Giravolta M5s su Napolitano. Tentarono di metterlo in stato d’accusa, oggi lo celebrano

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“Come si cambia per non soffrire, come si cambia per ricominciare…”. Non c’è bisogno di scomodare Fiorella Mannoia per commentare la giravolta dei Cinque Stelle sulla figura di Giorgio Napolitano. Dieci anni fa tentarono di metterlo in stato di accusa. Ora lo celebrano, al punto da essere tra i protagonisti della fondazione in suo onore.

L’ex presidente della Camera Roberto Fico partecipa alla riunione promossa da Walter Veltroni al Senato. Si riunisce il comitato di indirizzo creato dall’associazione Giorgio Napolitano, voluta dai figli Giovanni e Giulio. L’obiettivo è arrivare a una fondazione col nome del presidente emerito.

Fico fa parte del comitato che vuole “far vivere l’eredità culturale e politica che Giorgio Napolitano ha coltivato in oltre settant’anni al servizio delle istituzioni nazionali ed europee, attraverso studi, ricerche, dibattiti e borse di studio”, come spiega una nota. Fra le iniziative in programma, l’organizzazione di un convegno di studi dedicato alla figura di Napolitano nel giugno del 2025, quando ricorrerà il centenario della nascita del Presidente emerito.

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Un tributo insomma, a un politico che ha fatto del dialogo oltre gli steccati ideologici forse il tratto più caratteristico del doppio mandato al Quirinale e di tutta la sua attività politica. Per dirne una: Napolitano è stato il primo comunista ad ottenere un visto per gli Stati Uniti, nell’aprile del 1978. Il comitato che darà vita alla fondazione è in qualche modo un omaggio a questa filosofia ‘oltrista’. Ne fanno parte tra gli altri Giuliano Amato e Sabino Cassese, Romano Prodi e Gianni Letta, Sergio Cofferati e Gianfranco Fini, Anna Finocchiaro ed Emma Marcegaglia, Mario Monti e Ignazio Visco, e ancora Luigi Zanda, Franco Gabrielli, Gaetano Quagliariello, Paolo Gentiloni, Pier Ferdinando Casini, Enrico Letta tra gli altri.

Fico è il solo pentastellato, anche se dallo staff spiegano che la sua è una presenza istituzionale, da ex presidente della Camera. Ma com’è evidente, non esiste l’obbligo degli ex presidenti delle Camere di partecipare a fondazioni dedicate agli ex presidenti della Repubblica. Tant’è vero che non tutti gli ex presidenti di Montecitorio viventi partecipano alla costituzione della fondazione Napolitano. Fausto Bertinotti, per dirne uno, non fa parte del comitato d’indirizzo.

Ma poi, non c’è nulla di male a far parte della fondazione Napolitano. Anche se, a dire il vero, il partito di Beppe Grillo, dieci anni fa, aveva una precisa idea dell’allora capo dello Stato: ne chiedeva la messa in stato di accusa per “attentato alla Costituzione”. Arrivò addirittura a depositare alla Camera la richiesta di impeachment, basata su sei specifiche imputazioni: “1. Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d’urgenza. 2. Riforma della Costituzione e del sistema elettorale. 3. Mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale. 4. Seconda elezione del presidente della Repubblica. 5. Improprio esercizio del potere di grazia. 6. Rapporto con la magistratura: processo Stato-mafia”. All’epoca i Cinque Stelle ritenevano che Napolitano avesse “violato la forma e la sostanza del testo costituzionale, connesso ai suoi principi fondamentali”. Che avesse “umiliato istituzionalmente il luogo naturalmente deputato alla formazione delle leggi”. Che persino nell’utilizzo degli istituti di clemenza, “il potere nelle mani del capo dello Stato ha subito una palese distorsione”, scrivevano i Cinque Stelle.

L’iniziativa di Grillo e dei suoi parlamentari provocò all’epoca molto trambusto. Pochi mesi dopo la presentazione venne votata dal Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa, e fu bloccato dal Pd che raccolse 28 voti. Gli 8 Cinque stelle votarono contro. “Non finisce qui”, tuonava l’allora reggente Vito Crimi. E Grillo rincarava: “Napolitano si dimetta comunque dalla presidenza della Repubblica”. A difendere il capo dello Stato si mossero anche gli allora presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso. “E’ un presidio di democrazia”, dissero. Ora Roberto Fico se li troverà entrambi accanto nel comitato istitutivo della fondazione. Chissà cosa penserà Beppe Grillo. Ah già, il comico genovese ha detto che Mario Draghi è un grillino. E allora, non resta che Fiorella Mannoia: “Come si cambia…”.



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