Violenza sulle donne, il Piemonte taglia i fondi ma dà soldi agli antiabortisti: un disegno ipocrita

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Due notizie di questi ultimi giorni, entrambe provenienti dal Piemonte, sono la fotografia di quanto sia impellente e urgente affrontare il tema della violenza contro le donne e di quanto invece venga sottovalutato questo dramma nel Paese.

La prima notizia è inquietante: una ragazza di 13 anni ha raccontato quello che per paura e vergogna aveva taciuto per tanto tempo: la madre subiva dal marito violenze psicologiche che erano arrivate ad essere minacce di morte quando la donna aveva manifestato l’intenzione di separarsi. Questo clima familiare umiliante e angosciante in cui la donna e le sue figlie vivevano è risultato insopportabile per la tredicenne che, dopo un malore in classe e grazie all’intervento di un’insegnante, è stata accompagnata dallo psicologa della scuola che ha saputo capire subito l’origine del malessere e intervenire dopo che l’adolescente si è aperta e ha raccontato quello che succedeva in famiglia.

La storia per il momento ha avuto una fine, se non lieta, rassicurante: la mamma e le figlie sono ora in una struttura protetta, il padre arrestato ha patteggiato la pena a due anni di reclusione e sarà obbligato a frequentare per un anno un centro di recupero per uomini maltrattanti. Alla fine però resta una sensazione di inadeguatezza del nostro sistema di prevenzione e aiuto alle donne vittime di violenza. Pur non conoscendo a fondo i particolari della vicenda ci chiediamo se questo caso, che forse avrebbe potuto sfociare in un femminicidio come ormai tristemente ci raccontano le cronache, sia stato risolto dalla “fortunata” concomitanza della sofferenza della bambina e dell’attenzione (che non sempre sussiste) del personale scolastico. Ma è giusto che si debba arrivare a questo?

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Gli strumenti che le Istituzioni dovrebbero mettere in campo per contrastare il fenomeno sono tanti, spesso anche efficaci e previsti da precise leggi, ma spuntati perché non adeguatamente supportati da risorse economiche. E qui si lega la seconda notizia: in questi giorni si sta discutendo in Commissione regionale in Piemonte il bilancio previsionale e si apprende che c’è stato un taglio sul Fondo di solidarietà per il patrocinio legale per le donne vittime di violenza, per cui le risorse destinate a questo fondo passano da 40mila a 18mila euro, con una riduzione di oltre il 50%. Parimenti subisce tagli il Fondo regionale per le consulenze legali istituito con una legge del 2016, che viene ridotto di 100mila euro nonostante non ci sia stato nessun calo della domanda (com’era d’altronde prevedibile, visto che il fenomeno della violenza e della sua emersione è in continua crescita).

Questi Fondi che erano stati istituiti nel 2016 dall’allora Giunta di centrosinistra sono stati negli anni uno strumento essenziale per le vittime di violenza, superando ed estendendo i limiti del gratuito patrocinio a spese dello stato. Infatti tutte le donne domiciliate in Piemonte e con un reddito personale non superiore a otto volte quanto previsto dalla normativa nazionale in materia di patrocinio a spese dello Stato, vittime di violenza e maltrattamenti che intendano sporgere denuncia per un reato che sia stato consumato o tentato sul territorio piemontese, possono accedere al Fondo di solidarietà; inoltre – cosa importantissima – possono beneficiarne anche per cause civili (separazioni, affidamento dei figli, etc) in caso di violenza da parte del coniuge. Questo permette quindi alle donne di avere un grosso aiuto che le supporti nel percorso di uscita dalla violenza affidandosi ad avvocate e avvocati con una specifica preparazione e competenza in quest’ambito e regolarmente iscritte/i in appositi elenchi, così come previsto dal Fondo.

La risposta che gli amministratori danno quando l’opposizione e la società civile chiedono conto di questi tagli è la mancanza di fondi e si corre al riparo assicurando un’integrazione nel prossimo assestamento di bilancio, come se il problema a cui si deve far fronte fosse residuale: le donne vittime di violenza possono aspettare, ben altre sono le priorità di questa maggioranza.

Si apprende invece che il Fondo di vita nascente che distribuisce soldi alle associazioni antiabortiste è stato riconfermato nella sua totalità (940mila euro), pur se negli anni precedenti sono stati erogate risorse alle 15 associazioni che avevano partecipato al bando per cifre maggiori di quanto le stesse avessero richiesto. E viene prorogato di sei mesi il termine per la presentazione dei rendiconti per dar modo alle associazioni di spenderli. Secondo Obiezione Respinta, movimento pro scelta che si occupa di aborto, mancherebbero all’appello circa 300mila euro non ancora spesi, ma la Regione si è già portata avanti stanziando un ulteriore milione. L’assurdo è evidente: si tagliano fondi per le donne vittime di violenza su un capitolo di spesa che dovrebbe essere rinforzato e se ne rimpingua un altro non ancora consumato. Così come si erogano 100mila euro per il Festival Giovani Adulti e si aumentano da 700mila euro a un milione di euro le risorse per gli oratori piemontesi.

La coperta in questi casi non è corta, ma abbondante. Anche se non stupisce, amareggia ancora una volta constatare quanto ideologico e strumentale sia il disegno di questa giunta e del suo assessore alle politiche sociali, mentre il silenzio dell’assessora alle Pari Opportunità è imbarazzante. La retorica della famiglia, della genitorialità, della tutela dei figli (si badi bene: di quelli non ancora nati) rivela la sua ipocrisia quando si leggono i bilanci e le destinazioni delle risorse, che sono l’unica vera fotografia dell’indirizzo politico di un’amministrazione.

Dei bambini che vivono in situazioni difficili, in famiglie in cui la violenza, di qualsiasi tipo, segna per sempre le loro vite importa a questa politica? O è fondamentale solo tutelare gli embrioni che sono l’emblema di un’ideologia il cui unico interesse è affermare che la donna non può e non deve autodeterminarsi?



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