[Korazym.org/Blog dell’Editore, 25.01.2025 – Ivo Pincara] – «Non mi risulta sia stato consegnato niente in procura. Se la diocesi non l’ha fatto, evidentemente non ci sono casi perseguibili». Ha parlato così il procuratore di Bolzano, Axel Bisignano, in merito alle oltre 600 pagine redatte dallo studio legale Westpfahl Spilker Wastl di Monaco di Baviera, in collaborazione con lo studio Kofler Baumgartner & Partner di Brunico, che ha rivelato che dal 1964 al 2024 nella Chiesa dell’Alto Adige sono avvenuti 67 casi di abusi sessuali, di cui 59 ai danni di minori, da parte di 29 sacerdoti [QUI]. Una perizia che alla Diocesi di Bolzano-Bressanone è costata circa 860mila euro, considerato il coinvolgimento dei due studi legali e la stesura durata più di un anno. Formalmente però, il documento non è stato depositato presso la procura. Potrebbero aver influito i tempi della prescrizione, visto che l’analisi si concentra su cinquant’anni di storia, dal 1963 al 2023: «Il periodo di prescrizione si calcola in base alla pena massima per il reato: in questo caso — ha spiegato il procuratore di Bolzano —, dodici anni dall’ultimo fatto. Quindi, per poter perseguire qualcuno, il fatto deve essere successivo al 2013. Se è trascorso più tempo, i fatti non sono più penalmente rilevanti». Nel caso specifico degli abusi sessuali, con l’abbassarsi dell’età della vittima, aumentano anche gli anni affinché il reato cada in prescrizione.
“So che non volete sentire da parte mia parole retoriche di costernazione. A ragione. Tuttavia, permettetemi di dire che mi hanno profondamente commosso in particolare le descrizioni dei casi e il dolore personale che emerge così chiaramente dalla relazione”, ha detto il Vescovo di Bolzano-Bressanone, Mons. Ivo Muser, nel corso dell’annunciata conferenza stampa tenutasi ieri mattina 24 gennaio, a seguito dell’indagine indipendente sugli abusi sessuali del clero nei confronti dei minori nella Chiesa in Alto Adige, presentato lo scorso lunedì 20 gennaio [QUI], che aveva commissionato per capire la situazione e dettare le linea guida affinché la violenza non si ripeta.
Il giorno precedente, il procuratore di Bolzano, Axel Bisignano, aveva specificato: «La diocesi ha predisposto un protocollo con il tribunale dei minorenni e la procura della Repubblica in cui si impegna a segnalare tutti quei casi che ovviamente siano perseguibili. Noi dal canto nostro, abbiamo dato direttive su come, quando e a chi rivolgersi per presentare le segnalazioni». Il procuratore Bisignano ha visto con favore le misure della diocesi altoatesina: «Può essere un incoraggiamento. Soprattutto per far capire alle vittime che la diocesi ha fatto un’opera meritoria e che ora non intende coprire più questo tipo di situazioni. Possiamo dire che oggi la diocesi incoraggia le vittime a segnalare gli abusi perché non sarà più omertosa. È un passo avanti significativo».
Per quanto riguarda il rapporto, viene chiaramente specificato che «l’obiettivo dei relatori non era e non è, a priori, quello di contribuire al sensazionalismo sugli eventuali casi di abusi sessuali o di mettere alla gogna i responsabili», ma di «indicare con chiarezza le responsabilità al fine di trarre le conclusioni necessarie ad ottimizzare l’operato nella gestione di questi aspetti». In questo quadro, emergono le figure dei primi due vescovi in carica nella diocesi di Bolzano-Bressanone, nata solo nel 1964: Joseph Gargitter, in carica fino al 1986 e deceduto nel 1991, e Wilhelm Egger, che ha retto la diocesi tra il 1986 e il 2008, quando è deceduto; per quanto riguarda Karl Golser (vescovo dal 2008 ma dimessosi nel 2011 per via del Parkinson), i relatori ritengono che «si è opposto in modo chiaro e inequivocabile agli abusi sessuali istituendo, in particolare, il Centro diocesano di ascolto, una novità assoluta in Italia. Un’attribuzione di responsabilità era tuttavia da escludersi a priori, in considerazione del fatto che Golser era all’epoca già gravemente ammalato»; anche per quanto riguarda il vescovo in carica Ivo Muser, e il vicario Eugen Runggaldier, «si osserva, dal momento dell’assunzione delle rispettive funzioni, uno sforzo sincero volto a migliorare e possibilmente ottimizzare l’approccio nei confronti delle persone offese. Anche le azioni svolte nei confronti dei sacerdoti accusati e/o condannati sono state caratterizzate da uno sforzo sincero e un impegno ad assumere una condotta possibilmente adeguata in questa difficile situazione».
I relatori rilevano che «il numero dei fatti in questione diminuiva drasticamente a partire dall’inizio degli anni Novanta. Va rilevato che questi fatti erano noti ai vertici diocesani, per la gran parte (43%), già prima del 2010 e che la teoria “autori isolati” o “delle pecore nere” frequentemente sostenuta, soprattutto prima del 2010 non ha mai avuto sostanza». Le modalità di gestione dei casi emersi negli anni di Gargitter e Egger vengono contestate duramente: «Gli esempi di casi descritti evidenziano che, da parte diocesana, la procedura consisteva principalmente nel rimuovere semplicemente il singolo sacerdote sospettato, o addirittura già riconosciuto colpevole, dalla posizione fino a quel momento occupata, per poi reintegrarlo altrove nell’attività pastorale», si legge nel rapporto. E ancora: «Ad accomunare tutti gli atti, seppure con gradi di intensità variabile, è l’intento diocesano, in parte dichiarato, fino ai primi anni 2010, e in parte presumibile con sufficiente certezza, di evitare che i casi di abuso sessuale diventassero pubblici, o almeno noti in tutta la loro portata». Un insabbiamento deliberato, dal quale solo in tempi recenti si sta cercando di venire fuori. Per quanto riguarda il Vescovo Gargitter, «dopo aver esaminato i fascicoli, interpellato i testimoni dell’epoca e le persone interessate, i relatori del rapporto sono giunti a stimare che in sette casi sia da contestare una condotta erronea e/o quantomeno impropria». Musica non troppo dissimile per il suo successore Egger, coinvolto nell’«assoluzione» di sei sacerdoti.
In più, spuntano i casi di due attuali funzionari della diocesi, «responsabili di alto rango a cui, secondo la valutazione dei relatori, è possibile contestare errori di condotta e che saranno oggetto di una “Management letter”: spetterà al vescovo e al vicario decidere se esigere conseguenze, quali, ed eventualmente anche di natura disciplinare». Per quanto riguarda i dipendenti invece, «i relatori non hanno invece accertato alcun tipo di responsabilità».
Assumendosi “personalmente la responsabilità per le omissioni durante il suo periodo di episcopato, tra cui l’insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti, la riluttanza nell’adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati e la documentazione carente nel delineare i passi nella gestione dei casi di abuso”, in conferenza stampa il Vescovo Muser ha chiesto perdono alle vittime di abuso, alle comunità parrocchiali e ai fedeli. “La perizia che è stata commissionata non è un punto di arrivo ma un mandato per continuare a lavorare con tutta la determinazione possibile: serve un cambiamento culturale”, ha detto.
Il Vescovo Muser ha invocato un “cambiamento culturale”, poiché tali fatti “potrebbero ricapitare, se noi, come è capitato, distogliamo lo sguardo”, invitando poi le “persone colpite a condividere, anche in forma anonima, le loro storie ed esperienze per sostenere il processo di cambiamento”. Verranno quindi adottate una serie di misure e “procedure chiare”, con un gruppo di esperti che “svilupperà linee guida vincolanti per la gestione dei casi di abuso, che saranno attuate entro la fine del 2025″. Accanto al “perseguimento coerente dei casi sospetti”, sarà poi “istituito un gruppo interdisciplinare per esaminare con effetto immediato tutti i casi di sacerdoti accusati ancora in vita e proporre misure per i passi successivi da intraprendere”.
Per quanto riguarda il perseguimento coerente dei casi sospetti, il vescovo ha annunciato “misure di monitoraggio e controllo per prevenire reiterazioni”. Inoltre, verrà “istituito un gruppo interdisciplinare che da subito esaminerà tutti i casi di sacerdoti accusati e ancora in vita e, se necessario, proporrà a me le misure per i passi successivi. Si mira a non sottoporre a sorveglianza soltanto le persone condannate, ma anche coloro per i quali, per motivi preventivi, sono necessarie restrizioni del campo di azione”.
Ha preso la parola anche il Vicario Generale della Diocesi di Bolzano-Bressanone, Don Eugen Runggaldier, affermando che “i casi di abuso nella Chiesa non possono essere considerati come episodi isolati”. Tali abusi, ha sottolineato, “si basano su deficit sistemici come la sessualità immatura, l’isolamento dei sacerdoti, le strutture clericali, la mancanza di una cultura dell’errore e l’insufficiente trasparenza. Questi ambiti vengono affrontati in modo specifico per eliminare le cause strutturali”.
La Diocesi di Bolzano-Bressanone ha garantito che il Centro di ascolto sarà rafforzato con un quadro ampliato di regolamenti, al fine di sviluppare ulteriormente il suo lavoro indipendente e professionale; il Centro di intervento, che attualmente è insediato presso il Vicario Generale, sarà riorganizzato per creare una base decisionale più indipendente e per presentare proposte di misure da adottare. Il Centro di prevenzione sarà chiaramente separato dal Centro di ascolto e in futuro agirà in modo indipendente, senza essere coinvolto nel trattamento di casi concreti. In conclusione, il Vicario Generale Runggaldier ha sottolineato che l’elaborazione dei casi di abuso è soggetta a continue valutazioni e riflessioni. “Cambiamenti sostenibili possono essere raggiunti solo attraverso continui adeguamenti”, ha concluso. Il Responsabile del Servizio tutela minori della Diocesi di Bolzano-Bressanone, Gottfried Ugolini, ha quindi annunciato l’avvio della seconda fase del progetto Coraggio di guardare, che si concentra “sull’elaborazione e prepara il passaggio alla fase della prevenzione”.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link