Sfida culinaria: quale piatto incarna lo spirito milanese? Cotoletta è il nome noto, costoletta quello autentico: si fregia della «De.Co» di Palazzo Marino. Il riso allo zafferano, però, lega le sue origini nientemeno che alla costruzione della Cattedrale e allo scherzo (di successo) di uno degli artisti
E se deve essere derby, derby sia. Piatto al centro e subito le formazioni in tavola. Anche con un po’ di pretattica (hai già deciso? Clicca qui per votare subito).
Da una parte infatti al posto della più conosciuta (ma erronea) cotoletta ecco l’autentica co(S)toletta: l’unica «alla milanese», rigorosamente con l’osso e che prevede l’utilizzo della parte del lombo da cui partono appunto le costole (la cotoletta si rifà invece alla semplice e umile fettina panata, roba da «una vita da mediano», per dirla tutta). Duro allenamento quello della costoletta per scendere in campo: va battuta in modo sapiente e allargata con le mani ma, attenzione, mai randellarla impugnando l’osso come usavano fare le nostre nonne. Arriverebbe al momento della sfida troppo sfibrata. Unica concessione le versioni bassa o alta. La tattica di gioco, invece, non deve cambiare mai: rigorosamente a cinque. Le cinque — massimo sei, se proprio in emergenza — prime fette tagliate da un quadrello di vitello da latte. Ed è l’osso a fare da arbitro e determinare insindacabilmente lo spessore della carne vestita, alla fine, con abbondante burro di cottura.
Dalla parte opposta della cucina «sua tradizione» il risotto. Giallo come l’oro. La formazione vuole in campo i campioni Arborio o Vialone o Carnaroli, poi burro, trenta grammi di midollo di bue, un quarto di cipolla tritata finissima, un bicchiere di bianco secco, un grammo di zafferano, brodo e grana padano grattugiato fresco e con giudizio, così da evitare gli eccessi. Due gli schemi di gioco. Nel primo il riso viene allagato nel brodo, si procede al «rugone»: un’unica magistrale girata con il cucchiaio di legno rigorosamente destrorsa (cioè nel senso orario) e poi mai più toccato fino alla formazione della crosta in fondo. Schema alternativo: continue e religiose «rugate» invariabilmente destrorse — pena l’espulsione del cuoco/cuoca — con sapienti rabbocchi di brodo tramite mestolo. Il gioco di squadra è essenziale per un buon risotto allo zafferano, possibilmente all’«onda moderata». Un eccesso di qualunque ingrediente può portare a destabilizzare l’intesa tra i reparti così come la «rugata» maldestra, troppo veloce o troppo lenta, può mandare in fuorigioco il gusto.
Poi toccherà al «Var» del palato assegnare lo scudetto della tavola meneghina.
Costoletta o risotto? Se deve essere derby, derby sia, abbiamo detto. Ma per una volta, e non sarebbe la prima, un bel pareggio potrebbe accontentare tutti: risotto come primo piatto e una bella costoletta con patate per secondo. Unite anche da una singolare coincidenza: quel midollo con l’osso intorno è la giocata divina che fa il pari con la parte di carne più vicina e succulenta al «manico» della costoletta. Ossi duri per quegli avversari che si presentano da campionati e regioni diverse.
A proposito, se si scende nel campanilismo più spinto bisogna ricordare che il Comune di Milano, con la delibera di Giunta datata 17 marzo 2008, ha assegnato la De.Co. (Denominazione Comunale) alla «Costoletta alla milanese» (e non cotoletta, ribadiamo) entrata nel 1814 anche nel dizionario milanese-italiano curato da Francesco Cherubini.
Tiro imparabile e gol della vittoria? Si direbbe proprio di no se il risotto «giallo» può vantare origini che si legano addirittura alla costruzione del Duomo di Milano. Secondo quanto raccontato in un manoscritto della biblioteca Trivulziana del 1574, l’assistente di un decoratore delle vetrate della cattedrale soprannominato Safran per il massiccio e gioioso utilizzo dello zafferano nelle miscele dei colori, un po’ per scherzo e tanto per gelosia in occasione del matrimonio della figlia del mastro decoratore Valerio aggiunse dello zafferano al risotto previsto nelle portate del banchetto di nozze della ragazza e del suo amore. E dopo lo stupore arrivò il successo di quella «ricetta» quanto mai improvvisata.
Finale ai rigori, quindi, per il derby culinario milanese e attenzione: in panchina c’è una cassoeula che potrebbe dare da torcere a entrambi i contendenti.
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