In questi giorni Ismea ha divulgato i dati del settore ovicaprino aggiornati al mese di dicembre 2024, il che ci consente di analizzare le tendenze che hanno caratterizzato l’anno appena concluso e valutarne le variazioni rispetto ai precedenti. Vediamo insieme i punti salienti che emergono dalle elaborazioni divulgate.
Quanto incide il settore ovicaprino sull’agricoltura nazionale (2023)?
In base ai dati raccolti da Istat ed elaborati da Ismea, questo settore riveste un ruolo marginale, avendo un’incidenza di poco più dell’1,1% sul valore della produzione agricola nazionale. Ciononostante, l’allevamento ovicaprino ha un valore intrinseco essenziale per la collettività che va tutelato ed incentivato per la sua funzione sociale e ambientale di mantenimento del territorio, soprattutto in quelle aree dove non si riuscirebbero ad attuare delle attività produttive differenti. I dati raccolti nel quinquennio 2019-2023 mostrano una riduzione del numero di capi, numero di aziende, e dell’offerta di carne latte e formaggi; un leggero aumento nella domanda di formaggi, ed un deciso incremento degli scambi con l’estero sia in termini di import che di export. A livello di mercato sono cresciuti sia l’indice dei prezzi all’origine dei capi, che quelli all’origine del formaggio Pecorino Romano che dei prezzi input per allevamento.
Aggiungendo a questo quadro i dati 2024, vediamo che, rispetto al 2019, sono sparite oltre 30mila aziende, pari al 22% del totale, ed il numero di capi è ulteriormente sceso a 6,6 milioni, registrando un calo complessivo del 15% negli ultimi cinque anni. Dei capi presenti, circa il 93% è localizzato nelle regioni del Centro-Sud, con una netta prevalenza della Sardegna in cui si concentra ben il 49%. A seguire Sicilia (12% del totale), Lazio (7%) e Toscana (5%).
Produzioni
La specializzazione produttiva prevalente è il latte per oltre la metà dei capi presenti sul territorio nazionale, seguita dall’orientamento misto latte-carne. Le tipologie di allevamento più diffuse sono così schematizzabili:
Riguardo le produzioni di latte e formaggi, nel quinquennio analizzato diminuisce la produzione sia di latte ovino che caprino, quest’ultimo in modo decisamente più marcato, mentre per i formaggi notiamo un lieve calo di quelli ovini (-0,5%) e un incremento di quelli caprini (+1,8%).
Interessante anche il dato relativo alle produzioni DOP e IGP che rappresentano il 40% del totale dei formaggi prodotti, e che sia in quantità che in valore mostrano una crescita rispettivamente del +11% e +27%, confermato anche dall’andamento registrato nella produzione di Pecorino Romano DOP.
Per quel che concerne la produzione di carne, la tendenza è di una generale contrazione sia nel 2022/2023 che 2023/2024, e anche per le produzioni certificate i volumi risultano in calo, mentre in valore mantengono un andamento positivo registrando +3,2% nel periodo 2022/2023.
Indicazioni sul mercato nazionale di animali vivi, carni e formaggi
Prendendo come riferimento il periodo gennaio-ottobre 2023 e lo stesso periodo 2024, la scheda di settore Ismea mostra una riduzione dell’indice allevamento ovicaprino del 5,3% , collegato sicuramente alla minor incidenza di mangimi (-13,9%) e prodotti energetici (-10,1%). Aumentano invece i salari dello 0,9% ed il prezzo litro latte ovino riconosciuto in Toscana +8,7% e nel Lazio +6,3%, a differenza della Sardegna che registra una contrazione del 1,5%. Per i formaggi si considera il prezzo del Pecorino Romano come indicatore, che risulta essere stato mediamente, nel 2023, pari a 11,64 €/kg Iva esclusa con una variazione 2023/22 del +8,2%. Il prezzo medio di agnelloni e agnelli 2024 è rispettivamente di 4,09 euro/kg peso vivo e 4,64 euro/kg peso vivo con una variazione 2024/2023 in termini percentuali del +23,9% degli agnelloni e +12,9% per gli agnelli.
Come evolvono i consumi domestici degli italiani?
Nel nostro Paese continuano a flettere i consumi delle carni ovicaprine, che si contraggono nei volumi pur aumentando in termini di spesa. Le uniche regioni dove si registra un incremento del 5,8% sono Sardegna, Lazio, Toscana, Umbria e Marche. Anche gli acquisti di formaggi pecorini risultano in flessione per il quarto anno consecutivo, a causa della forte impennata dei prezzi. che nel periodo gennaio – ottobre 2023/2024 ha fatto registrare -1,7% in volume e -1,3% in termini di spesa.
Scambi commerciali: qual è la tendenza?
Per quel che concerne le importazioni, si concentrano principalmente su animali vivi e carni. Nel primo caso il raffronto 2023/2022 ha mostrato un incremento del 6,1% evidenziando come primo fornitore l’Ungheria (39%) seguita dalla Romania (23%), dalla Francia (20%) e dalla Spagna (13%). Per quel che concerne le carni ovicaprine, la variazione 2023/2022 mostra un incremento del 2,3%, di cui i primi tre fornitori sono stati: Francia (32%), Spagna (23) e Irlanda (15%).
Per ciò che riguarda, invece, le esportazioni il 2023 è stato caratterizzato da una riduzione del 6,3% rispetto al 2022, mentre il periodo gennaio-settembre 2023 confrontato con gennaio-settembre 2024 ha evidenziato un incremento del 4,9%, trainato dalla maggior richiesta ricevuta dagli Stati Uniti e quantificata attorno al +13,8%. Analizzando il posizionamento competitivo del nostro Paese negli Stati Uniti emerge che, nella classifica 2023, è risultato al primo posto tra i fornitori di formaggi pecorini da grattugia spuntando un prezzo all’import di 14,00 euro/kg a fronte di un prezzo medio all’import di 13,00 euro/kg, mentre per i pecorini non da grattugia nello stesso periodo si trova al quinto posto con un prezzo di 10 euro/kg a fronte di un prezzo medio all’import di 7,75 euro/kg.
Lo scenario europeo
Nell’Europa dei 27 l’Italia, nell’arco del 2023, ha prodotto il 19% del latte ovino totale e il 2,3% del latte caprino; in termini di quote di produzione di formaggi nello stesso anno, il nostro Paese rappresenta il 32,5%, secondo solamente alla Spagna, neanche troppo distante con il 33,2%. Segue poi la Francia con il 26,3%, per passare alla Bulgaria con il 2,8% ed i restanti Paesi che raggruppati producono il 5,3% del totale. Diverso è lo scenario dei formaggi caprini, nell’ambito dei quali la Francia detiene un primato assoluto che si attesa sul 45% delle quote prodotte, seguita dalla Spagna con il 26,9% e dai Paesi Bassi con il 14,7%. Per queste produzioni l’Italia incide solamente per il 3,8% del totale.
Per quel che riguarda la carne, lo scenario 2023 ha evidenziato che tre quarti della produzione europea è concentrato in 4 Paesi: Spagna (26,5%), Francia (18,4%), Irlanda (17,7%) e Grecia (11,6%). L’Italia nel 2023 ha perso 1,3 punti di quota passando a rappresentare solo il 5,3% della produzione europea (dati Eurostat Commissione europea). Le 0,4 milioni di tonnellate totali prodotte nel 2023 hanno rappresentato il 7% in meno rispetto al 2022, ed anche nel 2024 si è confermato un andamento di forte contrazione, che si prevede continuerà nel prossimo decennio a causa della riduzione degli allevamenti, nonostante le politiche di sostegno e nonostante il consumo pro capite previsto sia ritenuto sostanzialmente invariabile grazie a modelli di consumo sostenuti dalla migrazione e legati alle tradizioni.
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