Per ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari il Comune di Piacenza deve registrare la coppia di fatto, ma per registrare la coppia di fatto il Comune di Piacenza vuole il permesso di soggiorno. Un’impasse apparentemente senza soluzione, come d’altronde è parso a chi si è trovato di fronte all’ostacolo: «Una situazione davvero un po’ assurda; uno prova sempre a fare le cose legalmente, ma si trova bloccato dallo Stato». Tanto da doversi rivolgere a un legale e poi avviare un ricorso d’urgenza al tribunale di Piacenza.
Al centro della vicenda Rafael, cittadino italiano di 38 anni residente a Piacenza e il compagno Tobias, passaporto brasiliano, che nel luglio scorso lo raggiunge in Italia: vogliono iniziare la loro vita insieme. Scaduto il visto turistico i due si rivolgono alla Questura, per avere informazioni su come Tobias debba procedere per fare richiesta di permesso di soggiorno. «Non essendo sposati – spiega Rafael – l’unico modo che ci viene indicato per richiederlo come familiare di cittadino italiano è quella di ufficializzare la relazione e registrarci come coppia di fatto all’anagrafe del Comune di Piacenza».
Lì si presentano, ma incontrano la prima difficoltà: «Serve la residenza in città, che il mio compagno non ha ancora. Quindi ci siamo detti: “Benissimo, facciamola”. Solo che per procedere è necessario il permesso di soggiorno». Con questa notizia tornano negli uffici di viale Malta: «Per loro si trattava di una informazione sbagliata, dato che il mio compagno non ha altro motivo per rimanere in Italia che non sia il nostro rapporto. Abbiamo riferito la cosa all’anagrafe, ma la risposta è stata sempre la stessa e quindi ci siamo rivolti a un avvocato».
L’8 ottobre scorso il legale incaricato procede con la richiesta di registrazione del contratto di convivenza della coppia, l’11 dicembre arriva via pec la risposta del Comune: niente da fare, se il cittadino straniero non ha già un permesso di soggiorno.
«È la solita burocrazia; per fare il due serve l’uno, ma per fare l’uno serve il due» commenta con amarezza Rafael. «Noi abbiamo tutti i documenti necessari già pronti, manca solo questo. Per fare una richiesta, che dovrebbe essere semplice, si devono invece spendere dei soldi con l’avvocato, fare ricorso etc.». Con una sospensione temporanea del proprio futuro: «Il mio compagno si sta integrando molto bene, frequenta due volte a settimana un corso d’italiano qui in città, offerto proprio dal Comune, ma non può lavorare senza permesso di soggiorno: anche questo è un impedimento».
«Ovviamente è una cosa che non avrei mai fatto – aggiunge, provocatoriamente –, ma se avessimo scelto la strada illegale per avere il permesso di soggiorno, ovvero il mercato nero, avremmo sicuramente speso meno e avremmo già il documento».
Ma perché questo stallo? Da un lato la cosiddetta legge Cirinnà del 2016, che prevede la possibilità della registrazione della coppia di fatto, dall’altro una circolare del Ministero dell’Interno – la numero 78 del 2021 – che pone, come premessa alla stessa, il permesso di soggiorno; con valore di indicazione generale per gli uffici anagrafe degli enti locali, spiega l’avvocato Silvio Maragucci, civilista con esperienze in diritto di immigrazione, al quale si è affidata la coppia. «La Questura afferma “per potervi dare un permesso per motivi familiari ho necessità di avere la residenza del Comune”. il Comune a sua volta dice “per registrarvi l’accordo di convivenza ho bisogno di un permesso di soggiorno”; è un cortocircuito. Quindi subentra la figura del giudice, che è l’unico che può ordinare al Comune di iscrivere quel cittadino nell’anagrafica e quindi di attribuire la residenza, per poi far proseguire l’iter».
Questo sulla base della prevalente importanza del diritto all’unità familiare. Da qui il ricorso d’urgenza presentato al Tribunale di Piacenza – la prima udienza è fissata per il 18 febbraio prossimo – giustificato dal pericolo dell’assistito di trovarsi illegalmente sul territorio nazionale e quindi soggetto a espulsione. Nel caso in cui l’esito sia favorevole alla coppia, la trafila prevede una durata media di otto, nove mesi – sottolinea l’avvocato Managucci – in cui nel mentre la ricevuta di richiesta di permesso di soggiorno funge da titolo provvisorio, con tutte le restrizioni previste; dalla già nominata impossibilità di lavorare, a quella di aprire un conto corrente o stipulare un contratto di affitto.
«Ho avuto esperienze in Lombardia, ma anche a Torino e Bologna e la prassi è uguale. Purtroppo, si è creato un meccanismo “patologico”, quello di dover necessariamente seguire questo iter, sapendo già dall’inizio che si dovrà fare un procedimento: bisogna farsi dire no, per potersi far dire sì dal giudice».
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