Di seguito le parole del Consiglio Nazionale FIAB che si raccoglie intorno alla tragica morte della ciclista Sara Piffer, ennesima vittima di violenza stradale.
“Non vorremmo mai dover scrivere di queste cose, eppure eccoci qui di fronte a un’altra morte assurda sulla strada. Il 24 gennaio Sara Piffer, giovane ciclista professionista (19 anni), è stata travolta e uccisa da una persona alla guida di un’auto mentre si allenava in bicicletta su una strada provinciale tra Mezzocorona e Mezzolombardo, in Trentino. Una morte violenta che deve farci riflettere sui nostri comportamenti e sul valore che diamo alla vita. E, soprattutto, deve spingerci a scelte diverse.
Sara Piffer pedalava sulla provinciale 29 della Provincia di Trento, come avrà fatto tante altre volte. Una strada stretta, con il limite di 50 km/h. Dalla ricostruzione, è stata colpita da una persona alla guida di un’auto che andava in direzione opposta e stava facendo un sorpasso.
Quante volte ci è capitato, mentre eravamo in bici (o a piedi), di trovarci di fronte una persona che con la sua auto sorpassava senza curarsi del fatto che nell’altra corsia c’eravamo noi e siamo stati costretti a buttarci di lato per non essere travolti. Quante volte ci è capitato di essere sorpassati da una persona che con il suo mezzo ci è passata troppo vicino perché magari stava arrivando un altro veicolo in direzione opposta. Quante volte ci è capitato a un incrocio o su una rotatoria, che ci fosse negata la precedenza. Quante volte ci è capitato, su una strada stretta, di incrociare una persona a bordo di un veicolo e doverci scansare o fermare, e non il contrario.
Queste situazioni, che a volte costano la vita del ciclista (o del pedone), significano una sola cosa: che per chi guida un’auto – in modo consapevole o inconsapevole, non fa differenza – conta troppo spesso solo la sua corsa, non perdere tempo, andare avanti. Il ciclista (o il pedone) che si trova sulla strada non conta, non ha dignità, si deve scansare se vuole salva la vita. È una situazione aberrante!”
FIAB si unisce all’appello della Federazione Ciclistica Italiana contro la violenza stradale
“Ci fa piacere che, di fronte all’ennesima morte senza senso, il presidente della Federazione Ciclistica Italiana Cordiano Dagnoni dica che “è arrivato il momento di dire basta”, che il Governo deve “dare concretezza alle tante richieste che arrivano dalla società civile per fermare questa continua carneficina”.
Vorremmo che lui e altri autorevoli come lui fossero al nostro fianco quando protestiamo, insieme a tanti altri soggetti e alle associazioni dei famigliari vittime sulla strada, per le scelte scellerate del Ministro dei Trasporti, contrarie a un Codice della Strada più a misura di persona, favorevole alle Città 30, ai controlli automatici della velocità.
Scelte che sono l’esatta espressione di una visione autocentrica, di prevaricazione del più forte rispetto al più debole. Una visione secondo la quale chi guida un’auto è in qualche modo giustificato, perché aveva fretta, aveva il sole contro, c’era nebbia, la visuale era scarsa, la strada stretta, ecc. ecc.
Viene da chiedersi se questa è anche la visione delle forze dell’ordine, quando non si accorgono dell’auto parcheggiata a ridosso dell’incrocio, che riduce la visuale per chi attraversa. Se è anche quella delle scuole guida, quando formano i futuri guidatori; se, cioè, si limitano all’apprendimento meccanico delle norme della circolazione o se insegnano anche un po’ di etica della convivenza sulla strada. Se è quella delle amministrazioni, quando rinunciano a fare interventi che darebbero sicurezza a chi usa la bicicletta e va a piedi, per paura di scelte che teme impopolari. Se è quella dei media, che danno notizia di questi eventi usando parole che spostano la responsabilità (non è l’auto che uccide, ma chi la guida in maniera scorretta e il sistema che permette di farlo) e non pongono mai la questione del diritto dei più deboli a essere rispettati.
Fatti drammatici come quello di Sara Piffer si contano ogni settimana. Sarebbero meno dolorosi se ci spingessero davvero a cambiare i nostri comportamenti quotidiani e le scelte politiche“.
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