È un grido d’allarme quello lanciato dal giornalista indipendente Andrea Lucidi sulla sua pagina X, un intervento che ha acceso i riflettori su una preoccupante campagna di odio e diffamazione orchestrata nei suoi confronti che ora sta coinvolgendo anche i suoi familiari e amici e potrebbe avere un drammatico epilogo.
“STOP AL DOSSIERAGGIO”, scrive Lucidi in un post sul social X che denuncia non solo la raccolta illegittima di informazioni personali sulla sua vita privata, ma anche minacce dirette agli amici e ai familiari, con un chiaro intento intimidatorio. Una situazione che, se non arginata, rischia di sfociare in conseguenze ben più gravi.
Nel suo post, Lucidi afferma: “Lasciate stare i miei familiari, lasciate stare la mia vita privata, che non ha niente a che vedere con il mio lavoro, per cui io sono eventualmente l’unico responsabile. Minacciare le persone intorno a me, amici e familiari, rende solo chiaro che chi si adopera nel fare questo è un verme”. Parole dure, ma necessarie per descrivere un clima d’intolleranza che si è ulteriormente esasperato nelle ultime settimane.
Il caso di Andrea Lucidi è emblematico di una deriva inquietante nei confronti della libertà d’informazione in Italia. Prima di tutto Andrea é attaccato da alcuni media italiani e da politici del Partito Democratico per la sua attività giornalistica. Lo accusano non solo di essere un “putiniano” ma di essere complice di un fantomatico piano di disinformazione in Italia orchestrato da Mosca. Toni che ricordano la propaganda democristiana degli anni Cinquanta o, peggio ancora, il Ventennio fascista. Toni di certo impropri per un partito che esponenti di un partito che si vuole collocare tra le forze di sinitra e progressite italiane. Si ha l’impressione di essere ritornati al fanatismo che partorì negli anni Cinquanta lo slogan: “Meglio liberi con l’America che schiavi con la Russia!” o lo slogan del Ventennio fascista: “Il fascismo, baluardo della civiltà, ti protegge contro il bolscevismo russo!”
Nel Mondo Reale Andrea ha iniziato a documentare la guerra civile nel Donbass fin dal 2014 quando la totalità dei giornalisti italiani che ora diffondono la propaganda di Kiev erano del tutto ignari dei drammatici avvenimenti in Ucraina, cercando di fornire un resoconto accurato delle sofferenze del popolo ucraino vittima di una guerra civile scatenata dalle forze neonaziste ucraine. Sofferenze ignorate dai media italiani. Dall’inizio del conflitto NATO contro la Russia combattuto in Ucraina Lucidi ha riportato equamente i drammatici fatti bellici direttamente sui campi di battaglia. Questi reportage scomodi, hanno portato a una serie di attacchi mirati contro la sua persona condotti da chi tra giornalisti e politici vuole soffocare ogni narrazione dei fatti contraria alla grottesca propaganda di Kiev e alla “Verità Ufficiale” della NATO.
La vicenda affonda le sue radici in una serie di attacchi mediatici che hanno preso di mira il giornalista, noto per le sue posizioni scomode e per la sua indipendenza editoriale. Gli attacchi contro Lucidi non si sono limitati alla critica professionale, ma hanno assunto progressivamente contorni decisamente più gravi, con episodi di intimidazioni e minacce personali.
Tra i principali episodi, spicca la diffusione di fake news, come la presunta detenzione di un passaporto diplomatico russo da parte di Andrea, chiaramente smentita dallo stesso giornalista. Tale bufala rappresenta uno strumento di delegittimazione volto a screditare la sua professionalità e a soffocare la libertà d’informazione. Serve inoltre per rafforzare l’assurda e grottesca accusa che vede questo coraggioso giovane giornalista all’interno di un diabolico piano russo di disinformazione teso a minare la coesione all’interno dell’Unione Europea e della NATO.
La campagna mediatica contro Lucidi si è caratterizzata anche per l’uso di titoli sensazionalistici e linguaggi volutamente aggressivi. Alcuni quotidiani nazionali e portali online hanno ripetutamente etichettato il giornalista come “favorito del Cremlino” o “portavoce della propaganda russa”, senza mai fornire prove concrete a sostegno di tali accuse. Questo tipo di narrativa, che punta a screditare il professionista attraverso insinuazioni e generalizzazioni, è divenuto un leitmotiv per alcuni media mainstream italiani che hanno contatti “privilegiati” e redditizi con la macchina di propaganda UE e NATO a Bruxelles.
Un esempio emblematico è rappresentato da un servizio pubblicato da una testata di rilevanza nazionale che, senza alcuna verifica dei fatti, ha accusato Lucidi di “influenza indebita” nella sfera pubblica italiana. Tale servizio ha citato, in maniera distorta, alcuni interventi del giornalista durante conferenze e dibattiti sul conflitto ucraino, decontestualizzando le sue parole e alimentando un clima di sospetto nei suoi confronti.
Secondo ulteriori reportage, alcuni editorialisti hanno persino invitato apertamente alla marginalizzazione di Andrea all’interno del panorama mediatico italiano. Tali atteggiamenti, oltre a violare i principi fondamentali della deontologia giornalistica, rappresentano un pericoloso precedente che rischia di colpire altri professionisti impegnati a promuovere un’informazione pluralista e indipendente.
La situazione è ulteriormente degenerata con l’intervento di esponenti politici di spicco parlamentari e europarlamentari del PD. Una nota parlamentare PD, ha contribuito a costruire una narrazione tossica contro Andrea, accusandolo di posizioni filorusse e richiedendo un controllo sempre più stringente sulla libertà di opinione.
Ancora più grave l’azione di un’altra tristemente nota europarlamentare PD, che ha espresso preoccupazioni riguardo alle attività di Andrea, per la sua partecipazione ad eventi pubblici di informazione sul conflitto ucraino da lei giudicati propaganda pro-Putin. In particolare, questo politico PD ha citato la partecipazione di Andrea a una conferenza a Modena intitolata “Mariupol. Rinascita dopo la guerra”, giudicando l’intervento un palese atto promotore della narrativa favorevole al Cremlino. Inoltre, l’europarlamentare PD ha co-firmato un’interrogazione parlamentare alla Commissione Europea, sollevando dubbi sull’utilizzo di fondi europei in eventi di libera informazione da lei considerati come propaganda filorussa. *
Questo personaggio é famoso sui social per i suoi fanatici interventi stracolmi di russofobia e inneggianti alla guerra ad oltranza contro la Russia, tanto a crepare sono le centinaia di migliaia di giovani ucraini. Oltre 700.000 già morti secondo i dati dell’intelligence americana consegnati sabato 25 gennaio al rappresentante speciale di Trump per l’Ucraina, Kellogg. Non mancano ovviamente suoi post a favore del governo teocratico di Tel Aviv e post negazionisti contro il genocidio in atto a Gaza.
In risposta a queste accuse, Andrea ha duramente criticato l’atteggiamento di questo europarlamentare PD definendolo un chiaro tentativo di censura e repressione della libertà d’espressione. “Ella si accanisce contro di me per le mie attività professionali”, ha dichiarato il giornalista, sottolineando come tali azioni rischino di legittimare pericolosi fenomeni di dossieraggio e intimidazione.
Infatti le campagne diffamatorie alimentate dai media e dai politici hanno creato un terreno fertile per il proliferare di minacce e dossieraggi contro Lucidi iniziate nell’agosto 2024 quando Andrea ha ricevuto sul social X gravi minacce di morte da parte di estremisti italiani e ucraini proprio durante un suo reportage dalle zone di conflitto nel Donbassa. I post invitavano i militari ucraini, in particolare quelli dei reggimenti ultranazionalisti, a considerare Andrea come bersaglio di guerra giustificato e prioritario. Un misterioso utente X che afferma di addestrare cecchini ucraini a Kharkov ha dichiarato su X: “Io insegno ai cecchini ucraini a far fuori i coglioni come te, hai una croce segnata sulla schiena”.
Dinnanzi a queste palesi minacce di morte Andrea invitò a riflettere sull’uso scorretto delle piattaforme social che non devono essere trasformate in strumenti per veicolare odio, diffamazione e minacce, sottolienando che tali pratiche rappresentano un pericolo per la libertà di stampa e il dibattito democratico in Italia.
La situazione è degenerata nelle ultime settimane al punto che estremisti Slava Ukrainii, hanno iniziato a prendere di mira il giornalista e i suoi familiari, alimentando un clima di violenza e insicurezza. Questo tipo di intimidazione non solo rappresenta una grave violazione dei diritti umani e della libertà di stampa, ma rischia di avere conseguenze drammatiche per la sicurezza personale di Andrea e dei suoi cari. La strategia del dossieraggio, che punta a raccogliere informazioni personali per intimidire e screditare, è un sintomo di una società che sta abdicando ai principi fondamentali del dibattito democratico. Purtroppo sembra che siamo passati allo stadio superiore in quanto il dossieraggio non punta più a screditare Andrea ma a creare i presupposti affiché qualcuno compi un’atto irreparabile di violenza estrema contro di lui o contro suoi familiari e amici.
La campagna contro Andrea in Italia corre parallelamente alla pericolosa campagna in Ucraina contro il giornalista italiano. Andrea é stato inserito nella KILLING LIST (la lista della morte) del sito “Mirotvoretz” gestito dai servizi di sicurezza ucraini. Questa lista raccoglie i nomi di individui considerati ostili all’Ucraina da eliminare successivamente. In questa lista era stato inserito anche il giornalista Andrea Rocchelli, ucciso in Dombass dal elementi neonazisti dell’esercito ucraino il 24 maggio 2014 durante un suo reportage nel Donbass.
Rocchelli era un fotoreporter freelance, cofondatore del collettivo fotografico Cesura, ed era impegnato nella documentazione delle condizioni di vita della popolazione civile nel contesto della guerra tra le forze ucraine e i separatisti ucraini. Come Lucidi, Rocchelli prima di essere assassinato fu oggetto di una campagna di diffamazione e intimidazione sui social ucraini. Andrea stesso ha confermato la sua inclusione in questa lista nel giugno 2023, esprimendo preoccupazione per le possibili conseguenze.
Successivamente, nell’agosto 2024, il giornalista ucraino Vladislav Maistrouk vicino agli ambienti neonazisti ucraini e alla SBU con contatti tra i giornalisti e media italiani più impegnati nella diffusione di odio, sostegno al conflitto in Ucraina e contro Lucidi, ha pubblicato su X un ultimatum rivolto ad Andrea: “Consegnati all’esercito ucraino. In tal caso la pena da scontare sarà ridotta”. Queste dichiarazioni hanno sollevato seri interrogativi sulla possibilità che le autorità militari ucraine stiano cercando Andrea Lucidi. A prova di questi timori le autorità ucraine hanno segnalato alla Farnesina la situazione di Lucidi, accusandolo di risiedere illegalmente nei territori occupati dai russi e di svolgere attività propagandistiche a favore del Cremlino. Tuttavia non risulta che il governo italiano abbia deciso di intrapprendere azioni legali contro Andrea. Di fronte a queste pressioni, nel novembre 2024, Andrea Lucidi ha richiesto la cittadinanza russa, dichiarando di voler proteggere la propria libertà di movimento e continuare il suo lavoro giornalistico senza restrizioni.
In un contesto già polarizzato, il linguaggio utilizzato da questi noti media italiani (stranamente simile a quello utilizzato da Maistrouk: il moderno Volodymyr Kubiyovych e dal regime di Kiev) ha avuto l’effetto di esasperare ulteriormente le tensioni. L’uso di slogan aggressivi, la manipolazione delle informazioni e la semplificazione eccessiva di temi complessi hanno contribuito ad alimentare pregiudizi, rancori e odio.
È innegabile che i media abbiano una responsabilità cruciale nel determinare il tono del dibattito pubblico. Tuttavia, in questo caso, questi organi di stampa sembrano aver abdicato al loro ruolo di garanti della verità e della pluralità, trasformandosi in strumenti di propaganda e di linciaggio mediatico. La stessa dinamica si è verificata nei confronti di altri giornalisti, come Vincenzo Lorusso, che ha subito attacchi analoghi.
Dal canto loro, i politici del PD che hanno fomentato questa campagna d’odio devono assumersi la responsabilità delle loro azioni. Accusare un giornalista di propaganda filorussa senza prove concrete, non è solo una grave violazione dei principi democratici, ma rappresenta anche un pericoloso precedente che potrebbe essere utilizzato per giustificare future repressioni contro la libertà di stampa.
La situazione descritta solleva interrogativi profondi sullo stato della libertà di stampa e sulla qualità del dibattito pubblico in Italia. In un mondo sempre più polarizzato, la comunicazione aggressiva e divisiva rischia di diventare la norma, con conseguenze devastanti per la coesione sociale e la democrazia.
In questo contesto, l’appello di Papa Francesco a “disarmare la comunicazione” assume un significato particolarmente rilevante. Alla vigilia del Giubileo dei comunicatori, celebrato sabato 25 gennaio a San Pietro, il Pontefice ha sottolineato l’importanza di “purificare” la comunicazione dall’aggressività e di trasmettere speranza in un tempo caratterizzato da disinformazione e polarizzazione. “Bisogna disarmare la comunicazione, cioè purificarla dall’aggressività, che è il nemico della convivenza civile. Bisogna promuovere un uso delle parole che costruisca e non distrugga, che unisca e non divida, che valorizzi e non disprezzi”, ha affermato Papa Francesco.
Il caso di Andrea Lucidi non è solo un attacco personale, ma un monito su ciò che può accadere quando il dibattito pubblico viene avvelenato da odio, diffamazione e intolleranza politica. È fondamentale che la società civile, i media e i rappresentanti politici si impegnino a difendere i principi fondamentali della democrazia, tra cui la libertà di stampa e il rispetto delle opinioni altrui. È tempo di abbandonare il linguaggio dell’odio e le trame occulte quanto nefaste contro giornalisti “non allineati” per promuovere, al contrario, un dialogo basato sul rispetto e sulla comprensione reciproca. Solo così sarà possibile costruire una società più giusta e inclusiva, in cui la libertà di espressione non sia mai più messa in discussione ed evitare il risorgere della mostruosità nazifascista.
Aurelio Tarquini
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