Cinquanta anni fa, l’Italia si svegliava con una notizia destinata a scuotere profondamente non solo il mondo della cultura, ma l’intero Paese. Era il 2 novembre 1975, giorno dedicato ai morti, quando il corpo senza vita di Pier Paolo Pasolini fu trovato in un campo abbandonato di Ostia, alla periferia di Roma. Pestato selvaggiamente, quasi con ferocia rituale, e poi travolto dalla sua stessa automobile: così moriva uno degli intellettuali più controversi, amati e criticati del dopoguerra. La scena del crimine, nella sua brutalità , divenne subito un simbolo inquietante, l’ennesimo capitolo oscuro di una stagione italiana già densa di ambiguità , violenze e complotti.
Proprio per non dimenticare l’omicidio di Pasolini, per riflettere sulla sua opera e sul ruolo cruciale che ha avuto nella cultura italiana del dopoguerra, è stata allestita la mostra Pasolini Poco Percorso, che inaugurerà martedì prossimo, 21 gennaio, alle ore 18.00 presso Kasa dei Libri (Milano). Questa esposizione non pretende di rivelare nuove verità sulla tragica notte di Ostia, ma offre un’opportunità preziosa per immergersi nella poliedrica produzione intellettuale di Pasolini. Andare a vedere la mostra significa scoprire – o riscoprire – il Pasolini poeta, narratore, saggista e cineasta, ripercorrendo la sua straordinaria carriera attraverso materiali poco conosciuti e spesso dimenticati, che contribuiscono a restituire una figura di inestimabile valore per la nostra storia culturale.
Un omicidio che ancora interroga
Il delitto Pasolini, per quanto tragico, non rappresenta solo un fatto di cronaca nera, ma una ferita collettiva che ancora oggi suscita domande, dubbi e indignazione. Le circostanze di quella notte rimangono avvolte nel mistero: un presunto responsabile, Pino Pelosi, allora appena diciassettenne, e una confessione che negli anni ha sollevato più sospetti che certezze. Era davvero un delitto a sfondo personale, come suggerirono le prime ricostruzioni ufficiali, o vi era un disegno più ampio dietro la morte di un uomo che non aveva mai smesso di denunciare i mali del potere, l’ipocrisia della società e la corruzione delle istituzioni?
In un’epoca già segnata da stragi e delitti rimasti irrisolti, come quelli di Piazza Fontana e della strategia della tensione, la morte di Pasolini sembra inserirsi in un mosaico di enigmi. Tuttavia, il lascito più grande di questa vicenda non è solo la ricerca di una verità negata, ma la straordinaria eredità culturale e intellettuale di un uomo che ha saputo raccontare l’Italia con una lucidità impareggiabile, dalle sue periferie più dimenticate fino ai salotti del potere, che tanto disprezzava.
Il senso di una commemorazione
Nel cinquantennale della sua scomparsa, riflettere sulla figura di Pasolini significa non solo ricordare l’uomo e l’artista, ma interrogarsi sul valore della sua opera nel presente. Le sue poesie, i suoi romanzi, i suoi saggi e i suoi film, animati da una continua tensione tra amore e denuncia, rappresentano un corpus unico nel panorama culturale del Novecento. E proprio da questa straordinaria varietà di opere prende spunto la mostra Pasolini Poco Percorso, un’occasione per esplorare le mille sfaccettature di un intellettuale che continua a interrogarci, provocare e commuovere.
Il contesto di una stagione inquieta
Gli anni ’70 in Italia furono segnati da tensioni politiche, violenze e una profonda crisi sociale. Il delitto Pasolini non fu solo un fatto di cronaca nera, ma un evento che si inserì in una stagione di grande instabilità , in cui si alternavano omicidi misteriosi, trame oscure e conflitti ideologici. Per molti, la sua morte rappresenta un simbolo di quel periodo confuso e inquieto, in cui intellettuali come Pasolini, con le loro voci scomode, si trovavano spesso al centro di polemiche e contrapposizioni.
Una vita dedicata alla parola e all’immagine
Nonostante le ombre sulla sua morte, ciò che resta luminoso e straordinario è il patrimonio culturale lasciato da Pasolini. Poeta, narratore, saggista, cineasta e polemista, PPP ha attraversato il panorama culturale italiano del dopoguerra con una forza dirompente. Dai versi in friulano alle poesie in italiano, dai romanzi come Ragazzi di vita e Una vita violenta ai film che hanno rivoluzionato il linguaggio cinematografico, come Il Vangelo secondo Matteo e Salò o le 120 giornate di Sodoma, la sua produzione artistica è stata caratterizzata da una continua tensione tra amore per la vita e denuncia del potere.
La mostra Pasolini Poco Percorso
Per celebrare e approfondire la figura di Pasolini, martedì 21 gennaio alle ore 18.00 inaugurerà Pasolini Poco Percorso, una mostra che non pretende di rivelare nuove verità sul delitto del 1975, ma di ripercorrere la straordinaria produzione del poeta e intellettuale. Si parte dai suoi primi scritti, come una noterella pubblicata su una rivista del GUF di Bologna, fino all’ultimo libro che stava leggendo sei ore prima della morte. In mostra ci saranno poesie, invettive contro i potenti e contro gli studenti, opere ispirate alla vita e dialoghi con i classici attraverso traduzioni e riscritture.
Pasolini Poco Percorso si presenta come un’occasione unica per esplorare le mille sfaccettature dell’intellettuale e artista. La mostra prende il via dal più antico scritto di Pasolini, pubblicato appunto su una rivista del GUF di Bologna e raramente incluso nelle bibliografie ufficiali, per arrivare fino all’ultimo libro che stava leggendo sei ore prima della sua morte. In mezzo, un viaggio che attraversa le sue poesie in friulano e in italiano, i romanzi come Ragazzi di vita e Una vita violenta, i saggi corrosivi e i film che hanno riscritto il linguaggio cinematografico.
Ma non solo: l’esposizione include invettive contro i potenti e contro gli studenti, traduzioni e riscritture dei classici, e persino contributi su quotidiani, riviste colte e popolari. Pasolini era un intellettuale onnipresente, capace di scrivere letteralmente dappertutto e di esplorare ogni mezzo espressivo. Andare a vedere questa mostra significa non solo conoscere un aspetto del suo lavoro, ma scoprire materiali poco battuti che offrono un ritratto più completo di una figura centrale nella cultura italiana.
Perché visitare la mostra
Pasolini Poco Percorso non è solo una celebrazione della sua opera: è un invito a riflettere su un’epoca complessa e sulla straordinaria capacità di Pasolini di raccontarla con sguardo critico e visionario. È una mostra per chi lo ama, ma anche per chi lo conosce poco, perché chiunque vi troverà qualcosa di inaspettato: scritti, poesie, riflessioni che parlano ancora al presente, con una forza e un’attualità sorprendente.
Un’opera poliedrica, una figura centrale
Pasolini scriveva ovunque: sui quotidiani, settimanali, riviste colte e popolari. Era un intellettuale onnipresente, capace di spaziare tra generi e linguaggi diversi, sempre con una voce unica e provocatoria. La mostra evidenzia proprio questo aspetto: molti scritti poco conosciuti – o addirittura dimenticati – che contribuiscono a ricostruire la complessità di una figura che ha segnato profondamente l’Italia del dopoguerra.
Tra dubbi e certezze, un’eredità immortale
Cinquant’anni dopo, il delitto Pasolini resta un simbolo delle contraddizioni di un’epoca e delle ombre che ancora avvolgono la nostra storia recente. Ma il valore della sua opera, la forza delle sue parole e la profondità del suo pensiero continuano a brillare, offrendo spunti di riflessione per comprendere non solo il passato, ma anche il presente. In questo senso, ripercorrere la vita e l’opera di Pasolini significa mantenere viva una delle voci più potenti e originali della cultura italiana.
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