Proseguo qui la proposizione degli interventi che si sono susseguiti, il 18 gennaio 2025, nella sede della Comunità di Montagna, (che, per inciso, per la Carnia, dovrebbe essere la protagonista principale di questa telenovela sanitaria mentre latita), ricordando che anche una azienda privata ha delle tutele, e che noi cittadini, se proprio si vuole vedere la Regione e le Aziende Sanitarie come strutture private, siamo gli azionisti perché i soldi sono nostri pagando le tasse, e quindi dobbiamo esser informati del programma dettagliato della azienda e degli investimenti che intende fare, che devono essere pure votati da chi investe dei propri. Ma invece qui, come là, non si sa nulla e noi siamo costretti a bere magari, come faccio io, il cappuccino al bar, per leggere sul Messaggero Veneto cosa ha già deciso di fare l’assessore senza sentire alcuno. Non solo: se una azienda va a finire in forte rosso, ad un certo punto chiude, mentre qui si va avanti, nel pubblico, per i secoli a venire, sempre con lo stesso ceo, mai scelto da noi azionisti, che magari lo manderemmo volentieri a casa.
Inoltre, secondo me, Riccardi e quindi Fedriga che lo ha nominato, ci hanno fatto cadere in mano al privato convenzionato, senza però che nessuno sappia nulla sulle strutture e sui professionisti, che quindi sono fuori da ogni controllo. Questo perché, secondo me, la regione largisce denaro ai privati senza chiedere nulla in cambio, senza porre legame alcuno fra pubblico e privato, e mettendo in difficoltà in questo modo in primo luog l’utenza, cioè noi. Ma se erro in queste considerazioni, correggetemi.
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Ma ritornando all’incontro del 18 gennaio 2025, vorrei qui partire da quello che a me è parso un intervento interessante perché toccava un argomento poco trattato in altri incontri e cioè i centri di salute mentale ed il ricorso sempre più frequente al Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) che, secondo il consigliere Honsell, deve venir disposto dal sindaco. Per questo, ha detto non tanto scherzando, bisogna stare attenti a chi si vota come primo cittadino in un comune.
E il T.S.O. è l’unico caso in cui la legge prevede che una persona malata psichica debba sottostare, anche contro la sua volontà, alle cure mediche ed al ricovero forzato presso appositi reparti. Tale reazione è giustificata dalla pericolosità, che deve essere però dimostrata, del soggetto in questione, il quale rappresenta una minaccia per la propria e per l’altrui incolumità. Però tale situazione sanitaria non deve essere necessariamente sottoscritta da uno specialista ma basta il medico di famiglia con la conferma della Azienda Sanitaria di riferimento (1).
Quindi il T.S.O. risulta essere uno strumento straordinario, ed il suo uso dovrebbe essere limitato ma invece va aumentando sempre più, ha raccontato all’ incontro tolmezzino l’operatore socio- sanitario Marco Pischiutti che lavoro in un C.S.M. mentre i centri di salute mentale non trovano personale, rischiano di non poter funzionare più 24 ore su 24, rischiano l’accorpamento dico io, ed il Sert di Gemona è già stato spostato a Tolmezzo, benché i due centri siano davvero mal serviti dal trasporto pubblico. Ed io credo che, al giorno d’ oggi, almeno per alcuni problemi, il Sert ed il CSM, strutture che dovrebbero essere territoriali, dovrebbero operare in modo sinergico. Ma vediamo cosa ha raccontato Pischiutti a noi che riempivamo la sala della Comunità di Montagna.
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MARCO PISCHIUTTI – O.S.S. PRESSO UN C.S.M.
Pischiutti ha iniziato il suo intervento facendo riferimento al 1978, anno in cui vennero approvate in Italia sia la legge 194 per l’interruzione di gravidanza, sia la legge 180 detta anche legge Basaglia, dal nome del notissimo psichiatra che aveva sperimentato, prima presso i manicomio di Gorizia poi in quello di Trieste, quanto poi espresso nel testo normativo. E si può a pieno titolo dire che il Friuli Venezia Giulia è stata la culla di un nuovo approccio, rivoluzionario, riconosciuto a livello mondiale, al trattamento dei problemi di salute mentale, che garantisce progresso civile e diritti umani. E sia la legge 180 che la 194 del 1978, sono state poi recepite nella legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, che ha sancito una svolta epocale in Italia garantendo equità ed universalità nelle cure.
Ma per ritornare alla legge 180/78, si sa che non è mai stata del tutto applicata, ed ha incontrato, pure, diverse difficoltà ad esser completamente recepita, ma comunque nella cura della salute mentale vi è stato, in Fvg, un progredire, fino a poco tempo fa.
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Ma come sta oggi la regione per quanto riguarda la cura dei problemi di salute mentale? Pischiutti ha presentato alcuni numeri per far capire la situazione attuale: in Fvg possiamo oggi parlare di un drammatico crollo degli utenti trattati ogni 100.000 abitanti: nel 2018 eran 173, nel 2023 erano 111, ma non pare che sul territorio si stia ora molto meglio di prima per quanto riguarda la salute mentale. Quindi si è in presenza di una significativa diminuzione dei pazienti trattati, a fonte di un aumento di pazienti con problemi mentali che afferiscono ai Pronto Soccorso. (Da 7,4 accessi ogni 1000 abitanti nel 2016, si è passati a 8,1 nel 2023) (2).
Quindi Pischiutti ha continuato dicendo che il costo pro capite, per la cura della salute mentale è diminuito, essendo diminuita l’utenza, mentre è aumentato il numero di trattamenti sanitari obbligatori (T.S.O.) che vengono decisi per il bene del cittadino e della comunità. Ma la legge 180 ha limitato drasticamente l’uso di questo strumento, che dovrebbe comunque venir utilizzato solo quando non se ne può fare a meno.
E si deve dire anche che c’è stata la progressiva disapplicazione del piano regionale per la salute mentale dal 2018, piano che era stato pure approvato dalla Conferenza Stato – Regioni, e che non è stato sostituito da alcun altro documento di programmazione complessiva. Quindi si può dire – ha continuato Pischiutti – che ad oggi vi è, non esiste un programma su come intervenire nel campo della salute mentale, al di là della legge 180, e quindi “si vive alla giornata”. Ma questa carenza di programmazione non fa altro che riflettersi sulla quotidianità dei servizi e del lavoro. E molti percorsi utili per la comprensione di quanto fattibile con le singole persone che afferiscono al servizio, si riducono invece alle scarne prestazioni. Ma nel campo della salute mentale, lo strumento principale per un lavoro efficace è la relazione, ed i percorsi di cura sono improntati, principalmente, alla stessa, che non è però quantificabile.
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Da ciò ne deriva che l’eccellenza tecnico – organizzativa che vi era in regione fino forse al 2016/2018 nei servizi afferenti alla salute mentale, aveva portato ad numero ridotto di T.S.O., alla gestione dei soggetti sottoposti allo stesso nei C.S.M. (non con ricovero ospedaliero), ad un numero relativamente basso di suicidi, alla gestione delle residenze per le misure di sicurezza (Rems), che hanno sostituito gli ospedali psichiatrici ed i manicomi, (ed anche, di conseguenza, i trattamenti a dir poco incivili che in questi luoghi venivano applicati ai malati di disagio mentale che avevano sì commesso un qualche crimine ma ritenuti incapaci di intendere e volere nel momento dell‘atto). E si era pure attivata la possibilità di inserimenti lavorativi di persone in difficoltà e di gestione di vita in una abitazione, ma questi risultati, come quelli sopraccitati, sono stati messi in discussione dalla scarsa o quasi nulla considerazione per i servizi di salute mentale, che, è bene ricordarlo, non hanno alcuna possibilità di essere integrati o sostituiti dal privato, perché il privato non ha alcun interesse ad intervenire nell’ ambito della salute mentale, perché esso non ha un ritorno economico per cui valga la pena di investire. E si può dire, tranquillamente, che il privato, in questo settore, non interverrà mai.
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Inoltre anche nel campo della cura della salute mentale manca personale, forse più che altrove, forse per la natura stessa del lavoro; e vi è ora il rischio di perdere la cultura che dovrebbe improntare il servizio, che è quella che deriva dalla legge 180/78; da quello che Basaglia ha incominciato a costruire e che tanti professionisti hanno continuato a portare avanti e che implica pure il lavoro in equipe. E secondo Pischiutti è proprio nell’ ambito della cura dei disturbi mentali che è fondamentale il lavorare insieme, prendendo decisioni comuni, orizzontalmente. Infatti non bisogna dimenticare che in questo settore è importante la relazione, ed il modo di relazionarsi con il paziente deve essere studiato insieme. E nei C.S.M. anche l’o.s.s. può dare le sue impressioni ed i suoi consigli sui casi, a differenza che i altri ambiti della medicina. Ma secondo me in ogni settore della medicina la relazione è importante, anche quella, ora resa impossibile, fra il medico di base e l’assistito.
Ma un aspetto ancora più inquietante, sempre secondo Pischiutti – è che in questi ultimi anni è andata sempre più calando la preparazione professionale del personale, adeguandolo alle pratiche attuate dai Centri di Salute Mentale, cioè quelle relative alla gestione di una crisi, al lavoro di rete, al lavoro da svolgersi con le famiglie degli assistiti e con le associazioni che li rappresentano. E questo aspetto è stato aggravato dall’ uscita dal lavoro degli operatori nel settore con più esperienza, di coloro che avevano iniziato a svolgere la professione ai tempi in cui si tentava di applicare il più possibile la ‘legge Basaglia’.
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Per quanto riguarda il piano regionale sulla salute mentale, di fatto abbandonato nel 2018, esso prevedeva, in Asufc, l’apertura di tutti i centri di salute mentale 24h su 24h, mentre oggi non solo si è ridotto in molti casi l’orario di attività alle 12 ore, quando va bene, ma ci sono territori, come quello di Tarcento, ove il servizio si va smembrando tra quello di Gemona e quello di Cividale mentre il C.S.M. di Codroipo funziona solo per 8 ore al giorno.
In sostanza, si è in presenza di un impoverimento culturale, operativo e pratico dei servizi di salute mentale, e vi è chi sostiene che questo sia voluto, proprio perché, dimenticando la legge 180/78, vi è una modifica sull’impostazione da dare al lavoro in salute mentale, vi è un tornare indietro. Non solo: questo nuovo approccio comporta pure la riduzione nel numero dei C.S.M. aperti 24h su 24h in regione Fvg, e una incognita sulle capacità operative di altri, messi in difficoltà situazionale dal fatto che il personale se ne sta andando per raggiunti limiti di età e non viene sostituito. E Pischiutti porta ad esempio il Csm in cui lavora: da anni, a fronte di alcuni pensionamenti, non vengono assunti infermieri, e questo, come in tutto l’ambito sanitario dico io, va a pesare sui rimasti in servizio. Ma questo va a pesare pure sul discorso di porre al centro la relazione.
In sintesi la riduzione dei servizi implica, ora come ora, utenza abbandonata a sé stessa perché chi lavora nei C.S.M. non ce la fa a seguire bene tutti i casi; un rallentamento nel prendere in carico nuovi casi; l’aumento dei ricoveri nei reparti di diagnosi e cura; l’aumento dei T.S.O.; l’aumento della difficoltà nel giungere ad un sistema sociosanitario integrato. Inoltre attualmente il servizio di diagnosi e cura dei soggetti con problemi mentali soffre anche del post pandemia, e le problematiche giovanili che ragazzi e ragazze, che hanno appena superato i 18 anni, ed hanno vissuto il periodo del ‘covid’, portano quotidianamente all’attenzione dei servizi, vengono affrontati come possibile. Infatti le problematiche anche a livello psichiatrico causate dalal pandemia non sono ben note, e per affrontale ci vorrebbe personale adeguatamente preparato. Ma questo implica anche risorse nuove per cercare di gestire problematiche recenti.
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Cosa fare quindi? – si chiede il Pischiutti. A suo avviso è indispensabile: mantenere i centri di salute mentale, per un servizio ottimale, aperti 24h su 24h e assolutamente non ridurli numericamente, anche se bisognerebbe pure, in alcuni casi, fornire detti centri di sedi adatte; rivalutare l’organico sulla base della popolazione. Ma io su questo avrei qualcosa da dire, perché penso che più una zona è emarginata e priva di servizi e quindi di futuro, più la sua popolazione non solo giovanile potrebbe presentare disagio situazionale. Ed in certi casi si deve lavorare sul tessuto economico, culturale e sociale prima di tutto, rilevandone ciriticità che potrebbero comportare problemi comuni a livello mentale nella popolazione riconducibili alle stesse cause ambientali.
Non solo: come ho spesso scritto, e quindi questo lo dico io, anche i problemi ad accedere ed avere in tempo diagnosi e cure mediche, il turismo sanitario che porta verso l’ignoto; le difficoltà a muoversi qui e là fra pubblico e privato, il rimanere senza medico di base, potrebbero giustamente ingenerare angoscia nei cittadini tutti. E sono problemi che non si risolvono curando in un C.S.M. l’adrenalina e ansia che giustamente il fisico produce a sua difesa, in presenza di un pericolo per la sua salute.
Pischiutti, poi, ritiene che sia importante che venga istituito un tavolo regionale sulla salute mentale, che comprenda anche le associazioni dei cittadini (se ve ne sono ancora dico io) e le amministrazioni locali (ma dipende da chi sono fatte, dico io, pensando a quanto detto ha Honsell) e che venga ripreso in mano ed aggiornato il piano per la salute mentale, anche sulla base dei dati relativi ai percorsi di cura ed altre variabili. Infatti uno dei problemi è quello che chi opera nei C.S.M. non conosce i dati generali epidemiologici e di risultato dell’operare nelle strutture analoghe in regione. Manca pure un piano per la formazione specifica del personale, ed uno, sempre secondo Pischiutti, regionale di intervento, uno schema da seguire per adolescenti e giovani, ma io credo che giustamente questo non sia stato prodotto, se la cura si basa sulla relazione e sulle singole situazioni.
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Ed alla fine del suo lungo intervento, Pischiutti ha letto un brano del piano per la salute mentale poi abbandonato nel 2018, che già detta alcune importanti linee guida per gli operatori del settore, da cui partire.
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NICOLA DELLI QUADRI, PRIMA DIRIGENTE AZIENDALE ORA RESPONSABILE SANITÀ NELLA SEGRETERIA REGIONALE DEL PD.
Il dott. Delli Quadri ha iniziato il suo intervento raccontando la storia personale del nonno, molisano, che lo lega a Tolmezzo, e quindi ha precisato che, ormai anziano ed in pensione, gli è stato chiesto di far parte della segreteria regionale del Pd come responsabile per la sanità, ed ha accettato. Egli ha quindi sottolineato che la sua scelta è stata dettata da senso di responsabilità come cittadino, ma pare che l’assessore Riccardi si sia domandato pubblicamente, in consiglio regionale, cosa intendono fare tutti questi pensionati che parlano di sanità. (3).
Ha narrato, quindi, che, da quando il gruppo di cui fa parte ha iniziato la sua attività, si è subito mosso per affrontare le criticità esistenti, già riferite nei precedenti interventi, e si sta sforzando anche di individuare e tracciare delle ipotesi di proposte risolutive ai problemi emergenti. Quindi egli ha precisato che ha detto questo perché il suo intervento ripercorrerà il lavoro di circa un anno fatto dal ‘forum salute’ del Pd, che è composto da circa 40 – 45 persone, ma nello specifico, sui temi indicati in precedenza da altri, hanno lavorato insieme 20 persone.
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Il 7 dicembre – ha continuato – è stato fatto un convegno a Pordenone sui temi della sanità, con presente anche l’on. Speranza, prima Ministro della Salute. Quindi farà la sintesi delle proposte lì enucleate, che vengono e verranno messe a disposizione delle comunità ed in particolare di chi si occupa di sanità anche con una certa esperienza. (4). Ma se le diverse comunità, e comunità vuol dire tutti ed in particolare le rappresentanze, comunali, delle comunità montane e regionali, non si prendono carico del loro destino, il loro destino verrà comunque deciso da altri. Ecco quindi il valore di serate che portino tante persone ad ascoltare temi così importanti, e di incontri di questo tipo- secondo il dott. Delli Quadri – che dovrebbero venir moltiplicati.
Quindi il responsabile sanità della segreteria regionale del Pd è passato a trattare tre argomenti concludendo poi con alcune considerazioni relative al piano dell’oncologia regionale. Un primo grosso problema è quello del personale che se ne va e che non viene qui. Un paio di giorni fa – ha detto – sui giornali locali, (che dopo il cambio di gestione ogni due o tre giorni fanno un paio di paginate su Riccardi) è comparsa la notizia di ulteriori 42 milioni di euro che l’assessore ha stanziato per la sanità regionale. Ma, ha continuato Delli Quadri, con tutti i soldi investiti nella sanità Fvg, ci si dovrebbe chiedere se i cittadini abbiano sperimentato e visto un miglioramento dei servizi. E ha detto di avere qualche dubbio in proposito.
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Gli esponenti del gruppo di lavoro del Pd regionale avevano proposto di investire 52 milioni di euro per impedire la fuga del personale incentivandolo, cioè aggiungendo allo stipendio dei medici, che avessero accettato di rimanere nelle nostre strutture sanitarie e sociali 3 o 4 anni, 400 o 500 euro al mese, a quello degli infermieri 200 o 300, agli operatori socio sanitari 100 euro, e qualcosa anche ai mmg ed agli specializzandi.
E quindi ha riportato quanto avviene in una città come Siena, dove gli immobili hanno un alto valore. Ebbene in quel centro toscano, il comune mette ed ha messo a disposizione agli specializzandi un appartamento, per favorire la loro frequenza alle scuole di specializzazione universitarie locali e, quindi, i loro successivo rimanere a lavorare in loco. Anche Il gruppo Pd della Regione Fvg aveva fatto questa proposta per favorire così l’accesso ai corsi di formazione territoriali, oltre agli incentivi a chi già lavora, e questo con 52 milioni. Probabilmente in questo modo, qualche medico si sarebbe fermato e qualcuno di nuovo sarebbe giunto. Ma la proposta non è stata accettata.
Invece in FVG dal 2021 al 2023, 4000 operatori in servizio hanno lasciato la sanità, di cui la metà si è licenziata, abbandonando il posto di lavoro e volgendo verso altri lidi.
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Secondo problema: quello delle liste di attesa. La percentuale di rispondenza, nei tempi di attesa, per prestazioni da erogare entro 10 giorni, è del 10% in Asfo, e così per una visita neurologica urgente, ma questa situazione, evidenziata sulle slides, è presente anche nell’area udinese e triestina. I tempi di attesa per la chirurgia oncologica sono pure lunghi, e solo il 20% di chi ha un tumore alla prostata, essendo previsto che debba essere operato entro 30 giorni, riesce ad essere trattato nel tempo previsto, nonostante ci siano robot e possibilità di operare. Quindi mettere 42 milioni su di una organizzazione che rimane sostanzialmente la stessa non pare una soluzione che possa far pensare ad un miglioramento nel ssr.
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Ma cosa pensa il gruppo di lavoro del Pd? Cosa non è stato fatto e cosa dovrebbe essere fatto? Manca una organizzazione puntuale della sanità territoriale ed una presa in carico della cronicità, bisogna assumere personale, bisogna incentivare i mmg, secondo Delli Quadri – ricordando, però, che, a suo avviso, è finito il tempo del medico di medicina generale con 1800 assistiti per lo più anziani e problematici. Perchè un medico da solo, neppure se lavorasse 24 ore su 24, riuscirebbe a dare le risposte che dovrebbe dare a tutti i suoi pazienti. E quindi, a suo avviso, bisogna pensare a modi diversi di impostare la medicina di base. Inoltre in questa regione, dove si fanno i convegni sulla intelligenza artificiale (5), in sanità non si è ancora in grado di condividere le immagini radiologiche ed ecografiche del C.R.O., centro di riferimento oncologico, e delle strutture private con il settore pubblico, con i suoi ospedali. E questo incide sulle ipotesi diagnostiche e curative, e siamo ancora, in Fvg, all’ anno zero da questo punto di vista.
Roberto Speranza, quando era Ministro, aveva dato 4 milioni ed ottocentomila euro alla Regione Fvg per mettere in rete questo settore, ma non si sa dove siano finiti. Pare siano stati investiti in telemedicina, ma dove e come non è noto, e non si vede modifica alcuna della situazione. Inoltre non è mai stato divulgato il manuale R.A.O., acronimo che sta per “raggruppamenti di attesa omogenea” (6), che registra le situazioni per le quali un medico di medicina generale può chiedere una visita e con quale priorità. Il manuale è stato concordato fra mmg e specialisti, è stato sostenuto da AGENAS, e la Regione Fvg se ne è fatta carico. Pertanto se i medici di medicina generale lo seguono, il tempo di attesa riportato sulla prescrizione dovrebbe essere garantito. Ed anche lo Stato sostiene ora il sistema R.A.O., al fine di migliorare l’appropriatezza prescrittiva. Ma in Fvg siamo ancora ai primordi anche se è meglio tardi che mai.
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Poi vi è il problema dei Pronto Soccorso. Il Piccolo, qualche mese fa, ha pubblicato alcuni numeri: su 394.000 accessi in Pronto Soccorso nella nostra regione, il 17, 49% erano codici bianchi, 28% i verdi (7), e poi ci sono i codici gialli e rossi con numeri variabili da struttura a struttura. Ma tutti sanno cosa accade nei Pronto Soccorso: lunghi tempi di attesa per essere inseriti ed avere la prestazione, la estrema difficoltà talvolta per essere ricoverati. Per inciso, e questo lo scrivo io, recentemente è apparsa in rete una testimonianza da cui pare manchino anche alcuni farmaci e le coperte almeno a Trieste. (8).
Ma per ritornare al dott. Delli Quadri, egli ha detto che il modello che ha pensato il Pd è quello che vede più strutture presentarsi sul territorio: quella ospedaliera e quella territoriale con le case e gli ospedali di comunità, come previsti dagli accordi del Pnrr e dai decreti ministeriali, la centrale operativa di Pronto Soccorso e quella 116117, che è il numero, che presto entrerà in vigore anche in Italia, di soccorso territoriale non ospedaliero, come previsto per l’Europa intera. Ma allora. dico io, saremo noi cittadini in difficoltà di salute a decidere la nostra gravità e questo mi pare davvero poco serio. Perché se uno che ha mal di stomaco chiama il 116117 attende un servizio non urgente, ma se questo sintomo poi si rivela un infarto … E se uno, anche anziano, pensa sempre di star bene, magari chiama il numero sbagliato? Non solo. dove troveranno il personale per nuovi numeri? Mistero. Fanno di tutto per lasciare a noi decidere, penso fra me e me, e moltiplicano strutture quando il personale è già scarso per coprire quelle esistenti …
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Ora però, e questo lo dico ancora io, il sistema precedente rispondeva alle esigenze dei cittadini e non si sa perché tutti questi cambiamenti dopo aver smantellato il vecchio per andare poi verso il nulla; inoltre si ritiene che i pazienti dovrebbero fare tutto da soli in questo modo, diagnosi compresa, attribuendosi personalmente un codice di gravità (in base a cui telefonare ad un numero o l’altro) della ignota patologia sui sintomi più vari. Inoltre se poi uno sta male, da chi dipendono le ambulanze, automediche ecc.? Non è che così si perde solo tempo prezioso facendo il 116117?
Non mi pare però che il dott. Delli Quadri abbia evidenziato le differenti problematiche che comportano la sanità cittadina e quella di una zona montana, come la Carnia,dove le distanze e lo scarso trasporto pubblico fanno la differenza (9) e dove, con la sanità che ci si ritrova, il ricorso al Pronto Soccorso è una necessità e l’unica possibilità in un malore ignoto.
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Poi egli ha fatto un accenno agli ospedali di rete, ma io mi chiedo se davvero in rete siano, mentre pare siano al progressivo smantellamento. Egli ha detto che per il PD questi ospedali detti spoke, devono avere tutti i servizi che definiscono un ospedale di rete come tale, e cioè il Pronto soccorso, il settore diagnostico, la possibilità di accogliere, la medicina, la chirurgia, l’ortopedia, il punto nascita …. Tutto ciò che necessita, in sintesi, per dare risposte immediate alle persone. E ha aggiunto che gli ospedali che non hanno tutta la parte diagnostica fanno fatica a funzionare, ma, dico io, a Tolmezzo la radiologia chiude alle 20 e riapre alle 8 del mattino, quindi, da che so funziona, ma non a tempo pieno, 24 su 24. E così la pediatria. Ed anche questo è un problema che mette in croce il Pronto Soccorso. E questo lo dico io.
Quindi Delli Quadri ha parlato dei ‘Cau’, Centri di Assistenza Urgenza, presenti in Emilia Romagna. «Il CAU è una struttura sanitaria in cui lavorano medici di assistenza primaria a rapporto orario (medici di continuità assistenziale) e infermieri, adeguatamente formati, pronti ad accogliere e assistere pazienti con problemi urgenti a bassa complessità, 7 giorni su 7 h24 con accesso diretto». (10). In sintesi essi svolgono il ruolo della guardia medica, se ho ben compreso, ma lungo l’arco di tutta la giornata.
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I Cau, (50 in Emilia Romagna) si trovano fuori dagli ospedali e locati nelle case di comunità o della salute, dove operano un medico ed un infermiere ed è presente la strumentazione che permette una diagnostica di base, che accoglie le persone che sono in situazione da codice bianco o verde, ma sarebbe meglio dire di patologia non acuta. E funzionano con personale adeguatamente formato. Dai dati raccolti, coloro che si recano ai Cau per lo più hanno dolore agli arti, contusioni, tosse, mal di gola, febbre, dolore addominale (da non sottovalutare, dico io però) che portano i soggetti in Pronto Soccorso ma dove essi dovrebbero attendere tempi non accettabili per essere visitati e curati. E il tempo medio di attesa, nei Cau, è di 45 minuti.
Utilizzando i Cau, l’accesso ai Pronto Soccorso si sono ridotti del 15% i codici bianchi, del 9% i codici verdi, e continuano a diminuire, mentre in Carnia, dico io, anche se hai un dolore fortissimo di notte devi varcare la soglia del P.S., non essendoci nulla di alternativo e mancando le guardie mediche di qualsiasi strumento diagnostico ma anche di farmaci adeguati.
Per la verità i consiglieri regionali nel 2023 o 2024, hanno presentato all’assessore Riccardi l’ipotesi di istituire Cau anche in Fvg, ma «questa montagna ha partorito questo topolino»: nelle linee per il ssr di quest’ anno 2025 è presente l’obiettivo di costituire dei modelli di case della comunità con gestione dell’urgenza non complessa, ed attivazione delle prime 6 sedi in regione a: Gemona, Cividale, Sacile, Maniago, Trieste, e Udine, luoghi ove son presenti strutture già esistenti dette ‘punto di primo intervento’ dove si fa attività di pronto soccorso. Pertanto il rischio è che, presumibilmente, si cambi solo una tabella ed un nome ad un servizio già esistente.
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La gestione delle cronicità, altro punto dolente. In Fvg ci sono circa 3900.000, 400.000 malati cronici, di cui 100.000 diabetici; 70.000 viventi con diagnosi di tumore, perché ormai anche per i malati di cancro è possibile una lunga sopravvivenza; 30.000 persone affette da alzheimer o demenza senile, che significa un numero corrispettivo di famiglie coinvolte in difficoltà di vita.
Su questi problemi lo Spi Cgil ha fatto un lavoro emerito e lo si trova pubblicato sul suo sito. E il dott. Delli Quadri ha detto che sta presentando dei dati, perché bisogna prima conoscere i dati e poi prendere le decisioni. Altro aspetto importante: bisogna per le scelte coinvolgere i territori e chi vi abita, analizzare e valutare le esperienze già fatte, vedere le buone pratiche, e soprattutto guardare al ruolo dei medici di medicina generale, coprendo i posti vacanti e ricordandosi che 200.000 sono i cittadini di questa regione che non ne hanno uno e quindi non hanno pieno accesso ai servizi. E non si può attendere il 2028, quando forse la situazione si potrebbe appianare.
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Infine Delli Quadri ha terminato il suo intervento parlando della rete oncologica regionale, sottolineando come l’ospedale di Tolmezzo abbia già vissuto una ferita che è quella della chiusura dell’attività di chirurgia senologica, che non si capisce perché sia stata tolta al nosocomio carnico tre o quattro mesi prima di presentare il piano globale per la rete oncologica regionale. E questo è inspiegabile – ha aggiunto.
Ed in sintesi va detto che questa regione ha bisogno di un piano per una rete oncologica, quando ci sono ancora regioni che non ce l’hanno, nell’ interesse della salute dei cittadini, perché dovrebbe permettere la stessa risposta diagnostico – curativa in qualsiasi posto della regione essi vivano, con l’introduzione dei soggetti in un percorso stabilito, guidato, attuato. Quindi non è in discussione il fatto che una rete oncologica sia necessaria. Ma ci hanno messo 4 anni per presentarla, essendo prevista da una delibera del 2019. Ma non è stato il covid a bloccarla, ma il fatto che non si mettevano d’accordo fra Udine ed Aviano su chi dovesse essere alla guida della rete oncologica. Poi gli specialisti del C.R.O. sono andati in pensione, è rimasto in auge solo il dott. Fasola, che a settembre è diventato direttore della rete, e quindi ha prodotto questo piano.
Ma ci sono due questioni critiche: una relativa ai dati presentati, che non vengono accettati dalla gran parte dei professionisti, che si sono ribellati, perché sono dati Agenas riferiti al 2023, confondendo pure le strutture mentre, sostanzialmente, i chirurghi vogliono confrontarsi sui dati veri.
Il secondo problema è che non c’è stata condivisione del piano con i medici e neppure con le comunità; non è stata presentata (ma io credo neppure approntata) la ricaduta di un piano di questo tipo sulle zone montane regionali, con le distanze presenti e tutto ciò che comporta lo spostarsi continuamente per i soggetti ammalati. E ha letto, quindi, rivolto a Massimo Mentil, alcune righe del piano in cui si dice che è opportuno che le aziende considerino la possibilità di includere in un unico dipartimento chirurgico generale specialistico le strutture coinvolte, secondo la nuova tipologia ed adeguando gli atti aziendali, il che significa che, se invece di mantenere le strutture separate in una data realtà, si mettono insieme a formare un dipartimento, si otterrebbe l’effetto opposto di quello che accade adesso: cioè chiusura di una struttura ed obbligo a spostarsi delle persone. Infatti se si crea un unico dipartimento in cui sono tutti i professionisti, le equipe chirurgiche a muoversi, le persone ammalate potrebbero restare al loro posto.
E il Pd proporrà questo ha aggiunto Delli Quadri – che è una soluzione “scritta da loro” che, tra l’altro, il dott. Fasola ha sottolineato nel corso della discussione in terza Commissione. Quindi bisogna lavorare perché vengano soddisfatte le esigenze e tutelati i diritti di tutti. E ha chiuso il suo intervento con una frase di David Sassuoli che dice, in sintesi, che la speranza siamo noi, quando non chiudiamo gli occhi davanti all’ingiustizia.
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Anche questa seconda parte non è la trascrizione letterale dell’ incontro, che ho però registrato, ma quanto ho tratto dalla stessa, e quindi me ne prendo io la responsabilità e se ho capito male potete sempre correggere con un commento o scrivendomi. A questo articolo ne seguirà un terzo sempre relativo a questo incontro, con l’ intervento della sindacalista Olivo, che ha lungamente parlato della situazione del personale, di Massimo Mentil e di Furio Honsell, per sommi capi.
Laura Matelda Puppini.
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NOTE
(1) https://www.laleggepertutti.it/174286_tso-trattamento-sanitario-obbligatorio-procedura.
(2) Ritengo però che il problema sia più complesso, intanto per l’uso di droghe, ma il trattamento e la disintossicazione afferiscono ai Sert, sia per la violenza, giovanile e non, che sta dilagando ma viene considerata normale e quasi tollerata, ed altri aspetti che sono variati nel tempo. Inoltre in Fvg la popolazione regionale sta diminuendo, e vi è un aumento del disagio giovanile, che dovrebbe essere affrontato a livello sociale, ma nessuno lo fa. Inoltre anche in Fvg la cura di problemi mentali è ancora in preponderanza farmacologica, essendo l’approccio ai problemi organicistico.
(3) Anche gli incontri in Carnia, prima di questo del 18 gennaio 2025, erano organizzati da Co.S.Mo. e dai Sindacati Confederali: Cgil – Uil ma anche Cisl Pensionati. Altro medico in pensione, prima direttore del Pronto Soccorso dell’ospedale di Cattinara, che si occupa attivamente di sanità in particolare nella Venezia Giulia è il dott. Walter Zalukar, e molto attiva era anche la dott.ssa Laura Stabile, sua compagna di vita, pure senatrice ed anche Lei in quiescenza. Ambedue appartenevano a F.I..
(4) Se ben ricordo la relazione del dott. Delli Quadri ma anche forse di altri è stata accompagnata da slides, ma non avendo una videocamera, non so quali fossero. Il convegno di Pordenone, tenutosi il 7 dicembre 2024, a cui ha partecipato pure Roberto Speranza che ha sostenuto la universalità del ssn e il diritto alla salute per tutti, pare fosse interno al Pd, almeno io, da quanto riportato in rete, ho compreso così.
(5) Cfr. su www.nonsolocarnia.info il mio: Problemi presenti nell’utilizzo dell’A.I. (Artificial Intelligence) in particolare in medicina, con alcuni riferimenti al Fvg. e vedete pure come si spendono 45 milioni di euro nel mio: Sanità Fvg. Loro pensano alle convention a carattere finanziario, noi a come sopravvivere.
(6) Cfr. nel merito: https://www.agenas.gov.it/comunicazione/primo-piano/1798-manuale-rao-per-l’accesso-alle-prestazioni-specialistiche-ambulatoriali.
(7) Bisogna considerare, però, che l’attribuzione di codice non implica la gravità della patologia, che deve essere valutata da un medico. Questo sostiene Walter Zalukar, che è stato primario del Pronto Soccorso dell’ospedale triestino di Cattinara.
(8) Lettera di Federico Denitto, intitolata. “Pronto Soccorso, Cinque giorni di seri disagi” sul caso di sua madre al Pronto Soccorso di Cattinara, in Il Piccolo, 13 gennaio 2025.
(9) Nel merito cfr. su www.nonsolocarnia.info l’articolo: Gianni Borghi su: “La nuova proposta per la salute in territorio montano” che riporta la voce dei sindaci della Carnia nel 2016. Ma ora tutti tacciono, e mi si dice che questo dipende, presumibilmente, dal fatto che a Riccardi fa pure capo la Protezione Civile, e nessuno vuole inimicarselo, ma lo scrivo così, cercando di capire e potrebbe essere una ‘bufala’.
(10) Centro di Assistenza e Urgenza — Azienda USL di Bologna.
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L’immagine che accompagna l’articolo è quella della locandina di invito all’ incontro. Laura Matelda Puppini.
https://www.nonsolocarnia.info/si-parla-ancora-di-sanita-a-tolmezzo-sullincontro-del-18-gennaio-2025-a-tolmezzo-seconda-parte-e-cui-seguira-la-terza/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/01/incontro-sanitagenn25-1.jpg?fit=717%2C1010&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/01/incontro-sanitagenn25-1.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Senza categoriaProseguo qui la proposizione degli interventi che si sono susseguiti, il 18 gennaio 2025, nella sede della Comunità di Montagna, (che, per inciso, per la Carnia, dovrebbe essere la protagonista principale di questa telenovela sanitaria mentre latita), ricordando che anche una azienda privata ha delle tutele, e che noi…Laura Matelda PuppiniLaura Matelda
Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di “AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980”, ed autrice di “Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975”, di “Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988″, ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando” Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007″, ha curato “Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013″ e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014”. E’ pure autrice di “O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra””, prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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