Arriva in Aula alla Camera la prossima settimana il testo “Disposizioni in materia di partecipazione dei lavoratori al capitale, alla gestione e ai risultati dell’impresa (C. 1573 d’iniziativa popolare, C. 300 Cirielli, C. 1184 Molinari, C. 1299 Faraone, C. 1310 Mollicone e C. 1617 Foti). Il contenuto è figlio di un’iniziativa della Cisl poi divenuto un testo legislativo tramite la convergenza dei partiti di maggioranza affinato in commissione Lavoro e Finanze per la costruzione di un nuovo modello economico e sociale basato sui principi di partecipazione e responsabilità collettiva che attuano l’articolo 46 della Costituzione, prevedendo anche la valorizzazione della partecipazione delle lavoratrici e lavoratori nei Consigli di amministrazione e di sorveglianza già dalla definizione della strategia , dell’organizzazione, dei processi decisionali fino ad arrivare agli utili di impresa.
Un testo che ha attraversato parecchie criticità pur condivise nel suo iter, ma non ultima la posizione della minoranza parlamentare cioè del Pd di Schlein e della sinistra radicale che ha deciso di non votarlo seguendo la deriva del diktat della Cgil di Landini che ne ha fatto una battaglia ideologica pur di andare contro la maggioranza. L’agguerrito leader della Cgil ha subito affermato che il testo va in conflitto con la contrattazione facendo strumentalmente un’opposizione politica all’iniziativa quando il percorso della proposta affrontato in commissione è sempre stato aperto a emendamenti di tutti coloro che vogliono raggiungere l’obiettivo: dare forma e sostanza alla partecipazione concreta del protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori che condividono l’opportunità di fare un passo innovativo e pragmatico.
È un grave errore per il Pd seguire la Cgil e abbandonare un tema classico della socialdemocrazia europea. Landini è ingessato nella strategia di una partecipazione conflittuale, già superata dalla Cgil di Trentin, vero leader di una stagione sindacale in cui si voleva ” responsabilizzare i lavoratori nel buon andamento dell’azienda da sfruttati a produttori” e, allo stesso tempo, “realizzare una dimensione del capitalismo in cui il portatore di risorse finanziarie non può prevaricare l’interesse delle persone e della società”.
Landini nega i passi compiuti in materia di partecipazione attiva compiuti: nell’ambito delle relazioni industriali e unitariamente dalla c.d. strategia dell’Eur alla fine degli anni ’70, auspicata da Padoa Schioppa nell’interpretare “con mano leggera la governance” e la collaborazione delle parti sociali per un’economia virtuosa; nelle proposte di modello di relazioni industriali che dall’Europa ci ha portato Marco Biagi nel Libro Bianco del 2001; nell’accordo di un modello di partecipazione che segue la svolta della contrattazione di prossimità, della detassazione e decontribuzione dei premi di risultato; nell’organizzazione del lavoro come recita l’art.4 del Dm 25 marzo 2016, che ha fornito una prima definizione di “coinvolgimento paritetico” (sempre a livello confederale, al fine di beneficiare dello sgravio è quindi necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni di pari livello, importanza e dignità rispetto a quelle espresse dai responsabili aziendali come prevede in materia di partecipazione organizzativa l’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria su “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva ‘Patto della fabbrica’” del 28 febbraio-9 marzo 2018). È come se Landini abiurasse i suoi predecessori in virtù di una bulimia di potere mal esercitata sulla pelle dei lavoratori.
In Aula arriva una proposta di legge che si incardina sulla libera scelta delle parti e sicuramente su progetti innovativi che, vero è, senza il coinvolgimento dei lavoratori e del management sono fallimentari, mentre se sono costruiti insieme si realizzano in meno tempo e più qualità: la partecipazione riduce la resistenza al cambiamento. Il progetto strategico tecnico e organizzativo congiuntamente strutturato e interattivo con forme di apprendimento continuo crea condizioni per realizzare Reti di imprese, posto che la realtà italiana è caratterizzata dal 95% di medie e piccole imprese.
Dunque, bisogna avere coraggio e non seguire le cattive sirene: forme diverse di coinvolgimento più adatte al contesto si possono consolidare con una legge che favorisce la partecipazione nel lungo periodo non solo su un progetto a breve termine perché i lavoratori e le lavoratrici si ritrovino nel percorso di successo dell’impresa e condividere futuri guadagni e soddisfazioni.
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