L’istituto senese ha lanciato una OPS totalitaria volontaria di 13,3 miliardi su Piazzetta Cuccia. Obiettivo: creare il terzo polo bancario italiano. Quali impatti sul gestito.
Un’operazione a sorpresa, lanciata nella notte italiana a sparigliare le carte del panorama bancario. Banca Mps ha annunciato l’avvio di un’offerta pubblica di scambio totalitaria volontaria da 13,3 miliardi di euro su Mediobanca. Obiettivo: creare un campione bancario nazionale “attraverso l’unione di due tra i marchi più distintivi del mercato dei servizi finanziari: MPS per il Retail e Commercial Banking e Mediobanca per il Wealth Management, Corporate & Investment Banking e Consumer Finance”.
Secondo quanto si legge in una nota, per ciascuna azione Mediobanca portata in adesione all’offerta, MPS offrirà un corrispettivo unitario di 15,992 euro pari a 2,3 azioni ordinarie con un premio del 5,03% rispetto al prezzo ufficiale rilevato alla chiusura di ieri, 23 gennaio. L’Ops di Mps su Mediobanca è subordinata alla condizione che Banco MPS arrivi a detenere il 66,67% del capitale di Piazzetta Cuccia.
La ratio dell’operazione, spiega MPS nella nota, arriva al termine di un percorso in cui l’istituto senese “ha costantemente rafforzato i suoi fondamentali, consolidando la sostenibilità del proprio modello di business e migliorando il profilo di rischio, così da raggiungere solidi livelli di redditività”. Inoltre, si legge ancora, “MPS è riuscita a superare la maggior parte degli obiettivi del piano industriale 2022- 2026 con due anni di anticipo e con una delle posizioni patrimoniali più solide in Europa. MPS intende svolgere un ruolo attivo nello scenario di consolidamento in corso nel settore bancario italiano”.
Un nuovo campione
Dall’aggregazione con Mediobanca, ancora subordinata alle autorizzazioni delle autorità competenti, nascerà “un nuovo campione nazionale che si posizionerà tra i primi tre istituti in termini di totale attivi, impieghi alla clientela, raccolta diretta e total financial assets”.
L’aggregazione consentirà inoltre “di assumere un ruolo primario nell’attività dell’asset gathering attraverso la combinazione di Banca Widiba con Mediobanca Premier (che vedrebbe circa 1.200 promotori in aggregato). Il gruppo risulterà rafforzato patrimonialmente, con un flusso diversificato di ricavi e una forte resilienza in grado di competere con successo nei diversi scenari”.
L’esecuzione dell’OPS è attesa entro il terzo trimestre del 2025.
L’azionariato
In termini di azionariato i due istituti presentano diverse complementarietà. Nella nota, Banco MPS indica una quota del 9,78% detenuta dalla Delfin della famiglia Del Vecchio: occorre ricordare a questo proposito che fino a novembre la quota era del 3,51%, passata all’attuale 9,8% nella comunicazione a Consob dello scorso 10 gennaio. Un altro 5% è in mano a Banco BPM e il 3,992% ad Anima Holding, anche in questo caso il movimento è recente (come riportato anche da FundsPeople) e si colloca nell’ambito di un’altra operazione che ha scosso il mercato del risparmio gestito negli ultimi mesi: quella dell’OPA totalitaria lanciata da Banco BPM sulla società milanese. Infine l’11,73% delle quote di Banco MPS è ancora in mano al Tesoro.
Delfin e Caltagirone sono anche azionisti di Mediobanca, spiega Reuters, rispettivamente con il 19,8% e il 7,8%, secondo il sito web di Piazzetta Cuccia. Un gruppo di soci, tra cui Banca Mediolanum, aderiscono poi a un patto di consultazione che raccoglie complessivamente l’11,4 per cento. Non solo: Mediobanca è anche primo azionista di Generali (con il 13% circa) che si troverà coinvolta dall’operazione, e Banco MPS, come si legge nella nota, dovrà presentare un’istanza all’Ivass per l’autorizzazione all’acquisizione della partecipazione indiretta qualificata in Generali.
Gli impatti sul gestito
Come anticipato, l’operazione coinvolge diversi player del gestito, a loro volta coinvolti in altre operazioni. Da ultima, Generali, che è impegnata in una operazione di riassetto dell’asset management con Natixis, annunciata soltanto qualche giorno fa. L’offerta di Banco BPM su Anima risale a novembre, e vede coinvolta la SGR in un OPA totalitaria finalizzata al delisting. Inoltre la stessa Anima ha una partnership strategica con Rocca Salimbeni che risale al 2010 (quando Anima deteneva lo 0,9% del capitale sociale), il contratto commerciale scade nel 2030 ed è finalizzato allo sviluppo delle attività di risparmio gestito della banca.
Il fermento in atto nel settore bancario italiano, “è in parte guidato dalla necessità per le banche di aumentare le proprie dimensioni al fine di ottenere sinergie operative e rafforzare la propria posizione competitiva”, afferma Giacomo Calef, country head Italia di NS Partners. “Tuttavia, in un contesto caratterizzato dalla riduzione dei tassi d’interesse, che comprime i margini di interesse tradizionali, la diversificazione delle linee di business diventa cruciale”. In particolare, afferma l’esperto, “il wealth management e l’asset management emergono come settori ad alta redditività, attirando l’interesse di molti istituti. È prevedibile che in futuro assisteremo a operazioni o nuovi accordi che coinvolgeranno anche player assicurativi, data la loro elevata redditività e le potenziali sinergie con il settore bancario”. Calef si aspetta poi che anche le le banche di medie dimensioni non rimarranno a lungo spettatrici, “cercando opportunità per colmare il divario con i principali gruppi bancari”.
A sorprendere di più la comunità finanziaria, afferma Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, è la capitalizzazione di mercato. “Banca MPS ha un valore di 8 miliardi di euro contro i 12 miliardi di euro abbondanti di Mediobanca”. Secondo l’esperto, la manovra ha molteplici obiettivi. “Non solo la creazione di un terzo polo bancario, dopo quelli di Intesa Sanpaolo e Unicredit, ma anche quello di riuscire a prendere il controllo di Generali. Delfin e Caltagirone (azionisti sia di MPS/Mediobanca e Generali) avevano provato senza successo già due volte in passato ad acquisire il controllo della grande compagnia assicurativa italiana, ora in trattativa per fare una joint venture con i francesi di Natixis nell’asset management”. Per IG Italia, le probabilità che l’offerta abbia successo sono basse per diversi motivi: “L’offerta è considerata ostile dal CdA e ha un prezzo, a nostro avviso, basso rispetto alle potenzialità di Mediobanca. Le sinergie del nuovo gruppo sarebbero molto limitate (nonostante la possibile accelerazione nell’utilizzo delle DTA)”.
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