09.00 – sabato 25 gennaio 2025
(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Gli imprenditori italiani stanno manifestando una crescente preoccupazione, non solo per gli effetti deleteri che l’introduzione dei dazi imposta dall’amministrazione Trump potrebbe avere sulle nostre esportazioni, ma soprattutto per l’impennata dei costi energetici che rischiano di arrecare un danno economico all’intero sistema imprenditoriale italiano. Se quest’anno il prezzo medio del gas dovesse attestarsi sui 50 euro al MWh, l’Ufficio studi della CGIA stima un aggravio rispetto l’anno scorso di 14 miliardi di euro. Inoltre, è importante considerare che il combinato disposto di queste due problematiche potrebbe addirittura condurre l’economia italiana verso una fase di stagflazione. Qualora tale scenario dovesse materializzarsi, ci troveremmo di fronte a una situazione particolarmente critica.
Le nostre imprese che esportano in USA sono “solo” 44mila
Fino a quando i dazi non saranno ufficialmente introdotti, nessuno è in grado di stimare quanto penalizzeranno le nostre vendite negli Stati Uniti. Ricordiamo che il Paese a stelle e strisce rappresenta il secondo mercato di sbocco per le esportazioni italiane, con un valore annuale prossimo ai 70 miliardi di euro, pari al 10,7% dell’intero export nazionale. In particolare, le categorie merceologiche maggiormente esportate negli USA includono macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici/farmaceutici, alimentari/bevande, tessile, abbigliamento e calzature; tali voci costituiscono circa i due terzi delle vendite totali nel mercato statunitense.
Il numero degli operatori commerciali italiani attivi negli Stati Uniti è relativamente contenuto, ammontando a poco meno di 44mila unità; a questo dato si devono aggiungere le imprese dell’indotto non contabilizzate nelle statistiche Istat[1]. È opportuno chiarire che l’introduzione dei dazi comporterebbe una contrazione delle nostre esportazioni; tuttavia, si presuppone che le conseguenze economiche derivanti dall’aumento delle bollette siano più gravose rispetto a quelle generate dai dazi stessi, considerando che il costo del gas e dell’energia elettrica sono previste in aumento. L’intersecarsi di queste due criticità potrebbe addirittura dar luogo a una nuova crisi economica, uno scenario che, ovviamente, speriamo non si determini.
È in arrivo una stangata sulle bollette
Per l’anno corrente si stima che il costo complessivo delle bollette possa gravare sul sistema imprenditoriale italiano per ulteriori 13,7 miliardi di euro rispetto al 2024, corrispondente a un incremento del 19,2%. La spesa totale prevista raggiungerebbe quindi gli 85,2 miliardi: di questi 65,3 miliardi per l’energia elettrica e 19,9 miliardi per il gas. Tali stime provengono dall’Ufficio studi della CGIA e si basano sull’ipotesi di un prezzo medio dell’energia elettrica nel 2025 fissato a 150 euro per MWh e del gas a 50 euro per MWh; mantenendo così un rapporto di tre a uno tra le due tariffe come osservato nei bienni precedenti. Per quanto concerne i consumi energetici si fa riferimento ai dati del 2023 con l’assunzione che essi rimangano costanti nei successivi due anni[2]. Analizzando questo ulteriore onere stimato in 13,7 miliardi di euro per quest’anno risulta evidente che quasi 9,8 miliardi (+17,6% rispetto al 2024) riguarderebbero l’energia elettrica mentre i restanti 3,9 miliardi (+24,7%) il gas (vedi Tab. 1).
Rischiamo la stagflazione?
Le conseguenze dell’aumento delle bollette potrebbero gravare pesantemente sui bilanci sia delle imprese sia delle famiglie. Tuttavia esiste un ulteriore aspetto negativo da considerare: similmente ai primi anni post-Covid potremmo assistere a un’impennata dei prezzi del gas e dell’energia capace di generare spirali inflazionistiche molto pericolose, facendo crollare i consumi interni che sono il pilastro portante su cui si basa la nostra economia. È fondamentale ricordare che durante il biennio 2022-2023 la crisi energetica ha fatto impennare il caro vita, determinando una sostanziale erosione del potere d’acquisto per lavoratori dipendenti e pensionati; senza trascurare l’incremento dei tassi d’interesse che ha ostacolato investimenti e crescita del PIL.
Pertanto, l’effetto combinato della possibile recrudescenza della crisi economica che sta interessando molti paesi europei, unitamente all’introduzione dei dazi e a una possibile nuova fiammata inflazionistica scatenata dal caro energia, potrebbe condurre il Paese verso condizioni di stagflazione caratterizzate da una crescita del PIL attorno allo zero, accompagnato da livelli elevati d’inflazione.
Difendere i consumi e spendere bene tutti soldi del Pnrr
Per scongiurare questa situazione così complessa cosa dobbiamo fare? Sperando nella “clemenza” del Presidente Trump, per contrastare efficacemente il rallentamento economico in corso, in primo luogo dobbiamo evitare il crollo dei consumi interni, obbiettivo che potrebbe non essere conseguito se l’inflazione dovesse tornare a crescere. Pertanto, è necessario introdurre a livello europeo un tetto al prezzo del gas che andrebbe a smorzare qualsiasi spinta speculativa. In secondo luogo è necessario spendere bene ed entro la scadenza (31 agosto 2026) le risorse del Pnrr ancora a nostra disposizione; praticamente 130 miliardi di euro. Secondo la BCE, l’utilizzo di tutti i prestiti e le sovvenzioni che ci sono stati erogati da Bruxelles farà aumentare in via permanente il nostro Pil nello scenario migliore dell’1,9 per cento fino al 2026 e dell’1,5 per cento fino al 2031 rispetto a un Pil senza questi speciali sostegni post-pandemici.
Rincari top al Nord: in particolare in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto
A livello regionale, visto che la maggioranza delle attività produttive e commerciali sono ubicate al Nord, i rincari relativi al 2025 di luce e gas interesseranno, in particolare, le aree che presentano i consumi maggiori[3]: vale a dire la Lombardia con un aggravio di 3,2 miliardi di euro, l’Emilia Romagna con +1,6 miliardi, il Veneto con +1,5 e il Piemonte con +1,2. Sull’incremento di costo previsto per quest’anno che, ricordiamo, a livello nazionale dovrebbe essere pari a 13,7 miliardi, 8,8 (pari al 64% del totale), saranno in capo alle aziende settentrionali (vedi Tab. 2).
Più cara l’energia del gas
Come dicevamo più sopra, la variazione di spesa rispetto l’anno scorso interesserà maggiormente l’energia elettrica del gas. Gli imprenditori pagheranno le bollette elettriche 9,8 miliardi in più e del gas solo, si fa per dire, 3,9 miliardi. Per l’elettricità gli incrementi più significativi riguarderanno sempre il Nord, in particolare la Lombardia con 2,3 miliardi aggiuntivi, il Veneto con +1 miliardo e l’Emilia Romagna con +986 milioni. Il settentrione dovrebbe farsi carico di oltre il 61 per cento dell’incremento di costo. Per quanto concerne il gas, invece, i costi aggiuntivi interesseranno soprattutto la Lombardia con +887 milioni, l’Emilia Romagna con +660 milioni e il Veneto con +480 milioni. Dei 3,9 miliardi di rincari relativi alle bollette del gas, 2,8 miliardi (pari al 70,8% del totale) dovrebbero gravare sulle imprese del Nord.
[1] Commercio estero e attività internazionali delle imprese, Edizione 2024, 15 luglio 2024.
[2] In particolare, le stime sono state costruite a partire dai dati 2023 sui consumi di energia elettrica e di gas da parte delle imprese (ipotizzati costanti per gli anni 2024 e 2025) e sui relativi prezzi medi di fonte Eurostat per le utenze non domestiche. Per quanto riguarda i consumi di energia elettrica, sono state considerate le utenze non domestiche al netto dei settori permeati dalla PA (Amministrazione pubblica/difesa, sanità/assistenza sociale, istruzione, illuminazione pubblica); per i consumi di gas sono state considerate le utenze industriali (generazione elettrica esclusa), del commercio e dei servizi (escluso servizio pubblico), tutte al netto degli autoconsumi.
I costi per l’anno 2024 sono il frutto di una stima che tiene conto dell’andamento dei prezzi medi annui di mercato dell’energia elettrica e del gas – borsa energetica di fonte Gestore Mercati Energetici (GME) – pari a 108 euro per MWh per l’elettricità e di 36 euro per MWh per il gas. I costi per l’anno 2025 sono stati calcolati considerando un prezzo medio dell’energia elettrica di 150 euro per MWh e di 50 per il gas, rispettando la proporzione di 3 a 1 tra i due prezzi così come verificatosi mediamente negli anni 2023 e 2024.
Si fa presente che l’aumento dei costi energetici per le imprese risulterà meno che proporzionale rispetto alla variazione dei prezzi della borsa energetica in quanto l’aumento del prezzo della materia prima non impatta su tutto il costo complessivo della bolletta (che comprende anche costi di commercializzazione, trasmissione, oneri, tasse, margini ecc.). E dunque rispetto ad un’ipotesi di aumento del prezzo della materia prima del 38% (stimato per il 2025 rispetto al 2024), le rispettive crescite dei costi per le imprese risulteranno inferiori (+18% per l’energia elettrica e +25% per il gas).
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