«Non sentitevi mai soli, siamo la stessa comunità»

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VENEZIA – ​«La Shoah avrebbe potuto essere un monito per il presente, ma non funziona così. Non ha mai funzionato», a dirlo il presidente della comunità ebraica lagunare Dario Calimani nel suo discorso nel Giorno della memoria al Teatro La Fenice di Venezia.

Un discorso pieno di riflessioni a cui il sindaco ha risposto con una rassicurazione: «Con me, Venezia resterà una città libera, aperta al dialogo, in cui sarà sempre distinto il diritto al dissenso dalla violenza, che non serve sia solo fisica, ma troppo spesso è verbale e morale». 


Il sindaco Luigi Brugnaro: «Non senttitevi mai soli»

Il pirmo cittadino continua il discorso sulla violenza antisemita e sull’importanza del rispetto reciproco: «Penso sia alle scritte ingiuriose sui nostri muri, alle macchie di vernice sui portoni, ma anche ai rigurgiti antisemiti, alle violenze contro i cristiani e quelle islamofobe, senza dimenticare a chi sogghigna al tavolo accanto o a chi confonde la Shoa con la nascita dello Stato di Israele, l’essere ebrei di religione con la cittadinanza italiana».

«Caro Presidente Calimani – continua il sindaco rivolto verso il presidente della comunità ebraica lagunare -, non sentitevi mai soli. Siamo la stessa comunità. Orgogliosamente. Siamo la città dove cristiani, ebrei e musulmani possono convivere, all’insegna del rispetto reciproco. Dove la libertà, anche di competere, è un valore che difenderemo sempre, perché è sinonimo di rispetto». 

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«Come padre, nel ruolo di genitore di cinque figli, come sindaco, nel ruolo di pubblico ufficiale, come cristiano, nella mia coscienza, mi interrogo spesso sul perché non vi sia, prima di tutto il rispetto – si chiede – . Ciascuno dovrebbe essere ‘il custode dell’altro’, come riportato nella Genesi, un testo sacro per entrambe le nostre religioni».

L’augurio

Brugnaro conclude con la speranza che nell’anno giubilare appena iniziato, spero che la pace in Palestina sia duratura e che consenta di riprendere quel percorso di normalizzazione dei rapporti secondo il principio dei due popoli e due stati. Spero che la pace, una pace giusta, arrivi presto anche per gli amici ucraini, per poter dare una prospettiva di futuro ai tanti loro bambini. Lo spero anche negli altri 50 conflitti sparsi nel mondo, affinché la mano dell’uomo non continui ad uccidere altri uomini».

Calimani: «Limitati a erigere qualche monumento»

«Lasciamolo che la Shoa sia, almeno, un incubo del passato, in tutta la sua specificità, non straziato da forzate analogie e da falsi paragoni», continua Calimani. Una posizione che non poteva non chiamare in causa l’attualità.

«Vale chiedersi se abbia senso essere qui oggi a commemorare la Shoah, se serva a qualche cosa. – si domanda Calimanio – Può una riflessione sull’antisemitismo aiutarci a capire, almeno in parte, gli eventi spaventosi di oggi? È un quesito che non vuole creare illusioni, perché la storia registra il passato, e nulla insegna, perché nulla siamo disposti ad apprendere».

«Preferiamo tutto ricreare, a nostro modo, anche per il peggiore possibile dei risultati. – continua ilo presidente della comunità ebraica di Venezia – In giorni di aspro dibattito politico e di forti contrapposizioni, permettetemi di proporre qualche data a caso della storia dell’antisemitismo, solo un breve cenno a eventi significativi. Altrimenti non si capisce che cosa sia per gli ebrei la Shoah e che cosa siano le nostre diverse reazioni all’antisemitismo oggi».

Calimani è partito dal massacro del 1066 di Granada: 4mila morti, elencandone gli altri che si sono susseguiti sino ial 7 ottobre 2023. E poi l’accusa: «non c’è alcuna reazione da parte della società civile. Ritornano indifferenza e minimizzazione. L’impegno nella diffusione del pregiudizio è intenso, il contrasto all’odio è pressoché inesistente e spesso poco convinto».

«Finora ci siamo limitati a individuare qualche giusto del passato, a erigere qualche monumento, a mettere, ottant’anni dopo, una targa in cui le parole nazismo e fascismo non compaiono -conclude Calimani -. E ancora non riusciamo a conoscere i nomi dei delatori che ci hanno avviato alle camere a gas. Anche qui a Venezia. Ci si gira dall’altra parte, come allora. Ci limitiamo a ripulire le pietre d’inciampo per onorare i morti».

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