«La prima cosa che bisognerebbe fare è mantenere la complessità della lettura del momento, perché le semplificazioni fanno un torto a tutti i ragionamenti». Suona così, la premessa di Ariel Dello Strologo alla sua analisi del peso della Giorno della Memoria in uno degli anni forse più difficili per celebrarlo. Tra estreme destre al potere, i nostalgismi e il negazionismo di certa politica, un dibattito sempre più polarizzato e le immagini lontane e insieme così vicine del saluto romano di Elon Musk al giuramento del governo degli Stati Uniti e della Striscia di Gaza rasa al suolo dai bombardamenti israeliani dell’ultimo anno e mezzo. «Il Giorno della memoria – riflette l’avvocato, consigliere comunale in quota dem, già guida della Comunità ebraica genovese – dovrebbe servire a rafforzare i nostri anticorpi democratici davanti a tutto questo».
Come si “difende”, il Giorno della Memoria in questa fase così difficile sulla scena mondiale?
«Vanno recuperate le ragioni per cui è stato istituito. Allora l’obiettivo era la conservazione della memoria, che ha portato a una presa di coscienza collettiva importante, concretizzata nella stessa idea di Europa, e fare perché non potesse più riaccadere quanto successo. Oggi forse ci dobbiamo fare ulteriori domande».
Ovvero?
«Il problema è diventato l’uso che si può fare di questa memoria, oggi capita di vederla utilizzata in modo consapevolmente opposta a quella per cui si è voluto conservarla. Pensiamo alla figurina di Anna Frank con la maglietta della Roma, utilizzata dagli ultras negli stadi per insultare: non c’è la volontà di cancellare la Shoah, ma di abusarne, schierarsi contro. Ecco perché dobbiamo chiederci cosa possiamo fare di questa memoria».
Quanto rischia di essere “monumentalizzata”,perdendo così forza vitale e seguito?
«Mi chiedo spesso come fare per evitare certe frasi finiscano in bacheca, e far sì guidino ancora. E la risposta è farne memoria viva davanti a quello che succede tutti i giorni, le guerre, le discriminazioni. Una lettura anche per quanto succede in Ucraina o a Gaza. Senza commettere l’errore di ricavarne analogie sbagliate, come quando si parla di Israele come di vittime diventate carnefici, ebrei nazisti e altre storture».
Si discute tanto (forse troppo) dell’applicabilità del termine genocidio alla situazione a Gaza, ma la sostanza rimane : i 50mila morti della Striscia, le violenze sui civili di esercito e coloni, il regime in cui vivono i palestinesi a Jenin..
«Quello che sta succedendo a Gaza è tremendo, e se come io credo sono stati commessi dei crimini di guerra, dovranno finire in tribunale. Ma non partecipo alla discussione con chi sostiene gli israeliani stiano facendo come i nazisti: chi lo dice esce dalla storia, rendo il confronto odioso».
Ma non pensa conti poco, l’uso di un termine piuttosto che un altro?E che sia un paradosso, che passi per antisemita chi chiede la pace quasi più dei governi di estrema destra?
«Nel mondo ci sono almeno 52 guerre teatro di crimini atroci come succede a Gaza, ma non esiste nulla di riconducibile alla Shoah. E la sofferenza che provo pensando alle vittime della guerra in Palestina è la stessa che provo per quelle in Sud Sudan, nel Darfur, e tutte le guerre sulle quali il Giorno della Memoria dovrebbe servire a prendere posizione».
A Gaza però c’è chiaramente un invasore e un invaso, una democrazia che bombarda i civili, e i civili bombardati. Parte dell’opinione pubblica lo ha percepito e ha preso posizione. I distinguo che si fanno sul tema rischiano di far “male”, alla commemorazione della Shoah?
«La situazione del conflitto a Gaza è molto più complessa, abbiamo due popoli ostaggio dei loro governanti, sappiamo di un paese molto più forte militarmente e dei finanziamenti del mondo arabo alle formazioni militari che lanciano missili verso Israele. Che ha colpe enormi, ma il tema è che tutto questo dovrebbe portarci a chiedere un mondo migliore senza conflitti e crimini di guerra, né racconti all’insegna del doppio standard, Anzi. La prima cosa da fare è essere oggettivi nell’esame delle cose, senza cedere a inaccettabili paragoni. La seconda, pretendere e adottare lo stesso criterio di giudizio nei confronti di tutte le situazioni della storia che si hanno di fronte».
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