Giovagnoli: la catena del male della Shoah riflessa nell’indifferenza di oggi

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Il professore emerito della Cattolica, alla vigilia del Giorno della memoria, il 27 gennaio, declina al presente le atroci parole che caratterizzarono il nazifascismo e il periodo delle persecuzioni contro gli ebrei. “È necessario stare molto attenti, perché la minima mancanza di rispetto nei confronti della dignità umana può aprire la strada ad un terribile esito, come accaduto durante lo sterminio”

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

La discriminazione è la premessa per separare e per disumanizzare. La Shoah lo ha dimostrato, con gli ebrei trattati come esseri inferiori, poco umani, rappresentati spesso come topi, come zecche, ciò che ha reso in qualche modo “legittimo” lo sterminio, con i suoi campi, con il genocidio, con la distruzione di un intero popolo. Agostino Giovagnoli, storico, professore emerito all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, riflette, alla vigilia della Giornata della memoria, il prossimo 27 gennaio, sul senso oggi delle parole legate alla Shoah e al nazifascismo.

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Ascolta l’intervista con Agostino Giovagnoli

La catena del male

Antisemitismo, razzismo, discriminazione, disumanizzazione, sterminio, genocidio indicano “una sorta di catena del male che è stata la sostanza stessa della Shoah, in cui alla cultura antisemita che fece dell’ebreo un capro espiatorio, si è collegato il razzismo, cioè la trasformazione di una comunità religiosa e culturale storica come quella ebraica, identificata con una razza, un gruppo biologico”. Ciò, spiega lo storico, ha aperto la strada alla discriminazione degli ebrei. “Ancora oggi questi pezzi di questa catena del male sono presenti purtroppo in varie parti del mondo e dunque è necessario stare molto attenti, perché va ricordato che anche la minima mancanza di rispetto nei confronti della dignità umana può aprire la strada a questi passaggi in modo a volte non consapevole, il cui esito è terribile ed è appunto quello della eliminazione di milioni di esseri umani, come accaduto durante la Shoah”.

Il morbo dell’indifferenza

Così come l’allora progetto di sterminio nazista non avvenne all’improvviso, ma fu senz’altro preceduto da una serie di azioni e di inequivocabili provvedimenti, l’oggi può presentare analoghe distrazioni, simili incapacità di analisi, o forse, semplicemente, una non volontà di prendere atto e di intervenire. “E questo preoccupa molto – aggiunge Giovagnoli – Liliana Segre ha fatto incidere la parola indifferenza nel Museo della Shoah di Milano. L’indifferenza intesa come invisibilità delle vittime, che si tengono lontane, che si cerca di non vedere, riuscendo in qualche modo a cancellarle dai nostri occhi. Pensiamo agli immigrati”.

La ricerca del capro espiatorio

Gli immigrati, che rappresentano un problema in tutto mondo, vengono trasformati in “capro espiatorio, non vengono integrati, vengono tenuti separati, il che porta poi a giustificare o a tollerare quantomeno trattamenti anche disumani nei loro confronti”. Una analisi che vale anche per ciò che avviene nelle carceri, “sono dentro il tessuto delle nostre città, eppure tante persone non hanno la minima idea della vita di un carcerato così come, spesso, in modo crudele, si svolge ogni giorno”. Questa profonda distrazione era, ed è, “parte essenziale di questa catena del male”. I campi di sterminio nazisti, pur essendoci indizi, non si volle vederli. Non ci si può quindi considerare “innocenti” quando si vede ciò che accade ancora una volta sotto i propri occhi, “tanto più che oggi ci sono tutti i mezzi per essere informati di quello che succede sia vicino sia lontano da noi”.

La forza della memoria

Pensare che non si fa memoria o che non si impara dalla storia non è del tutto vero, poiché della Shoah “per molti decenni c’è stato un ricordo vivo di quanto di tremendo era accaduto e ancora oggi questa memoria è forte”. La memoria è necessaria, è efficace per trasmettere alle generazioni l’orrore della Shoah, di quello che rappresenta, del ricordo che genera, che per tanti decenni ha alimentato la solida costruzione dello “stato di diritto che difende la dignità umana”, ma che oggi sembra abbandonato. Poiché oggi “torna di nuovo terribilmente la macchina pubblica come sistema del male” testimoniato da “violenze, le torture, gli stupri che in tante parti del mondo sembra essere il pane quotidiano dei singoli, ma anche degli Stati”.

Non si deve mai smettere di ricordare, soprattutto in questo oggi segnato dalla rimozione, in cui si dimentica, diventando giorno per giorno indifferenti nei confronti del male.



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