Maltrattamenti domestici in famiglia, boom di casi a Milano: quando i figli terrorizzano i genitori

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di
Elisabetta Andreis

Allarme del Tribunale dei minori: impennata nei numeri. Il nodo delle comunità e il rischio «ghetto»

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Ieri sera. Una coppia di genitori si presenta in lacrime alla porta della comunità La Casa del giovane. Chiede aiuto. Uno dei figli, neanche 16 anni, ha esplosioni di rabbia e grave violenza contro di loro. «I maltrattamenti domestici agiti da adolescenti e talmente gravi da finire nel penale sono aumentati in modo drammatico nel nostro distretto», fa sapere Luca Villa, procuratore capo del Tribunale per i minorenni di Milano. Fino al 2012 erano massimo sei all’anno, poi hanno iniziato a salire con un picco di 94 nel 2019, appena prima del Covid, e anche nel 2024 sono su questi livelli. È solo la punta dell’iceberg. «C’è un cambiamento antropologico complesso in atto e scarsa consapevolezza dei genitori — avverte il procuratore —. Dovremmo ragionare su molti aspetti, non ultima la diffusione degli smartphone in età precoce. I minori sono esposti a forme di dipendenza pericolosa, talvolta negli atti leggiamo descrizioni di violenze davvero raccapriccianti. Ti chiedi come possano venire certe fantasie a un 14enne».

Dentro le case

Mentre per strada non aumentano i reati predatori, il discorso della violenza in casa richiama quello degli omicidi e tentati omicidi che secondo i numeri del Tribunale sono triplicati, passando nel giro di un anno da otto a 24. Ma sono i ragazzi che escono di testa o il fenomeno chiama in causa madri e padri incapaci di creare le premesse per rapporti sereni? «Nella famiglia di oggi — spiega Luigi Colombo, psicoterapeuta e giudice onorario — il genitore ha difficoltà a porsi come tale, è quasi lui che ha bisogno del figlio, e non viceversa. Quando è piccolo, nessun problema: tutto procede apparentemente bene. Sottotraccia però si sviluppa una cultura della onnipotenza con pochi limiti che si rivela nell’età adolescenziale già difficile. A volte si aggiunge l’assenza del padre a casa e questo non aiuta la costruzione di un autentico sentimento normativo mentre il rapporto con i genitori cresce su un binario facilmente rivendicativo, predatorio e aggressivo alla prima frustrazione».




















































Realtà sottostimata

Il fenomeno, secondo gli esperti, è ancora sottostimato: «La maggior parte dei genitori picchiati in famiglia dai figli adolescenti — osserva Carlo Trionfi, psicoterapeuta e direttore del Centro Studi famiglia — fanno fatica a denunciare. Tendono a mantenere il segreto perché temono che la denuncia possa danneggiare il figlio e distruggere definitivamente quello che resta del loro rapporto in crisi invece che risolvere il problema. Non è la regola imposta dal padre a fare arrabbiare i figli, più spesso è lo sguardo deluso del genitore che provoca rabbia e aggressione».

Gestione e criticità

La gestione del fenomeno sul territorio è complessa. Trovare le comunità richiede spesso mesi e nel frattempo i ragazzi continuano a stare forzatamente in casa, ammette il Procuratore: «Viene da domandarsi se possa essere utile accorparli in comunità socio-terapeutiche da creare ad hoc, con équipe specializzate, o se invece collocarli in uno stesso luogo sarebbe invece disfunzionale». Il ghetto è proprio il contrario di quello che serve, risponde Simone Feder, educatore e psicologo: «Sono ragazzi cresciuti a patatine e Iphone che diventano padroni di casa senza che i genitori siano capaci di accorgersene — dice Feder —. Delegare la responsabilità genitoriale agli specialisti medici è inutile, bisogna seguire un modello diverso, metterli a contatto stretto con adolescenti che hanno disagio di crescita ma un rapporto ben integrato in casa». Secondo don Claudio Burgio della comunità Kayros «la maggior parte degli episodi sono legati al bisogno di soldi per le sostanze stupefacenti e a volte anche a debiti accumulati dai ragazzi per auto-medicare il loro disagio». I ragazzi chiedono soldi, i genitori cercano di negarli senza che ci sia un vero dialogo e a quel punto esplode la violenza. «Tante volte si tratta di genitori che rappresentano un modello (sia lavorativo sia di vita) in cui i figli non riescono a riconoscersi. Eppure colpisce sempre l’attaccamento alle figure genitoriali. Non di raro, anche subito dopo le violenze, mi sento dire “A loro voglio molto bene”».

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25 gennaio 2025 ( modifica il 25 gennaio 2025 | 09:03)

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