Questa volta Lukashenko non vuole correre rischi

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Domenica 26 gennaio ci sono le elezioni presidenziali in Bielorussia, ma il risultato è già certo: sarà riconfermato per un settimo mandato Alexander Lukashenko, che governa il paese in modo autoritario dal 1994 e per questo spesso è definito “l’ultimo dittatore d’Europa”.

Lukashenko non ha praticamente opposizione. Tutti gli altri candidati sono vicini al regime, e hanno la funzione di fornire legittimità apparente alla vittoria assicurata di Lukashenko: l’opposizione li ha definiti «ballerini di supporto». Tra questi ci sono i leader dei principali partiti rappresentati in parlamento, che hanno differenze ideologiche soltanto apparenti, ma in realtà sostengono tutti ugualmente Lukashenko: il Partito Liberal-democratico, il Partito Comunista e il Partito Repubblicano.

Lukashenko non vuole correre rischi, a differenza di come andò alle ultime elezioni, quelle del 2020. Anche in quell’occasione (come varie altre volte) fece arrestare tutti i suoi possibili avversari, compreso il leader dell’opposizione Sergei Tikhanovsky. Ma quando, al posto di Sergei, si candidò alle elezioni sua moglie Sviatlana Tikhanovskaya, Lukashenko le permise di partecipare. Era convinto, avrebbe detto Tikhanovskaya un anno dopo, che una «casalinga» non lo avrebbe mai potuto battere.

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Il conteggio ufficiale, come sempre negli ultimi trent’anni, diede la vittoria a Lukashenko con oltre l’80 per cento dei voti. Ma vari osservatori indipendenti dissero che in realtà era stata Tikhanovskaya la vincitrice, e che alle elezioni c’erano stati gravi brogli: in risposta ci furono enormi proteste, che arrivarono a mettere in pericolo il regime. Quest’anno Lukashenko non ha nessuna intenzione di prendersi altri rischi del genere.

Le proteste nell’ottobre del 2020 a Minsk, la capitale della Bielorussia (AP Photo)

Quest’anno l’unica candidatura che ha suscitato una qualche curiosità è quella di Hanna Kanapatskaya, un’imprenditrice che aveva già partecipato alle elezioni del 2020 e negli anni passati era stata associata all’opposizione democratica. L’opposizione però è molto scettica nei suoi confronti: dopo le elezioni del 2020, nel pieno delle proteste, si schierò con Lukashenko e contro Tikhanovskaya, e di recente ha partecipato a vari eventi sponsorizzati dal regime. Kanapatskaya oggi è considerata di fatto un’altra candidata di facciata, anche se è la più indipendente.

Controllando rigidamente le candidature, Lukashenko si è assicurato che questa volta sia impossibile creare una leadership attorno a cui l’opposizione e la popolazione possano riunirsi contro di lui, come successe con Tikhanovskaya.

Il regime ha poi messo a punto varie altre misure per garantire che il voto vada come previsto: non ci saranno osservatori internazionali, e i presidenti di seggio sono stati sottoposti a un rigido controllo politico. Inoltre per la prima volta sarà vietato fare fotografie alle schede elettorali: questa è considerata una misura corretta in una democrazia funzionante (anche in Italia è vietato), ma le fotografie delle schede nel 2020 furono tra i metodi principali che consentirono all’opposizione di provare i brogli elettorali.

Negli ultimi anni Lukashenko ha rafforzato la repressione di ogni forma di dissenso. Secondo Viasna, una ong bielorussa che si occupa di difesa dei diritti umani, nel paese ci sono attualmente 1.246 prigionieri politici in carcere, tra cui lo stesso fondatore di Viasna, Ales Bialiatski, che nel 2022 fu tra i vincitori del premio Nobel per la Pace. La repressione giudiziaria si è intensificata: sempre secondo Viasna nel 2024 sono state condannate almeno 1.721 persone per reati politici, e 5.800 per violazioni amministrative, sempre con motivazioni politiche.

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Vladimir Putin e Alexander Lukashenko (Dmitry Astakhov, Sputnik via AP)

Per mostrare clemenza, negli ultimi mesi Lukashenko ha liberato circa 250 prigionieri politici, ma nessuno dei membri più importanti dell’opposizione: della maggior parte di loro non si è più saputo niente dopo l’arresto.

In questi anni si è inoltre approfondito il rapporto di dipendenza tra Lukashenko e il presidente russo Vladimir Putin: a causa dell’isolamento internazionale della Bielorussia, l’economia del paese – che ha più di 9 milioni di abitanti – dipende quasi interamente dalla Russia.

Dopo le elezioni del 2020, Sviatlana Tikhanovskaya fuggì in Lituania e oggi sostiene di rappresentare il governo bielorusso in esilio. Tikhanovskaya ha chiesto di boicottare il voto di domenica e ha avviato alcune iniziative per rimanere rilevante. Per esempio, di recente ha annunciato che il 26 gennaio, lo stesso giorno delle elezioni, il suo governo comincerà a emettere passaporti bielorussi alternativi per i cittadini che vivono all’estero o in esilio, e i cui documenti sono scaduti. È tuttavia un’iniziativa simbolica.



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