Con la Messa internazionale della memoria liturgica di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il vicario generale del Papa per la diocesi di Roma ha aperto nella basilica di San Giovanni in Laterano il Giubileo del Mondo della Comunicazione indicando l’esempio della “comunicazione mite”, “che collabora con la verità”, di Gesù. La celebrazione preceduta da una liturgia penitenziale
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Il cuore e la speranza: sono gli strumenti di cui ogni giornalista deve servirsi per informare, comunicare, raccontare. Quelli che il Giubileo del Mondo della Comunicazione apertosi questo pomeriggio nella basilica di San Giovanni in Laterano, invita a recuperare. Il richiamo nei due momenti che hanno dato inizio, oggi, 24 gennaio, al primo grande evento dell’Anno Santo: la liturgia penitenziale, guidata da padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali del Vicariato di Roma, e la Messa internazionale della memoria liturgica di San Francesco di Sales, patrono di tutti gli operatori della comunicazione, presieduta dal cardinale Baldo Reina, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma. Il cuore evocato anche da una reliquia del vescovo e dottore della Chiesa protettore dei mass media, arrivata eccezionalmente nella capitale da Treviso – dove dal 1913 è custodita nel Monastero della Visitazione, dopo lunga peregrinazione da Annecy, a Mantova, a Klagenfurt e a Venezia -, la speranza quella che Papa Francesco, nel Messaggio per la 59.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali diffuso oggi – citato più volte durante i due riti -, esorta a condividere “con mitezza”.
Disarmare la comunicazione come ha fatto Gesù
“Il Giubileo è un tempo di misericordia per tutti. È un tempo in cui rivediamo la nostra vita non tanto alla luce dei peccati che abbiamo commesso, ma soprattutto con la potenza della misericordia di Dio” ha evidenziato il cardinale Reina, che si è soffermato sul forte invito del Pontefice “ad essere comunicatori di speranza, a disarmare la comunicazione”. Una “regola” applicata da Gesù quando gli viene presentata la donna adultera. C’è una notizia: una donna colta in flagrante adulterio, ma “Gesù, proprio per disarmare l’informazione, proprio per essere lui per primo comunicatore di speranza” ci offre “comunicazione mite”, “una comunicazione per nulla aggressiva ma che collabora con la verità”, ha fatto notare il porporato. Gesù non si concentra sulla notizia, ma si chiede “dov’è la speranza di fronte al fatto” che gli viene presentato: “una donna che ha sbagliato”. “Non nega la realtà”, “non cerca di discolpare la donna, ma va al cuore di coloro che l’hanno portata lì davanti”. “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei”, sono le parole di Cristo, “per disarmare la comunicazione dobbiamo innanzitutto disarmare il nostro orgoglio, senza pensare di essere superiori agli altri, migliori degli altri, in grado di giudicare gli altri”, spiega il vicario generale del Papa, perché “la Scrittura è chiara, solo Dio è giudice”.
Non definire una persona a partire da un errore commesso
Altro aspetto messo in rilievo dal cardinale vicario è che Gesù, ritrovatosi poi solo con la donna adultera, non la condanna; perché Lui “non ci definisce a partire dall’errore che abbiamo commesso, per Lui non siamo un insieme di errori” ma “molto di più”. “Abbiamo tutti bisogno di recuperare questo principio”, ha rimarcato il porporato, “se vogliamo seminare la speranza, cercare la speranza, dobbiamo abbracciare questo principio, altrimenti anche attraverso la comunicazione”, come scrive il Papa nel suo Messaggio per Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, “alimentiamo la guerra”. “Quella guerra fratricida che spesso uccide, uccide persone, uccide dignità” ha aggiunto Reina, specificando che “Gesù non si pone dalla parte della donna per giustificarla, né si pone dalla parte di coloro che gliel’avevano messa davanti per annullare la legge, ma entra nel cuore di quella donna, cerca di intuire la bellezza, la preziosità di quel cuore che è molto più grande degli errori che ha commesso”.
L’orizzonte della speranza
Infine la speranza. È nelle ultime parole rivolte da Gesù alla donna: “Va e d’ora in poi non peccare più”. “D’ora in poi”: ci indica il futuro, la speranza, ha chiarito il porporato. Qualcuno offre all’adultera “un orizzonte di speranza”, “quello è stato il suo Giubileo”. “E allora, se vogliamo anche noi celebrare il nostro Giubileo come mondo della comunicazione, abbracciamo questo stile, questo paradigma che Gesù ci offre”, ha terminato Reina, ricorrendo ancora al Messaggio del Papa per i comunicatori, per auspicare “una comunicazione che ci aiuti a riconoscere la dignità di ogni essere umano e a prenderci cura insieme della nostra casa comune”.
Invitati al cambiamento
Nella liturgia penitenziale che ha preceduto la Messa, sono stati proposti alcuni stralci della Bolla di indizione del Giubileo Spes non confundit di Papa Francesco. “Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. […] Possa il Giubileo essere per tutti noi occasione di rianimare la speranza”: è stato il passaggio che ha anticipato il “Kýrie, eléison”. Poi è seguita la liturgia della Parola, e prima di dare spazio al sacramento della riconciliazione, con la disponibilità di una sessantina di sacerdoti, padre Albanese ha proposto una meditazione. “Siamo tutti invitati in questo Giubileo della speranza a passare la Porta Santa, nella cristiana certezza che quella porta è Gesù Cristo – ha detto -. Un passaggio che implica il cambiamento, la conversione appunto, lasciando alle spalle l’uomo vecchio per essere creature nuove”. Il direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali del Vicariato di Roma ha sottolineato che “il mondo della comunicazione nel suo complesso è terra di missione” e per questo la conversione, alla quale sollecita l’Anno Santo “non può prescindere dal contesto professionale” nel quale si è chiamati a vivere la propria “avventura di credenti”, perché il rischio “è quello di tradire il dettato evangelico”, diventando così, “mercenari della parola di altri”.
Esprimere la carità di Dio
E tornando al cuore, all’amore, padre Albanese ha rammentato che Gesù chiede di amare come lui stesso ha fatto e ha esortato ciascuno a chiedersi se il proprio modo di comunicare, “esprime la carità di Dio, quella di cui parla il Maestro, o se invece risponde a logiche pretestuose, mondane, offensive”. Perché quello che ci viene chiesto da Papa Francesco in questo Giubileo è di “essere latori di speranza”.
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