I tre tasselli dell’economia per Trump

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Energia, dollaro e investimenti sembrano essere i tre tasselli del mosaico che l’amministrazione Trump ha in mente per l’economia statunitense.

Passano i giorni e il disegno che Donald Trump ha in mente per l’economia statunitense sta prendendo forma. L’intervento al World Economic Forum di Davos, la settimana scorsa, ha aggiunto altri pezzi al puzzle. In particolare tre sembrano gli obiettivi da raggiungere per la nuova amministrazione statunitense, tre tasselli in grado, sempre secondo il Trump pensiero, di far tornare gli USA in un’età dell’oro.

E quali sono questi tasselli? Il primo, oramai pare evidente, è quello di andare ben oltre l’autonomia energetica e di consolidare gli Stati Uniti tra i paesi esportatori di petrolio e di gas liquido. L’amministrazione Trump non chiude le porte alla produzione di energia alternativa, ma rilancia la propria preferenza per le fonti fossili. Via libera alla “trivella selvaggia” (passate il termine) e subito una bella trattativa a colpi di dazi con il Canada (il cui petrolio è materia prima di molte raffinerie statunitensi). La seconda mossa sarà convincere i partner a comprare più petrolio e gas made in USA, e anche qui l’arma dei dazi sarà una delle più utilizzate e, almeno per qualche tempo, convincenti.

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Il secondo tassello, molto più complicato da sistemare, riguarda i tassi di interesse. Per il presidente statunitense sono troppo elevati, convinzione ribadita anche giovedì scorso a Davos. Per Trump tutte le principali banche mondiali dovrebbero procedere rapidamente ad una riduzione dei tassi di interesse per dare fiato all’economia, ma è soprattutto la FED il suo obiettivo numero uno. Ed è qui, nella principale contraddizione dell’idea politica trumpiana, che il contrasto con J Powell rischia di farsi evidente in tempi brevi. L’idea di Trump è che mantenere tassi elevati porta il dollaro a rimanere troppo forte rispetto alle altre valute, abbassa la capacità di esportazione e mantiene alto quel deficit della bilancia commerciale che per il tycoon è oggetto indigesto già dal primo mandato. Ma è proprio l’aspettativa di una politica protezionistica a sostenere la valuta statunitense e a spargere sui mercati il timore di una riaccelerazione dell’inflazione.

Il terzo tassello è nella sostanza il più importante: attirare investimenti. Per farlo il nuovo inquilino della Casa Bianca sembra disposto praticamente a tutto: detassazione, deregolamentazioni, autorizzazioni più veloci e finanziamenti pubblici. Si tratta di un punto che spiega in maniera piuttosto chiara la sferzata di ottimismo che ha attraversato le tavole rotonde, i convegni e i buffet di Davos. E a chi mette sul piatto i dubbi sulla sostenibilità finanziaria di una politica fiscale così espansiva, Trump sembra rispondere con l’annuncio di tagli a quella che dalle nostre parti chiameremmo “spesa improduttiva” e con l’istituzione del DOGE.

Da qualsiasi parte la si osservi, la nuova amministrazione statunitense ha i tratti evidenti di un elefante in un negozio di cristalli.

Foto di congerdesign



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