Abusivismo edilizio: il decorso temporale non sana le irregolarità

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La sentenza del TAR Lazio conferma che il decorso temporale non legittima gli abusi edilizi, rafforzando l’obbligo di demolire opere prive di autorizzazioni in aree soggette a vincolo paesaggistico.

In Italia, il rispetto delle norme edilizie e paesaggistiche è un principio fondamentale per garantire la tutela del territorio. Tuttavia, accade spesso che opere abusive vengano tollerate per anni, creando l’errata convinzione che il trascorrere del tempo possa legittimarle. Una recente sentenza del TAR Lazio ha ribadito con fermezza che il decorso temporale non rende legittimo ciò che è nato come abusivo.

Il caso esaminato riguarda opere realizzate senza autorizzazioni in un’area agricola vincolata, per le quali il Comune ha emesso un’ordinanza di demolizione. Nonostante l’abuso risalisse a decenni prima, il tribunale ha confermato che la violazione delle normative edilizie e paesaggistiche richiede sempre l’intervento dell’amministrazione per ripristinare la legalità.

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Ma perché il tempo non cancella l’abusivismo edilizio? Quali sono le regole che tutelano il paesaggio e come vengono applicate in casi simili? Scopriamo insieme i dettagli di questa importante sentenza.

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Il caso esaminato: abuso edilizio in un’area vincolata

Il caso trattato dal TAR Lazio riguarda un terreno situato in un’area agricola qualificata come “di pregio paesaggistico” dal Piano Regolatore Generale del Comune di Bracciano. Nel 2020, durante un sopralluogo, la Polizia Locale ha accertato la presenza di opere edilizie realizzate senza i necessari permessi. Tra queste figurano un piazzale in calcestruzzo di 138 metri quadrati, una scala in muratura, un muro di contenimento in blocchi di tufo e un piccolo immobile, completo di impianti e finiture residenziali.

Le opere sono state contestate in quanto prive di permessi edilizi e autorizzazioni paesaggistiche, richiesti per interventi in aree tutelate da vincoli ambientali. Il Comune, quindi, ha emesso un’ordinanza di demolizione per ristabilire lo stato originario dei luoghi e far rispettare le normative vigenti.

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Il proprietario ha impugnato l’ordinanza sostenendo che gli abusi erano stati realizzati prima del 2009, anno in cui l’area ha perso la sua destinazione edificabile per diventare agricola e vincolata. Inoltre, ha argomentato che alcune opere erano necessarie per garantire la stabilità del terreno, caratterizzato da particolari condizioni orografiche.

Il TAR, con la sentenza n° 20116 del 2024, ha respinto il ricorso, sottolineando l’assenza di prove che dimostrassero l’effettiva realizzazione degli interventi in un periodo antecedente al cambio di destinazione d’uso del terreno. La sentenza ha ribadito che il decorso del tempo non può mai sanare un abuso edilizio, in particolare in aree soggette a vincolo paesaggistico. Anche eventuali problematiche di stabilità del terreno, secondo il tribunale, devono essere affrontate in fase esecutiva, ma non costituiscono un motivo valido per annullare un ordine di demolizione.

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La normativa violata

La sentenza del TAR Lazio si basa sull’applicazione rigorosa di diverse normative edilizie e paesaggistiche, che il proprietario del fondo non ha rispettato al momento della realizzazione delle opere. In particolare, le disposizioni citate nella sentenza richiamano il DPR 380/2001, noto come Testo Unico dell’Edilizia, e il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004). Questi due pilastri normativi regolano sia l’attività edilizia sia la tutela delle aree vincolate.

Nello specifico, il Comune ha contestato la mancata acquisizione del permesso di costruire, obbligatorio ai sensi dell’articolo 3 del DPR 380/2001, per tutte le opere che modificano in modo permanente lo stato dei luoghi, specie in aree sottoposte a vincolo paesaggistico. Inoltre, è stata evidenziata l’assenza dell’autorizzazione paesaggistica richiesta dall’articolo 146 del D.Lgs. 42/2004, indispensabile per interventi che interessano aree tutelate.

Un altro aspetto rilevante è la violazione degli articoli 94 e 95 del DPR 380/2001, relativi alle opere in cemento armato. La normativa impone, per questo tipo di interventi, la denuncia preventiva al Genio Civile, insieme all’autorizzazione, per garantire la sicurezza strutturale e prevenire rischi per l’ambiente circostante.

Il TAR ha chiarito che l’assenza di tali autorizzazioni costituisce una violazione grave, a prescindere dal tempo trascorso dalla realizzazione delle opere. Anche la normativa sulla demolizione (articolo 31 del DPR 380/2001) è stata determinante: essa prevede che l’ordine di demolizione venga emesso automaticamente in presenza di un abuso accertato, senza necessità di ulteriori valutazioni da parte dell’amministrazione.

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In questo contesto, la sentenza ha ribadito che il vincolo paesaggistico prevale sempre sull’interesse privato, richiamando anche precedenti della giurisprudenza amministrativa, come le pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Queste hanno sancito che la tutela del territorio e dell’ambiente è una priorità assoluta, e l’obbligo di demolizione è un atto dovuto per ristabilire la legalità.

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