UNIMPRESA * MPS – MONTE PASCHI SIENA: «INTERVENTI PUBBLICI E PRIVATI DAL 2012, COSTO 20 MILIARDI»

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18.29 – domenica 26 gennaio 2025

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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Gli interventi pubblici e privati completati dal 2012 per salvare il Monte dei Paschi di Siena hanno comportato un costo complessivo di circa 20 miliardi di euro. L’importo, che comprende 12 miliardi di risorse pubbliche e 8 miliardi a carico di azionisti privati, rappresenta uno sforzo senza precedenti per stabilizzare una banca storica, in più fasi costretta ad affrontare forti difficoltà, oggi completamente risanata, tornata all’utile e in grado di giocare un ruolo diverso, da protagonista, nel riassetto della finanza italiana ed europea.

«Dopo decine di miliardi necessari a evitare un fallimento, quello del Monte dei Paschi di Siena, nel labirinto delle complesse vicende del nostro sistema bancario, l’operazione che vede proprio Mps poter unire le forze con Mediobanca rappresenta non solo una svolta storica, ma un esempio di visione strategica per la messa in sicurezza dei risparmi degli italiani. È un progetto che mette al centro la tutela dei depositi delle famiglie, il sostegno alle imprese e la stabilità del nostro fragile ecosistema economico. Con l’accordo di fusione, non assisteremo semplicemente alla nascita di un nuovo colosso bancario. Assisteremo a un’operazione di politica industriale che dimostra come sia possibile ripensare il futuro finanziario del Paese senza lasciare nessuno indietro. In questo contesto, l’auspicabile blocco dell’accordo tra Generali e Natixis segnerebbe una chiara vittoria per l’indipendenza del sistema bancario italiano. Rifiutando di cedere al gioco dei grandi player internazionali, Mediobanca e Mps potranno difendere le proprie radici, scegliendo di guardare avanti con coerenza e coraggio» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, dal 2012, lo Stato italiano è intervenuto in più occasioni per garantire la continuità operativa di Mps. Tra le principali operazioni figurano i “Monti Bond” del 2012, per un totale di 3,9 miliardi, e la ricapitalizzazione precauzionale del 2017, che ha visto un esborso diretto di 5,4 miliardi. A queste cifre si sommano le perdite legate al deprezzamento delle azioni detenute dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e i costi impliciti delle garanzie statali sulle obbligazioni emesse dalla banca. Anche gli azionisti privati hanno pagato un prezzo elevato, con perdite stimate in circa 8 miliardi. Le ripetute ricapitalizzazioni hanno spesso comportato una forte diluizione del capitale, mentre l’incertezza sul futuro dell’istituto ha penalizzato il titolo in borsa, contribuendo a una perdita di fiducia nel settore. L’impatto di questa vicenda non si è limitato agli azionisti e ai contribuenti. La crisi di Mps ha avuto effetti sistemici sul mercato bancario italiano, aumentando i costi di finanziamento per le altre banche e generando incertezze che hanno rallentato l’economia, ma adesso il quadro è drasticamente diverso, ribaltato.

Ecco i dettagli degli interventi pubblici. Ricapitalizzazioni (2012-2025): 2012: primo intervento significativo dello Stato con i “Monti Bond”, un prestito subordinato da 3,9 miliardi di euro; questo strumento è stato rimborsato solo parzialmente, con perdite residue per il Tesoro italiano. Nel 2017, l’operazione di “ricapitalizzazione precauzionale”, con un impegno pubblico di 5,4 miliardi di euro, equivalente al 68% del capitale della banca, secondo le normative europee sul burden sharing. Tra il 2021 e il 2024, ulteriori interventi indiretti legati alla gestione dei crediti deteriorati (NPE) e all’utilizzo delle DTA (Deferred Tax Assets), con benefici stimati in circa 3 miliardi di euro: garanzie statali, con l’utilizzo delle garanzie pubbliche per sostenere l’emissione di bond e assicurare la liquidità della banca durante le crisi di fiducia ha comportato costi impliciti per il sistema economico; perdite legate alla gestione del capitale pubblico. Dal 2017 al 2024, il valore delle azioni detenute dallo Stato si è deprezzato, con perdite stimate in circa 2 miliardi a causa della sottoperformance del titolo rispetto al settore bancario. Vanno poi ricordati i contributi privati, a cominciare da quelli degli azionisti che hanno partecipato alle ricapitalizzazioni successive al 2012, spesso in condizioni di forte diluizione del capitale, con perdite complessive che superano i 4 miliardi di euro.

«L’operazione tra Mps e Mediobanca, dunque, non è solo numeri e bilanci: è una garanzia per i milioni di italiani che hanno affidato i loro risparmi alle banche del territorio. Per la prima volta dopo anni di incertezze e crisi, possiamo dire che il sistema bancario italiano sta riscrivendo il proprio destino. La sinergia tra Mps e Mediobanca può creare un terzo polo solido, resiliente e fortemente radicato nel tessuto economico nazionale. Una struttura capace non solo di generare valore per gli azionisti, ma anche di offrire protezione a famiglie e imprese contro le turbolenze dei mercati globali. Un plauso va anche al governo, che ha saputo accompagnare questa transizione senza interferenze, ma con un ruolo di vigilanza attiva. È la dimostrazione che la lezione delle crisi passate non è stata dimenticata: il sistema bancario italiano può e deve evolvere, senza scaricare i costi delle sue trasformazioni sui contribuenti» aggiunge il presidente di Unimpresa.

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