«Mire cinesi. Il ministro Urso convochi il tavolo di settore, preoccupano anche i casi di Candy e Beko»

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PORDENONE – «Il ministro convochi urgentemente il tavolo nazionale del settore elettrodomestico»: è la richiesta che arriva dal segretario nazionale della Fim Cisl Massimiliano Nobis, alla luce dello sconfortante scenario del settore.

L’allarme

«È di due giorni fa – ricorda Nobis – la comunicazione di Haier-Candy di lasciare la storica produzione di lavatrici che trasferirà all’estero, prevedendo una reindustrializzazione nello stabilimento. Siamo ancora agli annunci e non alla presentazione di un progetto definitivo. La preoccupazione per il futuro occupazionale dei 1.100 dipendenti è alta. Electrolux – prosegue il leader dei metalmeccanici cislini -, nonostante gli importanti investimenti sui processi di produzione effettuati negli ultimi anni, soffre del calo di domanda del bianco in Europa e sulla multinazionale continuano a rincorrersi le voci di una possibile vendita ad una multinazionale asiatica».

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A seguire il caso di Beko Europe: «Dopo l’acquisizione di Whirlpool Emea la multinazionale turca ha annunciato il licenziamento di 2.000 dipendenti su 4.400 e la chiusura di due stabilimenti a Comunanza e Siena, in aggiunta alla riduzione produttiva a Cassinetta e al taglio di 718 impiegati anche nei ruoli strategici come la ricerca e la qualità. Il 30 gennaio prossimo ci sarà l’incontro al Mimit – ricorda Nobis – ma urge anche la convocazione al Mimit del tavolo di settore».

«Non abbiamo notizie ulteriori su un possibile passaggio di mano di Electrolux», precisa Nobis alla domanda su nuovi rumors relativi ad una cessione della multinazionale svedese che circolano però da un paio d’anni, a partire dal dichiarato interesse della cinese Midea che si è scontrato con la contrarietà non solo degli Usa ma anche della Svezia all’operazione, e con l’indisponibilità degli azionisti storici (la famiglia Wallemberg, ndr) a cedere, ma resta una delle opzioni sul tavolo.

«In positivo – ricorda il sindacalista – ci sono gli importanti investimenti che il Gruppo ha effettuato negli stabilimenti italiani (che sono 5, Porcia lavatrici, Solaro lavastoviglie, Susegana frigoriferi, Forlì forni, Cerreto d’Esi cappe, con circa 4.500 addetti e due centri di ricerca e sviluppo), soprattutto nel processo, ma la sofferenza del mercato perdura».

La riunione

E proprio per capire quale sia nel dettaglio la situazione dei siti rispetto a ordini, volumi ed eventuale necessità di fare ricorso alla solidarietà (l’accordo siglato in ottobre e che prevedeva la riattivazione dei Cds già da gennaio ’25 in tutti gli stabilimenti scadrà a fine mese), i sindacati hanno intenzione di convocare una riunione di coordinamento nazionale. «Ragionevolmente – azzarda Nobis – si terrà entro metà febbraio». Ed è un appuntamento dal quale i sindacati contano di avere dettagli sulla situazione del Gruppo e sulle strategie di Electrolux, dal primo gennaio guidata dal nuovo ceo Yannick Fierling.

Il settore

Tornando al settore, Nobis ricorda come «il documento di Fim, Fiom, Uilm di analisi, proposte e richieste per “la salvaguardia e il rilancio dell’industria dell’elettrodomestico” presentato al Mimit il 22 febbraio 2024 è ancora fermo sul tavolo ministeriale. Da quasi un anno le nostre proposte sono rimaste lettera morta. Nel frattempo la produzione del bianco nel nostro Paese continua a perdere pezzi. Stiamo perdendo anche importanti produzioni della filiera, come ad esempio il trasferimento all’estero della produzione dei sistemi di connessione (connettori e sensori) per il bianco della Te Connectivity di Collegno con il licenziamento in corso di 222 dipendenti o la mancata realizzazione del “polo italiano dei compressori” che doveva coinvolgere 400 dipendenti dell’Ex Embraco di Torino e i 350 di Acc di Belluno».

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E, ancora, «nel 2024 si sono prodotti meno di 10 milioni di grandi elettrodomestici in Italia, nel 2000 erano 30 milioni. Anno dopo anno, lo storico settore dell’elettrodomestico si sta sfaldando, ma crediamo che ci siano ancora le condizioni per rilanciare la produzione, puntando sul potenziamento della supply chain, sul recupero di produzioni della componentistica delocalizzata anni fa oltre che il potenziamento dei centri di ricerca e di progettazione, sull’alto e medio di gamma vincolando i nuovi investitori al mantenimento produttivo e occupazionale”, conclude Nobis.
 





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