AGI – Nessun braccio di ferro, nessuna preoccupazione o imbarazzo: per Giorgia Meloni “un rinvio a giudizio non è per esso stesso motivo di dimissioni”. E, in ogni caso, “sarà Daniela Santanché a valutare l’impatto della vicenda Visibilia sul proprio lavoro da ministro. Al suo arrivo a Gedda, ‘perla’ saudita lambita dal Mar Rosso, il presidente del consiglio Giorgia Meloni non si è sottratta ai giornalisti che l’aspettavano sul molo. Prima di salire a bordo del veliero Amerigo Vespucci, il gioiello della Marina Militare italiana tirato a lustro per ricevere la premier italiana e riservarle gli onori di ‘casa’, Meloni ha concesso un punto stampa lampo al porto islamico di Gedda, in attesa di concentrarsi sui temi caldi della politica internazionale, a partire da domani.
Un’occasione che probabilmente è risultata gradita anche per chiarire – dopo le numerose ricostruzioni, che definisce “tutte piuttosto infondate” – la sua posizione sulle possibili dimissioni del ministro al Turismo sulla scia della vicenda di Visibilia. E così ha tenuto subito a precisare che “non c’è un braccio di ferro” e neppure “preoccupazione o imbarazzo”. Piuttosto, ha chiarito, è in atto “una riflessione in un clima sereno” anche perché “non credo che un rinvio a giudizio sia per esso stesso motivo di dimissioni”. Sarà piuttosto il ministro, ha sottolineato, a valutare quanto la vicenda giudiziaria potrà impattare sul proprio lavoro.
Meloni ha confermato che, se ancora non c’è stato l’atteso faccia a faccia con Santanché, è a causa di un’agenda fittissima che l’ha tenuta finora impegnata. E poi, ha aggiunto, “la situazione è abbastanza fluida”, ma “sicuramente parlerò con Daniela”. Infine un messaggio alle opposizioni cui rammenta che il garantismo e il giustizialismo non possono essere distribuiti un tanto al chilo: “Rispetto al can can dell’opposizione, essere garantisti con la sinistra e giustizialisti con la destra anche no”, taglia corto ricordando a Conte e a Schlein, rispettivamente, la condanna di Chiara Appendino per i fatti di Piazza San Carlo, e l’arresto di Franco Alfieri, ai domiciliari con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta.
Sul fronte della riforma della Giustizia e del controverso nodo della separazione della carriere, la premier ha osservato come reagire rifiutando per principio qualsiasi tentativo di riformarla “non giova neppure ai magistrati”. Le proteste, ha affermato Meloni, sono sempre legittime ma “mi rammarica quest’atteggiamento dell’Anm che legge qualsiasi proposta di riforma della giustizia come una Apocalisse o la fine del mondo, che bisogna sempre rifiutare senza se e senza ma”. Tanto più che “stiamo facendo qualcosa di perfettamente adeguato al dettato costituzionale” e “io non trovo nella costituzione che la giustizia non si può riformare”.
Dopo giorni di illazioni sul presunto ruolo del governo nel rimpatrio lampo del capo della polizia giudiziaria libica Almasri, arriva ugualmente un chiarimento secco: Roma invierà i chiarimenti sul caso richiesti da l’Aia ma “ne chiederemo a nostra volta, anche sulla base delle interrogazioni che sono state presentate”. Infatti, ha attaccato la premier, “credo che anche la Corte penale internazionale debba chiarire perché la procura ci abbia messo mesi a spiccare questo mandato di arresto e perché il mandato di arresto sia stato spiccato quando Almasri aveva già attraversato almeno tre nazioni europee e lasciava la Germania per andare verso l’Italia. “E comunque Almasri – ha puntualizzato la premier – è stato liberato su disposizione della Corte di Appello di Roma, non su disposizione del governo”.
Su questa richiesta di chiarimenti alla Cpi Meloni ha auspicato anche l’aiuto delle altre forze politiche e che questa sia, insomma, un’istanza condivisa e non divisiva. Prima di ricevere gli onori di casa sullo storico veliero Vespucci, dove ad attenderla c’era il capitano di vascello Giuseppe Lai e gli oltre cento membri dell’equipaggio, accompagnata dalle autorità saudite e dai rappresentanti diplomatici italiani, il presidente del Consiglio ha tenuto a commentare positivamente l’Ops di Mps su Mediobanca, “un’operazione di mercato che dovrebbe rendere tutti orgogliosi” dopo gli anni tormentati della più antica banca d’Italia. Un salvataggio evidentemente riuscito che potrebbe dar vita un domani a quel “terzo polo bancario di cui si è tanto parlato e che potrebbe avere un ruolo importante nella messa in sicurezza dei risparmi degli italiani”.
Domenica 26 gennaio la missione della premier proseguirà ad Al-Ula, uno dei siti archeologici Patrimonio Unesco più importanti di questo Paese del Golfo. Il “copione” del giorno cambierà vistosamente con una giornata focalizzata sui rapporti bilaterali in vista di una vera e propria partnership strategica tra Roma e Riad. Meloni incontrerà il principe ereditario e primo ministro saudita, Mohamed bin Salman. Un bilaterale per approfondire i dossier più caldi della politica internazionale: dalla ricostruzione della Siria post Assad, al conflitto israelo-palestinese, dove urge rafforzare il cessate il fuoco, aumentare l’assistenza umanitaria e rilanciare il processo di pace. Temi questi che vedono l’Italia in prima linea anche per il ruolo ricoperto in Libano con la partecipazione alla missione Aspides. Sarà affrontata anche la delicata situazione dell’Iran, anticipano fonti italiane, e dell’Ucraina alla luce del ruolo che i Paesi del Golfo, e l’Arabia Saudita in particolare, possono svolgere per raggiungere la pace.
Domenica sarà anche una giornata con una forte valenza economica che vedrà la premier partecipare a una tavola rotonda, alla presenza delle istituzioni saudite e degli esponenti delle maggiori imprese italiane che già operano in questo Paese del Golfo. Occasione che aprirà nuove opportunità di crescita per i rapporti commerciali tra i due Paesi: ad Al-Ula saranno infatti siglate una serie di nuove intese che coinvolgeranno soggetti pubblici e privati.
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