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I giudici gli hanno concesso i domiciliari perché molto malato, Antoci: “No alle scorciatoie per i boss al 41bis”
Il tribunale di Sorveglianza di Bologna ha concessogli arresti domiciliari ad Ernesto Fazzalari, boss della ‘Ndrangheta condannato a 30 anni e detenuto al 41 bis, il secondo latitante più ricercato dopo Messina Denaro fino al giugno 2016, quando venne arrestato. A Fazzalari è stata diagnosticata in carcere una grave patologia e per questo il suo difensore, l’avvocato Antonino Napoli, ha fatto istanze per chiedere il differimento della pena o la detenzione domiciliare. La decisione del tribunale di Sorveglianza di Bologna arriva dopo che la Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi della difesa, ha annullato ben tre ordinanze di rigetto del differimento della pena o della concessione della detenzione domiciliare, una emessa dal Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila e due ordinanze emesse del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, in seguito al trasferimento di Fazzalari presso il centro diagnostico e terapeutico del carcere di Parma. Ernesto Fazzalari era stato condannato all’ergastolo nel processo “Taurus”, pena successivamente ridotta a 30 anni dalla Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria, ed è stato arrestato dopo oltre 20 anni di latitanza. Durante questo periodo era stato inserito al secondo posto, dietro il solo Matteo Messina Denaro, nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità. In seguito al suo arresto, avvenuto il 26 giugno 2016, a Trepitò, in provincia di Reggio Calabria, Fazzalari è stato sottoposto al regime del 41 bis e durante la sua detenzione gli è stata diagnosticata una grave patologia che ha indotto la difesa, rappresentata dall’avvocato Antonino Napoli, a chiedere il differimento della pena o la detenzione domiciliare. ”Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna concedendo la detenzione domiciliare a Fazzalari ha di fatto applicato il principio di civiltà giuridica che sancisce la prevalenza del diritto alla salute come garanzia della dignità del detenuto e dell’umanità della pena” ha commentato il legale. “Nel rispetto rigoroso della malattia di Fazzalari e del suo diritto alle cure ritengo tale decisione un segnale negativo. Un sistema carcerario che manda a casa un boss che è al 41 bis per curarsi è un sistema del tutto inadeguato e fallimentare, che consente inammissibili scorciatoie rispetto alle esigenze di sicurezza volte ad evitare che il mafioso dia ordini ai suoi sodali”, ha commentato Giuseppe Antoci, eurodeputato del M5S e presidente della Commissione Politica DMED del Parlamento Europeo e membro della Commissione Giustizia a Bruxelles. “D’altronde, come si può immaginare che il boss ai domiciliari perché malato non faccia frequenti visite mediche in ospedale, con enorme dispendio di uomini e mezzi per garantire il regime di sicurezza cui è sottoposto? A quel punto il contatto con l’esterno diventa molto probabile – ha continuato Antoci -. È invece nelle strutture carcerarie che si devono fornire le cure adeguate, nel pieno rispetto del diritto alla salute del detenuto; come è accaduto per Matteo Messina Denaro. Un boss mafioso che va ai domiciliari per curarsi torna ad essere pienamente operativo: si vuole forse lanciare un messaggio di indulgenza alle organizzazioni mafiose?”. “Il tema non è quello di uno Stato che si vendica ma di uno Stato che abbia la capacità di attuare il giusto bilanciamento fra la sicurezza pubblica e il giusto diritto alle cure che, nella fattispecie e come già fatto per capi mafia come Matteo Messina Denaro ed altri, poteva essere salvaguardato – ha affermato l’eurodeputato -. Comprendo che è un tema scivoloso ma mi sento di rappresentare la preoccupazione di tanti cittadini che, se si dovesse cominciare a seguire questa scia, potrebbero veder tornare a casa, nei propri territori, una sfilza di componenti di famiglie mafiose. Su questo penso che vada posto un campanello di allarme”.
Foto © Imagoeconomica
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