Dall’autunno del 2021 un’epidemia di influenza aviaria H5N1 sta mietendo vittime tra gli uccelli selvatici e negli allevamenti avicoli di tutto il mondo. Da qualche tempo, però, desta preoccupazione la diffusione dell’infezione tra le bovine da latte negli USA, il rilevamento del virus nel latte e il crescente numero di contagi umani. Per questo il Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e la malattia di Newcastle dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha diffuso una serie di domande e risposte, pubblicate originariamente dall’Istituto Superiore di Sanità.
Che cos’è l’influenza aviaria? Perché se ne parla?
Con il termine influenza aviaria si definisce un’infezione virale che si verifica principalmente negli uccelli, in particolare, quelli selvatici, soprattutto acquatici, che sono il veicolo principale di diffusione e possono trasmettere la malattia agli animali da allevamento, provocando danni economici ingenti, e, sporadicamente, agli esseri umani. I virus aviari hanno una grande capacità di mutare e, recentemente, alcuni ceppi hanno contagiato anche mammiferi, tra cui bovini e animali da compagnia, in particolare gatti.
Negli ultimi mesi si è parlato molto dei virus aviari, soprattutto per diversi focolai negli USA che coinvolgono gli allevamenti di bovini da latte, con centinaia di casi negli animali e alcune decine di contagi umani, generalmente con sintomatologia lieve, associata per lo più a congiuntivite e talvolta il coinvolgimento delle vie respiratorie superiori. Lo scorso 6 gennaio i CDC statunitensi hanno segnalato il primo decesso in una persona ricoverata per influenza aviaria in Luisiana.
Al momento in Italia non si segnalano infezioni in allevamenti di bovini, mentre, come accade ormai da diversi anni, si sono verificati focolai in allevamenti di volatili analogamente ad altri Paesi europei (qui i bollettini periodici dell’ECDC).
Ma quindi l’aviaria è un rischio anche per gli esseri umani?
La maggior parte dei virus aviari è relativamente innocua per le persone, tuttavia qualche ceppo può presentare mutazioni che aumentano il potenziale di infettare altre specie. I casi umani possono essere asintomatici o con sintomi lievi. Al momento non c’è nessuna conferma della possibilità di una trasmissione da persona a persona, e non si sono verificati casi umani nell’Unione Europea. Secondo il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), ad oggi il rischio infezione per la popolazione generale è basso e può diventare moderato solo per il personale esposto in allevamenti in cui siano presenti casi confermati.
Esiste una sorveglianza per i virus dell’influenza aviaria? E come funziona?
In Italia la sorveglianza dei virus dell’influenza aviaria negli animali è affidata ai Servizi Veterinari. Il Ministero della Salute progetta, coordina e monitora le attività previste dal Piano nazionale, con il supporto scientifico e tecnico del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria ospitato presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe).
La sorveglianza attiva nel pollame e nell’avifauna si basa su controlli sugli animali in vita, abbinati a un sistema di sorveglianza passiva degli uccelli con sintomi sospetti o deceduti. La sorveglianza della circolazione dei virus dell’influenza nelle persone è coordinata dall’ISS e si effettua attraverso la rete RespiVirNet, formata da medici e pediatri sentinella che monitorano l’andamento delle sindromi simil influenzali (ILI) sul territorio italiano, fornendo settimanalmente i dati epidemiologici e virologici.
La Commissione UE monitora la situazione dell’influenza aviaria insieme all’ECDC, all’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e al Laboratorio di Riferimento Europeo (EURL) per l’Influenza Aviaria. Ci sono regole europee sulle misure da attuare in caso di focolai in animali da allevamento, così come misure di prevenzione e preparedness contro il rischio di casi umani.
Ma è sicuro mangiare carne o prodotti derivati da animali infetti?
La principale via attraverso cui è possibile contrarre l’influenza aviaria dagli animali è l’inalazione di particelle solide o liquide contaminate. Secondo l’EFSA non c’è nessuna evidenza che l’influenza aviaria possa essere trasmessa alle persone mediante consumo di carne contaminata. Inoltre, il rischio di entrare in contatto con prodotti contenenti il virus è minimizzato dalle misure di sicurezza che impongono l’abbattimento e lo smaltimento sicuro dei capi degli allevamenti colpiti. Maneggiando in maniera sicura il cibo, cucinandolo e mantenendo una buona igiene durante la preparazione si possono prevenire eventuali rischi di infezione.
Negli USA, recentemente, sono stati ritirati dei lotti di latte crudo contaminato dal virus H5N1. In Italia, al momento, non sono stati trovati bovini infetti da virus aviari. In ogni caso, il Centro di referenza nazionale ha effettuato test su oltre 3.000 capi bovini in aree in cui si erano verificati casi nel pollame e negli uccelli selvatici che hanno dato esito negativo.
Ci sono pericoli per il mio gatto o il mio cane?
Non si può escludere un rischio di infezione, se pur considerato basso, per gatti o cani, se, per esempio, vivono a contatto con uccelli infetti. È importante evitare, per quanto possibile, il contatto con uccelli selvatici, in vita o deceduti, soprattutto in aree in cui è stata riscontrata la presenza di virus aviari ed evitare di alimentarli con carne cruda o altri prodotti provenienti da allevamenti non controllati durante i periodi di circolazione virale.
Esistono vaccini per l’influenza aviaria?
Attualmente esistono vaccini per l’influenza aviaria destinati prevalentemente per il settore veterinario, da utilizzare in polli, tacchini e anatre. La vaccinazione, su autorizzazione del Ministero della Salute, può essere un valido strumento per ridurre l’impatto delle epidemie nei casi in cui altre misure risultino poco efficaci. In Europa e in altri Paesi industrializzati la vaccinazione negli animali è poco utilizzata perché può comportare forti restrizioni alle esportazioni di pollame vivo e prodotti avicoli, e si preferisce combattere le epidemie con misure di controllo dirette (biosicurezza negli allevamenti, monitoraggio aree a rischio, abbattimento degli animali infetti, distruzione di materiale contaminato, controllo delle movimentazioni).
Anche per le persone esiste la possibilità di usare vaccini specifici per prevenire l’influenza aviaria. L’uso di questi vaccini su larga scala è previsto solo se l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiara che il rischio di una pandemia causata da questi virus è molto alto. Nella situazione epidemiologica attuale, esistono già diversi ceppi virali vaccinali candidati a essere usati in vaccini contro l’influenza aviaria che potrebbero essere disponibili in circa 6 mesi.
Mentre il rischio di ammalarsi di influenza aviaria per la popolazione generale è ritenuto ancora molto basso, le persone esposte, come allevatori e veterinari, hanno un rischio maggiore e per questo motivo la Commissione Europea ha dato la possibilità agli Stati membri di fornirsi di un vaccino per la profilassi di questa ristretta popolazione contro il virus influenzale H5.
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