Al via oggi nella Basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma con una liturgia penitenziale e la Santa Messa presieduta dal Card. Baldo Reina, il Giubileo della Comunicazione in programma dal 24 al 26 gennaio. In occasione della festa di San Francesco di Sales, la basilica romana accoglierà migliaia di comunicatori provenienti da diverse parti il mondo.
Papa Francesco nel suo messaggio per la 59ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali parla del nostro tempo segnato dalla disinformazione e dalla polarizzazione, dove pochi centri di potere, oggi senza precedenti, controllano una massa di dati e di informazioni: “Mi rivolgo a voi nella consapevolezza di quanto sia necessario, oggi più che mai, il vostro lavoro di giornalisti e comunicatori. C’è bisogno del vostro impegno coraggioso, per mettere al centro della comunicazione la responsabilità personale e collettiva verso il prossimo”.
Secondo gli organizzatori a rispondere alla chiamata del Santo Padre saranno circa 10mila tra giornalisti ed esperti della comunicazione. Tre giorni di incontri in quello che rappresenta il primo evento del calendario giubilare di quest’anno. Francesco invita ad essere comunicatori di speranza a partire da un rinnovamento del proprio lavoro e della propria missione, secondo lo spirito del Vangelo. “È necessario essere testimoni e promotori di una comunicazione non ostile, che diffonda una cultura della cura, costruisca ponti e penetri nei muri visibili e invisibili del nostro tempo. Raccontare storie intrise di speranza, avendo a cuore il nostro comune destino e scrivendo insieme la storia del nostro futuro. Tutto ciò potete e possiamo farlo con la grazia di Dio”.
Il Pontefice sottolinea che, spesso, la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio. Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama, si serve persino di informazioni false o deformate ad arte, per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire. “Ho già ribadito più volte la necessità di ‘disarmare’ la comunicazione – ha dichiarato – di purificarla dall’aggressività. Non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan. Vediamo tutti come dai talk show televisivi, alle guerre verbali sui social media, rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica”.
L’omelia del vicario del Papa nella Basilica di S. Giovanni in Laterano (@TV2000it)
Pensando al Giubileo che celebriamo quest’anno, come un periodo di grazia in un tempo così travagliato, Papa Francesco sottolinea che “la speranza è un rischio che bisogna correre. È il rischio dei rischi”. La speranza è una virtù nascosta, tenace e paziente. Tuttavia, per i cristiani sperare non è una scelta opzionale, ma una condizione imprescindibile. Ricorda Benedetto XVI nell’Enciclica Spes salvi, dove la speranza non è passivo ottimismo ma, al contrario, una virtù “performativa”, capace cioè di cambiare la vita: «Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova».
Ancora mette in risalto la comunicazione autentica e umana, invita all’ascolto, all’empatia, alla parola sincera, alla speranza che è in noi. La comunicazione dei cristiani, la comunicazione in generale, dovrebbe essere intessuta di mitezza, di prossimità: come lo stile dei compagni di strada, seguendo il più grande Comunicatore di tutti i tempi, Gesù di Nazaret. Gesù lungo la strada, dialogava con i due discepoli di Emmaus, facendo ardere il loro cuore con il suo modo di interpretare gli avvenimenti alla luce delle Scritture.
«Adorate il Signore, nei vostri cuori»: la speranza dei cristiani ha un volto, il volto del Signore risorto. La sua promessa di essere sempre con noi attraverso il dono dello Spirito Santo, ci permette di sperare anche contro ogni speranza e di vedere le briciole di bene nascoste, anche quando tutto sembra perduto.
Il vero comunicatore cammina al fianco degli altri, soprattutto nei momenti di difficoltà, sogna una comunicazione che non venda illusioni o paure, ma sia in grado di dare ragioni per sperare. Per fare ciò, dobbiamo guarire dalle “malattie” del protagonismo e dell’autoreferenzialità, evitare il rischio di parlarci addosso: il buon comunicatore fa sì che chi ascolta, legge o guarda, possa essere partecipe, possa essere vicino, possa ritrovare la parte migliore di sé stesso ed entrare con questi atteggiamenti nelle storie raccontate. Comunicare così aiuta a diventare “pellegrini di speranza”.
Sono diverse le tendenze che destano preoccupazione nella comunicazione moderna: la competizione e il dominio prevalgono in molti forum. In tempi di intelligenza artificiale, social media e fake news, in che maniera possiamo integrare la tecnologia con la saggezza del cuore? “Di fronte alle vertiginose conquiste della tecnica, vi invito ad avere cura del vostro cuore, cioè della vostra vita interiore. Che cosa significa questo? Essere miti e non dimenticare mai il volto dell’altro; parlare al cuore delle donne e degli uomini al servizio dei quali state svolgendo il vostro lavoro”.
Invita a limitare le reazioni istintive e al contrario ad essere sempre seminatori di speranza, anche quando è difficile, anche quando costa, anche quando sembra non portare frutto per risanare le ferite della nostra umanità.
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