Il caso doping di Sinner dall’inizio: la positività al Clostebol, l’assoluzione, il ricorso al Tas. Le date chiave e cosa rischia in caso di squalifica

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di
Marco Bonarrigo

Jannik Sinner è stato trovato positivo il 10 e il 18 marzo 2024 al Clostebol, sostanza presente in pomate o spray per la cicatrizzazione. È stato assolto dal Tribunale indipendente, poi l’agenzia antidoping Wada ha fatto ricorso al Tas. Un’eventuale condanna non avrebbe effetto retroattivo

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Jannik Sinner è stato trovato positivo al Clostebol metabolita (uno steroide anabolizzante da sempre inserito nella lista dei prodotti vietati) il 10 marzo 2024 e poi di nuovo il 18 marzo durante il Master 1000 di Indian Wells, negli Stati Uniti, in un doppio controllo di routine sulle urine.

L’International Tennis Integrity Agency (Itia) ha sospeso due volte l’atleta dall’attività (il 4-5 aprile e il 17-20 aprile) accogliendo però anche il ricorso urgente di Sinner per la revoca della sospensiva e la secretazione degli atti e della notizia, procedura prevista (ma non sempre applicata) dagli organismi antidoping per sostanze come il Clostebol, che possono essere oggetto di contaminazione: Sinner ha potuto quindi continuare a giocare.




















































Non c’è l’accusa di doping volontario

Usato come doping diretto negli anni Settanta nell’Europa dell’Est, il Clostebol oggi è presente solo come principio attivo in pomate o spray cicatrizzanti in libera vendita: il suo uso resta vietato, ma chi viene trovato positivo è accusato sempre di negligenza e mai di doping volontario con pene che però possono arrivare fino a 4 anni di squalifica se l’atleta (specie quando si tratta di un professionista) non dimostra di aver preso ogni precauzione possibile per evitare il doping. 

I casi di doping nei tennisti di alto livello vengono delegati dalla federazione internazionale all’Itia e poi giudicati da un tribunale di arbitrato indipendente costituito ad hoc che nel caso di Sinner è stato Sport Resolution di Londra. La scelta ha provocato numerose polemiche perché nello staff difensivo di Sinner c’erano legali che avevano lavorato con ruolo inquirente in procedimenti contro altri atleti.

Il tribunale: Sinner ha adottato la massima cautela

Il 19 agosto la vicenda è stata resa pubblica con la sentenza del tribunale a processo concluso, fatto che ha generato moltissime polemiche ma che nel tennis presenta numerosi precedenti, come quello di Sara Errani. 

La sentenza spiega che «il tribunale ha stabilito che il giocatore non sapeva o non sospettava e non avrebbe potuto ragionevolmente sospettare anche con la massima cautela che Clostebol era presente nei locali in cui alloggiava, che Sinner non sapeva o sospettava che il suo fisioterapista Giacomo Naldi avesse usato il Clostebol per curare una ferita al dito e non poteva sapere o sospettare che fosse possibile che una sostanza proibita si trasferisse inavvertitamente durante la massoterapia e/o durante la fasciatura dei piedi». 

«Sinner – prosegue la sentenza – è un atleta che esercita notevole cautela per quanto riguarda le questioni antidoping scegliendo il suo team di supporto e assicurandosi che comprenda e rispetti le reciproche responsabilità, il Tribunale ritiene che il Giocatore abbia esercitato “il massimo della cautela” e abbia fatto tutto il possibile per evitare un risultato positivo al test».

Contaminazione involontaria da soggetto contaminato

In sintesi, lo spray dopante era nel bagaglio dell’ex preparatore atletico di Sinner, Umberto Ferrara, che l’ha consegnata al massaggiatore Naldi per curare una piccola ferita. Costui ha massaggiato Sinner provocando la positività peraltro in concentrazioni (86pg/mL nel primo controllo, 76pg/mL nel secondo) infinitesimali e compatibili proprio con un passaggio di secondo livello ovvero una «contaminazione da soggetto contaminato». Sinner venne quindi assolto e perse, come da regolamento, solo i punti del ranking e il denaro guadagnato nel Master 1000 di Indian Wells.

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La Wada fa ricorso al Tas: chiede condanna da uno a due anni

La vicenda si sarebbe potuta concludere così se — il 4 ottobre scorso — l’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada) come suo diritto non avesse fatto ricorso contro la sentenza di Sport Resolution al Tribunale di Arbitrato Sportivo di Losanna (Tas). 

«Nel suo ricorso — spiega un comunicato del Tas — la Wada ha chiesto l’annullamento della decisione contestata e una nuova decisione che stabilisca che Jannik Sinner ha commesso due violazioni del codice antidoping ai sensi degli articoli 2.1 e/o 2.2 TADP, senza applicazione dell’articolo 10.5 TADP («Nessuna colpa o negligenza»). 

La Wada chiede al Tas di imporre una sanzione di un periodo di ineleggibilità tra uno e due anni all’atleta e di confermare la squalifica di tutti i risultati competitivi ottenuti da Jannik Sinner durante il BNP Paribas Open a Indian Wells/USA».

Al Tas il 16 e 17 aprile

In sintesi, la tesi Wada è che Sinner NON abbia adottato tutte le precauzioni possibili per evitare il doping. Il procedimento si svolgerà a Losanna (a porte chiuse) il 16 e 17 aprile. Nel collegio arbitrale ci saranno Jacques Radoux, nominato dal Tas che sarà presidente, l’israeliano Ken Lalo scelto dalla Wada e John Dyson l’arbitro nominato dai legali di Sinner. Sarà come sempre onere dell’incolpato dover smentire l’assunto dell’accusa. 

I ricorsi di Wada contro decisioni di tribunali indipendenti o federazioni nazionali sono pochi e quasi sempre vincenti ma in questo specifico caso è difficile ipotizzare su cosa possa appoggiarsi l’accusa. In caso di squalifica, questa partirà dal giorno della pubblicazione della sentenza senza alcun effetto retroattivo ad esempio su Us Open e Australian Open, i due Slam vinti da Sinner negli ultimi mesi.

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