Ronald Hutton, la caccia (intercontinentale) alle streghe

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La pacata reazione di Trump per la sua condanna penale dovuta, anche, alla falsificazione dei verbali relativi ai 130mila dollari versati a Stormy Daniels in cambio del suo silenzio riguardo a una loro relazione sessuale, è stata quella di gridare «alla caccia alle streghe» dove ovviamente la strega è lui vittima dell’inquisizione democratica. Chissà che penserebbero le vittime del Maccartismo e Bridget Bishop, la prima condannata a morte per stregoneria durante i processi alle streghe di Salem nel 1692.

Gli statunitensi e il loro immaginario narrativo hanno periodicamente a che fare con le streghe e le tempeste dai tempi di Oz, tornati in auge con la trasposizione cinematografica di Wicked, il musical di Broadway più a lungo a rappresentato nel teatro newyorkese e debitore del film di Fleming del 1939; la più eclatante fascinazione visiva made in USA legata a una maga è però quella disneyana per Grimilde, nel primo lungometraggio di animazione Disney realizzato nel 1937. Una storia a sé, dentro la trama di Biancaneve, fu allora quella della ricerca iconografica per disegnare la Regina prima della trasformazione, ricerca che portò lo staff di Walt Disney fino al duomo di Naumburg, nella Germania centro-orientale; lì la statua medioevale della regina Uta di Ballenstedt fu modello per la matrigna della sventata principessa come dettagliatamente ricostruito da Stefano Poggi nel saggio edito da Raffaello Cortina La vera storia della regina di Biancaneve.

Se la prima Grimilde hollywoodiana fu modellata sulle fattezze della regina tedesca della Selva Turingia poi divenuta badessa (e si dice, guarda un po’, processata per stregoneria ma scampata al rogo), quella che debutterà nel primo giorno di primavera del 2025 è l’ex Miss Israele, Wonder Woman cinematografica 2020, Gal Gadot, protagonista con Rachel Zegler nel remake live action di Snowwhite diretto dal regista televisivo Marc Webb e scritto da Greta Gerwin e Erin Cressida Wilson.

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Le streghe americane del cinema ispirato alle fiabe indossano abiti di foggia gotica e sono perlopiù matrigne che inscenano la mancata resa allo scorrere del tempo: i sortilegi di queste donne colpiscono versioni più giovani di sé, così Grimilde, Malefica nella Bella Addormentata, Madre Gothel in Rapunzel, in fondo anche la Malvagia Strega dell’Ovest. Tutte antesignane di Elisabeth/Demi Moore in The Substance che torna nelle sale italiane a febbraio dopo l’incetta di riconoscimenti ai BAFTA e Golden Globes.

Unica eccezione nel catalogo delle maghe è quella di Magò, ma La Spada nella Roccia è radicata nel Ciclo Bretone e non nell’antologia del focolare dei Grimm, e la fattucchiera arruffata è una versione abbastanza irriconoscibile della sapiente Morgana, personaggio caro al fantasy e centrale nella saga femminile delle Nebbie di Avalon creata da Marion Zimmer Bradley: una storia che ha folgorato Michela Murgia, come racconta l’autrice sarda nel prezioso saggio «L’inferno è una buona memoria».

Dell’aspetto narcisistico delle storie di donne magiche non si occupa direttamente Ronald Hutton, studioso di magia e paganesimo, professore di Storia all’Università di Bristrol e autore della poderosa disamina in tema di stregoneria tradotta in italiano per il Saggiatore da Marco Capellaro col titolo di Streghe, appunto.

Se l’ America che l’autore più considera nel saggio è quella latina, la sua rassegna etnografica globale degli atteggiamenti nei confronti delle presunte streghe spazia dal Nord Africa al Medio Oriente, dall’Iran alla Siberia.

Scorrazza anche nel tempo: dall’antichità mesopotamica dove nasce la paura dei demoni, a quella greca che stigmatizza la figura dei maghi come manipolatori, al Medioevo cristiano che trasformò la figura della strega definendone due versioni rimaste popolari: la donna volante e selvaggia che aggredisci i bambini, di matrice romana, mai del tutto scomparsa (riecheggia anche in un’avventura anomala di Sherlock Holmes, Il Vampiro del Sussex) e quella che sa usare le arti magiche per risucchiare la forza vitale dagli adulti, eredità della tradizione germanica.

Alla sfrenatezza gratuita di una strega terrificante e cannibale, cui forse si ispira Trump, si è sempre contrapposta quella della depositaria di una magia rituale erudita che viene dal mondo egizio, dove magia e religione non erano contrapposte, e contempla donne e uomini capaci di maneggiare un sapere; un’idea di strega che sopravvisse clandestinamente anche nell’alto Medioevo nella cultura ebraica, greca e araba, attingendo anche dal pensiero religioso ebraico, bizantino e musulmano.

La vicenda streghesca ha un interessante versione collettiva: quella del Sabba, il convegno di streghe al cospetto di Satana con cui compiono riti blasfemi in una antireligione eretica organizzata, e quella delle meno note «schiere della notte» gruppo di figure magiche che, nell’analisi di Hutton, sono composte o da uomini defunti, malvagi e penitenti (cricca di origine cristiana) o da spiriti benigni e femminili con una donna leader in testa, di matrice pagana. Il modello di questo inquietante consorzio si è mescolato in tempi moderni col costrutto della «caccia selvaggia», esercito furioso guidato da figure a volte assimilate alla dea Diana, altre al demone Hellequin, vale a dire il progenitore diabolico di Arlecchino: quello che ha lasciato in eredità alla maschera bergamasca un copricapo che richiama un paio di corna; il tema della caccia infernale degli spiriti ricorre in arte (Stefania Macioce è autrice di interessanti studi sulla rappresentazione delle streghe) e letteratura, da Boccaccio a Dante, e anche nella musica pop: ad essa si ispira la storia raccontata da Ghost- Riders in the Sky scritta da di Stan Jones 1948 e famosa per la cover di Johnny Cash, perché in America sempre si torna.

Sempre nel filone del gruppo magico Ronald Hutton riprende le fila del fondamentale lavoro di Carlo Ginzburg sui «Beneandanti», maghi di servizio operanti in Friuli, che indaga stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento. Nella ricerca di nessi tra tradizioni folkloriche il tema è ricollegato dallo studioso inglese a quello dello sciamanesimo dell’Europa settentrionale dove si colloca l’esperienza molto potente dei Sami e della feroce caccia alle streghe nel Finnmark: persecuzione meno nota di altre che è stata raccontata da Mikael Nieminel nel molto toccante Cucinare un orso, edito in Italia da Iperborea.
Nel vario mosaico della modernità le streghe sataniche vengono rubricate col nome di Strix a partire dall’opera di Giovanni Francesco II Pico della Mirandola, nipote del noto umanista, La Strega o degli inganni dei demoni che riprese nel 1523 i temi del Malleus Maleficiarum scritto un secolo prima dal frate domenicano tedesco Kramer per combattere eresia, paganesimo e stregoneria.

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I processi alle streghe spesso sono finiti nello stesso calderone di quelli con imputati i blasfemi tout court e tutto sommato il loro reato è stato spesso considerato, rispetto ad altri, con maggiore, si fa per dire, clemenza (furono poche anche le streghe mandate al rogo da Torquemada); un’eresia di serie b come quella di Trump, condannato con la formula dell’«unconditional discharge» che lo riconosce criminale ma lo solleva da carcere, sanzioni o libertà vigilata, e lo consegna all’America e a tutti noi dalle cenere di un Paese in fiamme, più simile a Nerone che alla Buona Strega del Nord.



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