Sentenza del Tribunale di Ravenna dopo 80 ore di camera di consiglio. Imputati, ritenuti vicini ai clan Mancuso, Fiarè e Piromalli, avrebbero riciclato denaro attraverso la gestione di alcune società ad Imola
Ci sono anche 17 calabresi tra i 24 imputati dell’inchiesta “Radici” andata oggi a sentenza dinanzi al Tribunale collegiale di Ravenna (presidente Cecilia Calandra, a latere i giudici Federica Lipovscek e Cristiano Coiro). Camera di consiglio record nella storia giudiziaria del distretto di Ravenna: è infatti durata quasi 80 ore. Regge in buona parte l’impianto accusatorio messo in piedi dalla Dda di Bologna che ha coordinato le indagini condotte sul campo dalla Guardia di Finanza. Le condanne sono 21 per complessivi 98 anni di carcere rispetto ai 110 chiesti dalla Procura distrettuale. Questa la sentenza per i vibonesi imputati nel processo: 13 anni e 3 mesi di reclusione per Saverio Serra, di 54 anni, di Vibo Valentia, residente a Cervia (il pm aveva chiesto 15 anni e 11 mesi); 3 anni e 7 mesi per Annunziata Gramendola, di 50 anni, di Vibo Valentia ma residente a Cervia (chiesti 6 anni e 6 mesi); 5 anni e 10 mesi per Giovanni Battista Moschella, di 66 anni, di Vibo Valentia, ma residente a Modena (chiesti 7 anni e 3 mesi); 5 anni e 11 mesi per Antonino Carnovale, di 50 anni, di Piscopio, domiciliato a Imola (chiesti 7 anni e 8 mesi, caduta l’aggravante mafiosa); 3 anni e 6 mesi per l’avvocato del Foro di Vibo Valentia, Domenico Arena, di 49 anni, di Vibo, residente a Modena e con in precedenza uno studio legale a Spilinga (chiesti 3 anni e 8 mesi); 2 anni e 4 mesi per Pietro Piperno, di 64 anni, di Piscopio e residente a Dozza (chiesti 2 anni e 6 mesi, caduta l’aggravante mafiosa); 2 anni per Eleonora Piperno, di 31 anni, di Piscopio, residente a Dozza (chiesti 2 anni, venuta meno l’aggravante mafiosa); 3 anni per Patrizia Russo, di 47 anni, di Piscopio (chiesti 4 anni e 3 mesi, caduta l’aggravante mafiosa); 2 anni e 8 mesi per Michele Scrugli, di 33 anni, di Vibo Valentia (chiesti 4 anni); 4 anni per Leoluca Serra, di 24 anni, di Vibo Valentia, residente a Cervia (figlio di Saverio, chiesti 4 anni e 6 mesi); 3 anni e 9 mesi per Giuseppe Maiolo, di 55 anni, di Vibo Valentia, residente a Lonato del Garda (chiesti 4 anni); assoluzione per Gianluca Cannatelli, di 30 anni, di Vibo Valentia (chiesta assoluzione pure da parte del pm).
Queste le altre condanne emesse dal Tribunale di Ravenna: 2 anni e 8 mesi per Massimo Antoniazzi, 59 anni, di Porto Valtravaglia (Va); 3 anni e 8 mesi per Marcello Bagalà, 38 anni, di Gioia Tauro (chiesti 4 anni); 2 anni per Claudia Bianchi, di 43 anni, di Reggio Emilia; assoluzione per Renato Brambilla, di 83 anni, di Milano (chiesti 3 anni e 6 mesi); 3 anni per Giorgio Caglio, di 85 anni, di Milano; 3 anni e 8 mesi per Gregorio Ciccarello, 45 anni, di Catanzaro ma residente a Modena; 6 anni e 8 mesi per Alessandro Di Maina, 53 anni, di Cesenatico; 2 anni e 5 mesi Carmelo Forgione, 38 anni, di Sant’Eufemia d’Aspromonte; 2 anni e 5 mesi Giovanni Forgione, 35 anni, di Sant’Eufemia d’Aspromonte (Rc); 11 anni e 2 mesi Francesco Patamia, 37 anni, di Gioia Tauro, residente a Milano; 10 anni e 6 mesi Rocco Patamia, 61 anni, di Oppido Mamertina (Rc), residente a Monte San Pietro (Bo); assoluzione Giuseppe Sarto, 53 anni, di Taurianova, residente a Cento (Fe, chiesta assoluzione pure da parte del pm).
Le parti civili
Gli imputati, a vario titolo, sono stati condannati a risarcire le parti civili, alle quali sono state riconosciute delle provvisionali. Tra queste, 250mila euro alla società Forno Imolese, 200mila alla Dolce Idea srl di Cervia più 35mila al suo legale rappresentante, 10mila ciascuno ai Comuni di Bagnacavallo e Imola, 20mila a quelli di Cervia e Cesenatico; 5mila ciascuno ai sindacati Cgil, Cisl e Uil; 5mila all’associazione contro le mafie Libera. Tra i risarciti, con cinquemila euro, anche l’ex portiere di serie A, Marco Ballotta, in quanto nel 2021 ritenuto vittima di minacce aggravate dal metodo mafioso dopo essersi rivolto a un intermediario per coprire un cospicuo debito bancario.
Tutti gli imputati condannati dovranno anche pagare le spese processuali. Saverio Serra, i due Patamia e Moschella sono stati condannati anche al pagamento delle spese di custodia cautelare carceraria.
I reati contestati
Il reato di associazione a delinquere veniva contestato a Saverio Serra, Giovanni Battista Moschella, Antonino Carnovale e all’avvocato Domenico Arena. Per la Dda di Bologna Saverio Serra e Giovanni Battista Moschella avrebbero operato “manovre patrimoniali distrattive in favore di società riferibili ai sodali”, come nel caso della Transer srl, “formalmente intestata ad Annunziata Gramendola, moglie di Saverio Serra, amministratore nei fatti della medesima società”. Altre “manovre patrimoniali distrattive” vengono contestate a Giovanni Battista Moschella con la Tda Packaging Design srl di Reggio Emilia e la Tda Packaging Eu srl di Modena, entrambe amministrate da Moschella in concorso con Gregorio Ciccarello. Gli imputati avrebbero compiuto condotte di autoriciclaggio rispetto ai profitti procurati attraverso i delitti di intestazione fittizia relative alla società Dolciaria italiana srl ed in relazione alle distrazioni inerenti i delitti fallimentari della società Transer srl mediante successivo trasferimento occulto degli illeciti profitti di tali azioni nella neo costituita azienda La Dolciaria Italia srl di Saverio Serra.
I difensori
Antonino Carnovale e Patrizia Russo erano difesi dagli avvocati Giuseppe Monteleone e Francesco Calabrese; Pietro ed Eleonora Piperno dagli avvocati Raffaele Manduca e Pasquale Andrizzi; Saverio Serra dagli avvocati Tiziana Barillaro e Domenico Ippolito; Leoluca Serra dall’avvocato Ippolito; Domenico Arena dagli avvocati Daniela Bondi e Lamberto Carraro; Gianluca Cannatelli dall’avvocato Nazzareno Latassa; Annunziata Gramendola dagli avvocati Nicoletta Cavani e sara Pavone; Giuseppe Maiolo dall’avvocato Francesco Nizzari; Giovanni Battista Moschella dall’avvocato Antonio Piantedosi; Michele Scrugli dagli avvocati Giuseppe Gervasi e Vincenzo Sorgiovanni.
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