L’acqua dolce è essenziale per il consumo umano, l’energia, l’agricoltura, l’industria, i trasporti e gli ecosistemi. A livello europeo, la direttiva quadro sulle acque (WFD) mira a promuovere un uso sostenibile dell’acqua, prevenire un ulteriore deterioramento delle risorse idriche e proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici. Il risparmio idrico dovrebbe essere alla base di un uso più consapevole di questa preziosa risorsa. Il nuovo Water Reuse Regulation, ad esempio, mira a migliorare l’uso dell’acqua recuperata in agricoltura, stabilendo requisiti minimi per il suo riutilizzo.
Anche perché la sostituzione delle estrazioni di acqua dolce con acqua recuperata può ridurre notevolmente la pressione sulle acque superficiali e soprattutto sotterranee. Secondo gli ultimi dati riportati dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, la domanda di acqua dolce nei 27 Stati membri dell’UE è soddisfatta in larga parte dalle risorse idriche superficiali – fiumi, bacini e laghi – e dalle falde acquifere. In generale l’estrazione totale di acqua dolce all’anno è diminuita del 19%, da 242.000 milioni di m³ nel 2000 a 197.000 milioni di m³ nel 2022.
Al contempo, i contributi relativi delle acque superficiali e sotterranee sono cambiati. Le acque superficiali rappresentavano l’80% dell’estrazione e le acque sotterranee il 20% nel 2000, mentre stando agli ultimi dati disponibili, nel 2022 le acque superficiali rappresentavano solo il 74% e le acque sotterranee il 26%. Le ragioni di questa maggiore pressione sulle risorse idriche sotterranee sono da ricercare innanzitutto nella crescente domanda di approvvigionamento idrico pubblico (18%) in tutta Europa e nel settore agricolo (17%), in particolare nell’Europa meridionale. Ma anche nella disponibilità di acqua superficiale in base alla variabilità stagionale, sempre più influenzata dal cambiamento climatico.
In particolare nei mesi primaverili ed estivi si registra una maggiore scarsità di acque superficiali e allo stesso tempo una crescita di domanda idrica nel settore agricolo, in particolare nell’Europa meridionale, con una conseguente pressione sulle falde acquifere. In Italia – il nostro paese è ai primi posti in Europa per usi idrici nei vari settori – spicca in primis l’agricoltura con oltre 15 milioni di m³, seguita dall’approvvigionamento idrico pubblico – circa 9 milioni di m³.
INCENTIVARE IL RISPARMIO IDRICO: CERTIFICATI BLU
Le risorse idriche disponibili vanno tutelate innanzitutto attraverso un loro uso più consapevole. Il cambiamento climatico si ripercuote su queste risorse in termini non solo di quantità ma anche di qualità. In questo scenario, l’efficientamento idrico per gli usi industriali dovrebbe essere uno degli obiettivi imprescindibili, anche grazie ai cosiddetti certificati blu. Analoghi ai certificati bianchi per l’efficienza energetica, quelli blu si basano su un meccanismo di premialità secondo il principio del “chi inquina, paga”. I certificati blu rientrano in quelle politiche ambientali fondate su degli strumenti di mercato come tasse, incentivi, sussidi e non divieti e sanzioni, come accade nelle politiche tradizionali.
Si concede quindi alle aziende un numero limitato di permessi di uso dell’acqua. Questi permessi possono essere venduti dalle aziende che riducono il bisogno idrico a quelle meno efficienti: chi risparmia acqua incassa, chi la spreca paga. Con il certificato blu si andrebbe a riconoscere il risparmio nell’uso finale di acqua, premiando le imprese con un certificato per ogni litro di acqua non usata.
“Questo risparmio – scrive il laboratorio Ref, che si occupa di ricerca e consilenza – potrà essere correlato a interventi quali innovazioni di prodotto o di processo che permettano di ridurre il consumo di acqua come input produttivo”. È importante considerare inoltre che l’approvvigionamento per il settore produttivo avviene quasi completamente da fonti proprie. Invece per ottenere risultati significativi in termini di risparmio idrico il meccanismo di incentivazione dovrebbe essere trasversale al settore industriale, a prescindere dalla matrice di approvvigionamento.
Secondo un documento pubblicato dal laboratorio Ref, “una barriera alla implementazione dei Certificati Blu potrebbe essere legata alla difficoltà dei soggetti coinvolti a individuare gli interventi per il risparmio idrico”. Per mancanza di competenze specifiche e di individuazione delle azioni più efficaci da adottare.
Rimanendo sull’analogia con il mercato energetico, ci si può ispirare ai cosiddetti Energy Service Companies (ESCo), compagnie che sono preposte a individuare i migliori interventi realizzabili dal punto di vista tecnico, commerciale e finanziario e che si assumono l’onere dell’investimento e il rischio del mancato risparmio. Per quanto riguarda le risorse idriche, esistono le Water Saving Services Companies (WSSCo), che analogamente alle ESCo supportano le aziende nei possibili interventi di risparmio idrico.
IL BACINO DEL FIUME RENO
Al di là dell’industria, nella maggior parte dei paesi europei – tra cui l’Italia – è di fatto l’agricoltura il settore con il più alto dispendio di risorse idriche. Per affrontare gli effetti degli eventi climatici estremi e per perseguire l’obiettivo del risparmio idrico, sin dal 2016 in Emilia Romagna si è sperimentato un sistema di ottimizzazione delle risorse idriche. Attraverso l’iniziativa “Acqua Virtuosa” del Consorzio della Bonifica Renana è possibile avere una visione complessiva e dettagliata delle esigenze irrigue nel bacino del fiume Reno.
Utilizzando una piattaforma su cui gli agricoltori inseriscono i dati relativi all’estensione dei lotti di suolo che intendono coltivare e la tipologia di colture, il Consorzio può monitorare e analizzare in tempo reale i dati relativi alle coltivazioni e alle risorse idriche disponibili. Questo approccio non solo facilita la pianificazione irrigua, ma consente anche di effettuare previsioni accurate sulla domanda d’acqua, consentendo così una gestione proattiva delle risorse idriche.
In caso di situazioni di scarsità idrica, il sistema permette di attuare pratiche di risparmio, come la rotazione dell’irrigazione tra i vari lotti agricoli, garantendo così un uso più equo e sostenibile dell’acqua. Inoltre, la comunicazione costante con gli agricoltori assicura che siano sempre informati su eventuali cambiamenti nella disponibilità d’acqua e sulle decisioni del Consorzio, creando una rete di collaborazione e responsabilità condivisa.
Per una corretta gestione delle risorse, specialmente in periodi di stress idrico, la collaborazione attiva con gli agricoltori nel fornire dati accurati, è fondamentale. Al contrario, una scarsa collaborazione, o dati inaccurati e inaffidabili sulle tipologie di colture e sui fabbisogni irrigui, potrebbe limitare l’efficacia del sistema nella gestione di siccità e altri eventi climatici estremi. Risale allo scorso dicembre l’ordine del giorno accolto in Parlamento che rilancia la necessità di nuovi sistemi di contrasto alla crisi idrica e climatica, come i certificati blu. Forse solo un primo passo verso l’urgenza di gestire con sempre maggiore consapevolezza e giustizia le risorse idriche ancora disponibili sul nostro pianeta.
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