L’architettura sostenibile di Marco Lavit

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Le sue creazioni sono architetture a misura d’uomo immerse nella natura: strutture abitative insolite e innovative che stanno conquistando l’Europa. Classe ‘86, varesino di nascita ma parigino d’adozione, Marco Lavit è un architetto e designer che, dopo aver studiato all’Ecole Spèciale d’Architecture di Parigi e al Royal Melbourne Institute of Technology di Melbourne, nel 2014 fonda l’Atelier Lavit, agenzia di architettura e design con sede a Milano e Parigi che si distingue per la sua estrema attenzione alla sostenibilità, ad architetture che si integrano perfettamente col contesto circostante riducendo al minimo il proprio impatto ambientale.

La sua formazione internazionale lo porta ad affermarsi rapidamente con un approccio che non segue le tendenze, ma parla attraverso le materie prime, sviluppando progetti radicati nei canoni del design classico ma che cercano sempre di trovare nuove interpretazioni, con una grande cura per i dettagli.

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Classe 1986, Marco Lavit ha ottenuto la Menzione speciale Under 35 al Wood Architecture Prize 2023 nella categoria “Architettura sperimentale”.

Tra i progetti più sorprendenti spiccano Origin, una suite su un albero nel Parco del Castello di Raray, in Francia, e GCP Wood Cabins Hotel, una serie di sorprendenti cabine galleggianti per un hotel a Chateauneuf-du-Pape, nonché alcune suite private come Cabana a Ibiza. Nel 2022 realizza a Grazzano Badoglio, in provincia di Asti, un eco-lodge sulle colline del Monferrato pensato come un’evoluzione della capanna primitiva e dove il legno si fa involucro protettivo. Con Lilelo, questo il nome dell’ambizioso progetto piemontese, ottiene la Menzione speciale Under 35 al Wood Architecture Prize 2023 nella categoria “Architettura sperimentale”.

Nel suo lavoro si mescolano architettura, design e artigianato. Cosa pesa di più e da cosa parte?

L’architettura è sicuramente la parte preponderante, intesa come elogio della natura: lavoriamo molto col legno, progettiamo spazi ariosi, aperti, che siano perfettamente integrati al contesto in cui si trovano. Anche il design è molto importante: nella realizzazione di oggetti e arredi manteniamo la stessa filosofia architettonica e ci appoggiamo generalmente ad artigiani italiani.

Ho la fortuna di essere nato in Brianza, una zona estremamente ricca di ottimi artigiani, capaci di lavorare egregiamente acciaio, legno, pietra. Design e architettura si nutrono reciprocamente nella logica progettuale: i progetti di design possono essere visti come delle piccole architetture, in cui il processo creativo rispecchia l’approccio architettonico.

In una logica di riflessione, di ideazione dell’oggetto c’è un procedere architettonico che parte dal processo creativo e si rispecchia poi anche nel risultato finale sia tecnico che estetico che si differenzia un po’ rispetto al design scultoreo e materico a cui siamo abituati, di ispirazione più artistica e decorativa.

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Origin è una suite su un albero, realizzata nel Parco del Castello di Raray, in Francia.

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Come il contesto e i materiali locali influenzano il vostro approccio al design e all’architettura?

Mentre il design ha la capacità di adattarsi ad un luogo o un ambiente, in architettura partiamo dal contesto, lavorando con i paesaggi in cui ci andiamo a trovare, focalizzandoci molto sulle logiche abitative del luogo, sulle abitudini di vita locali, sul clima.

Lavoriamo molto con il legno, benché il nostro intento non sia quello di standardizzare l’utilizzo di questo materiale, ma di andare ogni volta a prendere materie prime locali, rivolgendoci quindi a fornitori ed artigiani del posto, adattandoci alle esigenze climatiche ed alle abitudini del luogo, che influenzano sia la scelta del tipo di legno sia l’ideazione, il modo di disegnare il progetto. Per esempio nel rapporto tra interno ed esterno, se andiamo ad operare in una zona mediterranea, possiamo creare una continuità tra le due parti, mentre se interveniamo in una zona di montagna o più fredda no.

Lei ha progettato strutture abitative insolite e innovative. Quanto conta la sostenibilità in questo tipo di progetti e nel suo modo di concepire l’architettura?

La nostra idea di sostenibilità e più concreta che di facciata. Costruiamo in legno, ma non considero sostenibile tagliare alberi per farlo. La sostenibilità, per me, passa attraverso il lavoro con artigiani e manodopera locale: questo ha un impatto più autentico.

Oggi si enfatizza la sostenibilità del legno perché per decenni si è costruito principalmente in cemento, ma se si sostituisse il cemento con il legno su larga scala, creeremmo altri problemi. Perciò, preferisco un approccio più pratico, che rispetti il contesto e le esigenze reali, senza essere schiavo di standard di sostenibilità solo apparenti.

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Gli interni di Origin consente un affaccio diretto sulle chiome degli alberi circostanti.

Ha progettato una capanna su un albero: quali sono state le sfide tecniche che ha dovuto affrontare?

La sfida principale è stata evitare qualsiasi impatto sull’albero. La capanna è completamente sostenuta dalla pianta, senza comprometterne la crescita o danneggiarla. Dopo una consulenza con ingegneri e botanici, abbiamo scelto una quercia: un albero antico con una chioma folta e stabile. La costruzione è stata fissata alla fronda con viti speciali che non stringono la pianta, permettendo la sua crescita. Queste viti vanno regolate ogni cinque anni per assicurare che l’albero non subisca danni.

Sorprendentemente, la capanna, diventando un tutt’uno con la quercia, ne abbassa il baricentro, migliorandone la stabilità e la longevità. È come un nido: rispetta lo sviluppo naturale dell’albero, senza problemi di stabilità o oscillazione.

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L’eco-lodge Lilelo, inserito nello splendido contesto delle colline del Monferrato.

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Mediamente l’architettura di oggi è veramente centrata sull’essere umano o bisogna ancora lavorare in tal senso? 

Credo che uno dei principali problemi dell’architettura contemporanea, così come della società, sia l’ossessione per obiettivi come efficienza energetica, spesso ridotti a meri calcoli tecnici su insonorizzazione, isolamento termico… diventiamo schiavi di tante tecnologie e tecnicismi, dimenticando completamente il buonsenso. Case a emissione zero, per esempio, sono ermetiche e claustrofobiche: non respirano e dipendono dalla climatizzazione artificiale, che certo non si può definire sostenibile. 

In passato, si costruiva con buonsenso, utilizzando materiali e tecniche che rispettavano il contesto e le esigenze abitative: penso alle costruzioni tipiche delle realtà rurali, costruite in pietra o legno, a seconda delle esigenze del luogo. Tornare a quel tipo di architettura, con spazi ampi, luminosi e funzionali, sarebbe più sostenibile e meno vincolato dalla burocrazia attuale, che spesso promuove una sostenibilità solo di facciata

Ci stiamo dimenticando il fare normale delle cose: i ragazzi oggi ritengono ecologici una bicicletta o un monopattino elettrici, non si pongono il dubbio che una bici o un monopattino classici sono sostenibili per definizione ed aggiungerci un motore, seppur elettrico, di fatto li rende nocivi per l’ambiente.

Quali sono i materiali più promettenti del futuro in ottica sostenibilità?

Io non sono un sostenitore spudorato di queste logiche costruttive odierne che enfatizzano la sostenibilità solo sulla carta. Le case a zero emissioni di oggi non sono realmente ecologiche: il semplice atto di costruire non è ecologico. Anche l’utilizzo massiccio di materiali naturali come il legno rischia di essere una finta soluzione. Se improvvisamente tutti costruissero in legno, ci troveremmo con un problema ambientale ancora più grave.

Il legno mi interessa perché è un materiale duttile e malleabile, e non tanto per motivi ecologici. Per me sostenibilità significa costruire con buonsenso, evitando il superfluo e rispettando le esigenze del luogo. Tutte le culture hanno sempre costruito in base a necessità reali, usando materiali e tecniche adatte al contesto. Dovremmo tornare a quella sapienza, anziché standardizzare una falsa idea di sostenibilità.

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Le cabine galleggianti dell’Hotel Chateauneuf-du-Pape, in Francia.

Come immagina il futuro e come dovrà cambiare l’approccio architettonico in virtù della crisi ambientale?

Oggi il ruolo dell’architetto è marginalizzato da una normativa eccessiva. In futuro, credo che la figura l’architetto debba evolversi, tornando a una visione umanistica e rinascimentale: un pensatore capace di reinterpretare spazi e stili di vita, in base alle reali necessità. 

Questo significa allontanarsi dall’approccio puramente tecnico per abbracciare una visione più ampia, che tenga conto delle esigenze umane, sociali e ambientali. Dobbiamo riscoprire il buonsenso del costruire, valorizzando la semplicità e la funzionalità.


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Paola Greco

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