Pichetto-Fratin, ministro della “Sicurezza Energetica” annuncia l’imminente arrivo del disegno di legge sul nucleare in Consiglio dei Ministri.
Vediamo da parte del governo un’accelerazione dopo lo stallo seguito ai proclami trionfanti del primo anno di legislatura, ma bisogna ricordare che gli interessi a favore del ritorno della fissione lavorano incessantemente ormai da anni in Italia.
Ricordiamo come già nel 2021, nel corso delle discussioni al Parlamento europeo sugli atti delegati al Green Deal, il nucleare da fissione era stato presentato insieme al gas come fonte “di transizione”. La funzione, all’epoca, era stata quella di accontentare Francia e Germania in un momento in cui la transizione avrebbe significato per la Germania smantellare l’ingente quantitativo di centrali a carbone passando al gas (era infatti pronto il North-Stream II, per un approvvigionamento diretto dalla Russia); nel contempo assistevamo (ed assistiamo tutt’ora) ad una Francia in affanno con la gestione delle centrali, e per cui vedere il nucleare annoverato tra le fonti non sostenibili -e tassato di conseguenza- avrebbe rappresentato un duro colpo.
Nel frattempo in Italia, dopo l’ultima bocciatura della fissione al referendum berlusconiano si ricompattava il fronte politico del sì, sotto la guida del Ministro alla Transizione Ecologica Cingolani, “tecnico” del Governo Draghi, sostenuto trasversalmente nell’arco parlamentare.
Sotto quella legislatura è diventata pressante a tutti i livelli la propaganda per il ritorno al nucleare, dalle dichiarazioni istituzionali, alle campagne giornalistiche e social, alle iniziative “divulgative” messe in campo da una serie di attori privati del settore che hanno tutto l’interesse ad ampliare all’Italia il mercato per le loro tecnologie.
Nello stesso contesto, l’acuirsi della guerra in Ucraina e l’ingresso dell’Occidente nella partita ha impresso un deciso segno reazionario alle politiche energetiche europee. Il Repower-EU ha provato a tracciare la rotta in merito all’indipendenza energetica, che tutto è tranne che autosufficienza dell’UE. Si tratta da un lato di una scelta di campo: accettare l’imposizione dello stop alle importazioni dalla Russia e favorire l’approvvigionamento da Paesi “amici” anche a costo di fare un passo indietro rispetto allo stop al carbone o di utilizzare GNL. Si smonta qui definitivamente la narrazione per cui le scelte energetiche possono essere frutto esclusivo di valutazioni “tecniche” e non politiche. Dall’altro ha rappresentato un’occasione per ampliare la proiezione di potenza dell’UE presso i propri “vicini di casa” nordafricani.
In questo quadro di competizione e guerra che coinvolge innanzitutto il mercato energetico, la narrazione Italiana costruita dal Governo Meloni sulla “sicurezza energetica” si inserisce perfettamente.
In questo senso, la “riabilitazione” del nucleare ha una fortissima funzione ideologica per una classe dirigente ormai reazionaria e guerrafondaia a tutti i livelli.
Non dimentichiamo che Cingolani è nel frattempo tornato all’ovile della Leonardo spa, dove, sotto indicazione del Ministero dell’Economia, ora ricopre nientemeno che il ruolo di Amministratore Delegato, mentre continua a svolgere la funzione di consigliere per l’Energia presso il Ministero di Picchetto-Fratin.
Ed è proprio la Leonardo che, insieme ad Ansaldo Nucleare ed ENEL, partecipa alla nuova cordata italiana per il nucleare, promossa proprio in questi mesi. Lo scopo di Leonardo è di agire in tutti i settori strategici della difesa (“multidominio interoperabile” lo definisce Cingolani), compreso quello energetico, relativo allo sviluppo del nucleare.
Ricordiamo che Leonardo è l’azienda che più di tutte ha visto lievitare il proprio fatturato dall’escalation in Ucraina fino ad arrivare al genocidio a Gaza e l’allargamento del conflitto a tutto il Medio Oriente. Questa lettura bellica che il factotum della difesa europea da’ allo sviluppo di tecnologie finora presentate rende chiaro il confine labile tra nucleare civile e nucleare militare, indicativo del futuro che ci aspetta.
D’altra parte, sono tanti i fronti della competizione su cui il nucleare può giocare un ruolo strategico in un momento di crisi energetica, tra cui quello dell’IA: non è un caso che ENEL abbia già ricevuto 40 manifestazioni di interesse da operatori di tutto il mondo (p.es. Google ed Amazon) per allestire in Italia data center alimentati da reattori dedicati.
Parliamo quindi di un progetto molto più grande della meschina facciata sovranista del Governo Meloni, ma che risponde ad una necessità strutturale dell’Unione Europea nel contesto ormai evidente di un mondo multipolare regolato da alleanze a geometrie varabili.
In questi anni ci siamo battuti contro gli striscianti tentativi di riavviare nel nostro Paese un percorso di ritorno all’energia da fissione nucleare, una fonte insostenibile sotto tutti i punti di vista, la fantomatica quarta generazione – pur efficientando alcuni aspetti delle esperienze precedenti – non supera i problemi già noti e su cui in ben due occasioni in Italia ha vinto un forte “NO” referendario.
Cosi, mentre ancora paghiamo le operazioni trentennali di decommissioning delle ex centrali e non si trova una soluzione per scorie prodotte oltre quarant’anni fa – stoccate in depositi temporanei mentre la SOGIN è attraversata continuamente da scandali giudiziari – il Governo Meloni vorrebbe aggiungere un ulteriore ipoteca riattivando il nucleare.
Quello di cui c’è davvero bisogno è di una radicale riflessione sulla strada verso cui le classi dirigenti europee e occidentali ci stanno trascinando nella direzione di un baratro ambientale, sociale e militare. È tempo di rompere con un modello di sviluppo intrinsecamente distruttivo e senza futuro per i giovani e per tutta l’Umanità.
Stacchiamo la spina a questo sistema!
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