Articolo di Agata Scarafilo
Già sul nascere dell’anno 2023 siamo stati tra i primi, prendendo spunto da una sentenza della Cassazione, la n. 32213/2022, a trattare del diritto negato nel mondo della scuola dei buoni pasto (https://scuolaconsulting.com/diritto-al-buono-pasto-se-si-lavora-piu-di-6-ore/steschiavone-ss/).
Nel citato articolo evidenziavamo come, nonostante la sentenza non fosse rivolta al mondo della scuola, i giudici ermellini aprivano scenari giurisprudenziali applicabili, altresì, al personale docente, ATA e dirigenziale in servizio per più di sei ore giornaliere.
Sono passati due anni da allora ed intorno ad un diritto, per anni negato, finalmente il mondo sindacale e politico ha iniziato ad attenzionare quella che potrebbe annoverarsi come una violazione, altresì, di un diritto tutelato dalle norme comunitarie.
Infatti, nel trattare di organizzazione dell’orario del lavoro e di equità retributiva, le norme sovranazionali sanciscono principi finalizzati a garantire livelli generali di protezione dei lavoratori degli stati membri dell’UE.
Con i buoni pasto si è in presenza di un istituto che trova riscontro nella disciplina europea dell’organizzazione dell’orario di lavoro che, sulla base altresì dei Trattati, è sempre stata collegata alla promozione del miglioramento dell’ambiente di lavoro.
Un caposaldo nella trattazione in essere è senza alcun dubbio la Direttiva 22/06/2000 n. 34 – 00/34/CE (G.U.E. 01/08/2000 n. 195)
Una Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che ha modificato la Direttiva 93/104/CE concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro.
È bene ricordare a tale riguardo che questa direttiva è stata recepita nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. 66/2003.
Insomma, di anni ne sono passati, ma per onestà intellettuale c’è anche da evidenziare che il diritto negato dei buoni pasto nelle scuole è emerso particolarmente a seguito dell’adozione della settimana corta in quasi tutte le scuole d’Italia.
La riduzione, infatti, da 6 a 5 giorni la settimana (dal lunedì al venerdì) ha ovviamente aumentato le ore di permanenza nelle scuole.
In particolar modo del personale ATA (DSGA, AT, AA e CS) e dei Dirigenti Scolastici che, prestando servizio per 36 ore settimanali lavora, in regime di settimana corta, giornalmente 7 ore e 12 minuti o comunque, in base alle turnazioni pomeridiane, sempre più di 6 ore settimanali (elemento basilare per il riconoscimento del buono pasto).
Ciò tuttavia non esclude i docenti che, in base all’articolazione delle ore di lavoro e delle progettualità, potrebbero beneficiare del medesimo diritto in alcune giornate della settimana.
Il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva, ma costituisce un’erogazione di carattere assistenziale (Cass. civ., sez. lav., 28 novembre 2019, n. 31137)
Riconosciuta dai rispettivi CCNL a tutti i lavoratori delle Pubbliche Amministrazioni, tra le quali, ricordiamo, rientrano anche le scuole in applicazione all’art. 1 comma 2 del D. Lgs 165/2001.
Tuttavia, mentre la Provincia autonoma di Trento, da anni, ne ha riconosciuto al personale scolastico il diritto, ciò non accade per le restanti scuole d’Italia.
Quindi, di fatto si assiste non solo una disparità di trattamento tra i cittadini dell’Unione Europea, ma anche all’interno dello stesso territorio italiano che rende ancora più incisiva la negazione di un diritto già riconosciuto e non già da riconoscere, perché semmai è da riconoscerne l’attribuzione.
Il ristoro economico forfettario è, infatti, già costituzionalmente garantito, in quanto correlato alla modalità di espletamento della prestazione lavorativa da parte del singolo dipendente pubblico.
C’è da aggiungere, per di più, che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha perfino stabilito che i buoni pasto siano da attribuire al lavoratore anche nelle di giornate di ferie
Ciò al fine non solo del riconoscimento del medesimo trattamento economico delle giornate lavorative, ma affinché il lavoratore non venga disincentivato del godimento delle stesse.
Di recente Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 25840 del 27 settembre 2024, sempre nel trattare di buoni pasto, ha richiamato i principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea evidenziandone che hanno efficacia vincolante (elemento basilare).
Insomma, se in ambito sovranazionale si è andati già oltre andando a riconoscere, nell’ambito del diritto, i casi particolari, noi, purtroppo, a livello nazionale siamo ancora fermi al principio generale.
È, senza alcun dubbio, il tempo del cambio di rotta
Il diritto (per gli ulteriori riferimenti normativi si rimanda all’articolo del 2023 linkato nelle premesse) già è sancito e, ora, c’è anche l’attenzione da parte dei sindacati e del mondo politico, ma mancano gli sviluppi legislativi e contrattuali del vero cambiamento a beneficio del personale scolastico che presta servizio per più di 6 ore giornaliere.
Se ciò non dovesse accadere ad intra nel breve termine, i tempi sono maturi, però, per avviare la procedura comunitaria finalizzata al riconoscimento della violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e della normativa comunitaria, con sviluppi che potrebbero essere molto interessanti anche per il recupero degli ultimi cinque anni del diritto negato.
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