Deve esistere una via europea in questo campo», la convinzione di Carrozza, altrimenti «difficilmente riusciremo a mantenere i nostri valori, diventeremo più marginali e l’Europa sarà meno prospera».

Dalla presidente del Cnr anche un monito: «La nostra miglior difesa è l’investimento in scienza, ricerca e cultura. Per questo non può essere preso il budget della ricerca per trasferirlo alla difesa». A livello europeo – ha aggiunto – «è il momento di una presa di posizione molto forte, con l’idea che possiamo essere presenti nel mondo e cambiarlo. Scienza e ricerca sono decisive, non è avendone paura o abolendole che si risolve il problema». Carrozza ha sottolineato il «ruolo decisivo dell’istruzione e dell’università», così come quello della «partecipazione democratica» e ha auspicato la creazione di «un Cern dell’intelligenza artificiale nel quale i giovani europei possano rimanere in Europa per lavorare in questo ambito e collaborare alla creazione di un prodotto non da vendere ma che possa riuscire a risolvere un problema di fisica o di medicina».

Foto Siciliani / Gennari / Sir

Pompili: «Il più grande valore dell’intelligenza artificiale è mettere in luce l’intelligenza naturale»

«Bisogna evitare di considerare le nuove forme di comunicazioni semplicemente neutre, perché non sono indifferenti». È il monito lanciato al convegno da monsignor Domenico Pompili, vescovo di Verona e presidente della Commissione episcopale per la Cultura e le comunicazioni sociali della Cei. «Paradossalmente – ha osservato – il più grande valore dell’intelligenza artificiale è il mettere in luce per contrato l’intelligenza naturale. Stiamo perdendo il contatto con la realtà, è urgente volgere sguardo alle cose concrete» in un contesto in cui si procede con lo «smaterializzare la realtà», «il dito è diventato l’organo della scelta».

«L’uomo – ha domandato – sceglierà invece di agire?». In un mondo nel quale «la libera scelta è una scelta consumeristica e si finisce per essere sorvegliati speciali» bisogna «metterci al riparo da alcuni equivoci»: il primo è «una vita senza crucci» perché «esiste il limite a cui nessuno vuole guardare»; il secondo è che «l’AI è più performante dell’intelligenza naturale»; il terzo è «ritenersi capaci di guardare il mondo attraverso uno schermo» che è un «diaframma». E se è vero che «l’umano racconta sé mentre inventa qualcosa fuor di sé» ed è «disponibile a farsi trasformare dalle sue stesse invenzioni», siamo in presenza di una «condizione di istupidimento verso un mondo in continua espansione, non ne sappiamo abbastanza».

«Il timore – ha rilevato – rischia di avere la meglio sulla riflessione». E le nuove tecnologie sono strumenti che si rivelano al tempo stesso «veleno e rimedio». Preoccupano la «spartizione del bottino da parte delle BigTech», il «controllo sistematico di Internet», l’«ingerenze nei governi», il «proliferare di disinformazioni e fake news per manipolare l’opinione pubblica. La difesa dell’essenza aperta del web è fondamentale per la nostra stessa libertà di parola.

Corrado: «Vivere pienamente il movimento che sta a fondamento di comunicazione e informazione»

«La soglia va attraversata: si può sostare, ma non interrompere il cammino. La luce, trattenuta da una porta chiusa, si riversa verso l’esterno con un semplice gesto compiuto distrattamente nella quotidianità: l’apertura. Pensare al senso del cammino, alla soglia, all’attraversamento delle porte che collegano le varie stanze o “proteggono” le abitazioni, aiuta a comprendere la delicatezza e l’importanza della comunicazione e dell’informazione». È l’immagine utilizzata da Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei, per introdurre il convegno.

Riflettendo sulle «tipiche azioni giubilari», Corrado ha evidenziato che rispetto al passato oggi «siamo più “connessi”, ma sempre più isolati. Ecco, la contraddizione del pellegrinaggio per questo tempo, che conferma la realtà: non siamo soli C’è sempre una persona che cammina accanto o che ha già percorso quello stesso tratto di strada lasciando tracce indelebili del suo incedere. È proprio nel movimento che si dà forma alla comunicazione e all’informazione. Il richiamo al camminare, in questa accezione, sottolinea la necessità di relazioni che accompagnino, sostengano e facciano fruttificare le storie ricevute in dono. È quell’intreccio di amore e donazione che si costruisce quotidianamente. Tanti piccoli confini verso cui spingersi per guardare meglio il centro del comunicare: il cuore, l’amore, la passione».

«Il nostro Giubileo, oltre che rappresentare il primo grande raduno dopo l’apertura dell’Anno Santo, è un appello a vivere pienamente il movimento che sta a fondamento della comunicazione e dell’informazione», ha sottolineato, aggiungendo che «la riflessione – ed è il secondo gesto, con il suo attraversamento – spinge a una presa di coscienza di ciò che la Porta Santa può significare per la vita personale e comunitaria. Qual è il senso per gli operatori della comunicazione e dell’informazione? La comunicazione e l’informazione sono “arti della soglia”, che permettono una visione ampia della realtà. È uno degli slanci che arrivano dal Giubileo. A noi coglierne il messaggio e tradurlo in iniziativa».

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