Vendere la prima casa per acquistarne un’altra, pur avendo debiti col fisco, espone il conto corrente al rischio di pignoramento. Come tutelarsi?
Vendere la prima casa per acquistarne un’altra, magari più grande o in una zona diversa, è una decisione che richiede un’attenta pianificazione. Difatti chi ha debiti, ad esempio con il fisco, rischia di vedersi bloccare il conto, con tutta la somma incassata come prezzo, prima di poterla riutilizzare. Approfondiamo dunque l’argomento. Rispondiamo innanzitutto alla seguente domanda: “si possono pignorare i soldi della vendita della casa?”. Quindi analizziamo gli strumenti per tutelare il proprio patrimonio.
Fisco e creditori possono pignorare il conto corrente?
L’articolo 2740 cod. civ. stabilisce un principio fondamentale: il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Ciò significa che i creditori, per soddisfare i propri diritti, possono rivalersi sull’intero patrimonio del debitore, inclusi i beni che acquisirà in futuro.
Di conseguenza, se un debitore ha un conto corrente, i creditori possono pignorarlo anche se, in un momento successivo, dovessero essere depositate nuove somme. In altre parole, il denaro depositato sul conto corrente dopo la notifica del pignoramento è comunque aggredibile dai creditori, in quanto rientra nel patrimonio del debitore.
Questo principio garantisce ai creditori una maggiore tutela, in quanto impedisce al debitore di sottrarre beni al pignoramento semplicemente trasferendoli su un conto corrente o acquistandoli in un momento successivo.
Prima del pignoramento, però, il creditore deve notificare al debitore, attraverso l’ufficiale giudiziario, l’atto di precetto: si tratta di un ultimo avviso a pagare entro 20 giorni, pena appunto il pignoramento. Dopo di esso, deve essere notificato, sia al debitore sia alla banca, un secondo atto: l’atto di pignoramento. È da questo momento che il conto viene bloccato (nei limiti della somma pignorata). Tale somma “scompare” dall’estratto conto: la banca la trattiene finché, all’udienza indicata nell’atto medesimo, il giudice l’autorizza a versarla al creditore.
Tuttavia, quando il creditore è Agenzia Entrate Riscossione, non c’è bisogno di un provvedimento del giudice: l’istituto di credito, decorsi 60 giorni dal ricevimento del pignoramento senza che il debitore abbia pagato o chiesto la dilazione di pagamento, storna l’importo sul conto del creditore.
Da quale cifra si può pignorare il conto corrente?
Il conto può essere pignorato in qualsiasi momento o circostanza, a prescindere dall’entità del debito, anche per importi modesti. Non sono previsti quindi limiti, né minimi né massimi.
Tuttavia se si tratta del conto di appoggio dello stipendio del lavoratore dipendente o della pensione valgono le seguenti limitazioni:
- le somme già presenti sul conto possono essere pignorate solo nella misura che eccede il triplo dell’assegno sociale (al 2025: 1.616,04, ossia 538,68 x 3);
- le somme che verranno versate a titolo di stipendio, saranno trattenute entro massimo un quinto. Se si tratta invece di pensioni, prima della decurtazione del quinto, va sottratto il “minimo vitale” pari al doppio dell’assegno sociale (al 2025: 1.077,36, ossia 538,68 x 2).
Tali benefici si applicano solo se sul conto non confluiscono somme diverse da stipendio o pensione.
Il fisco può pignorare il conto corrente?
Anche il fisco può pignorare il conto corrente per recuperare i crediti derivanti da cartelle esattoriali o avvisi di accertamento immediatamente esecutivi, nei confronti di un contribuente moroso.
Il pignoramento del conto corrente è una misura esecutiva che consente all’Agenzia delle Entrate Riscossione di sottrarre le somme depositate per soddisfare il credito fiscale. Il conto può essere sbloccato se, prima del sessantesimo giorno dal ricevimento dell’atto di pignoramento, il debitore paga o chiede la dilazione.
Cosa succede se vendo casa e ho debiti col fisco?
Se vendi la prima casa e hai debiti col fisco, i soldi depositati sul conto corrente provenienti dalla vendita sono a rischio di pignoramento. L’Agenzia delle Entrate Riscossione, infatti, può aggredire qualsiasi somma disponibile sui tuoi conti correnti, indipendentemente dalla loro provenienza.
Cosa succede se ho debiti con altri creditori?
Come anticipato, le regole sulla responsabilità patrimoniale valgono anche quando il debito è stato contratto nei confronti di creditori privati: questi ultimi possono quindi pignorare il conto corrente nei limiti della somma vantata, maggiorata tuttavia fino alla metà, per coprire i costi dell’esecuzione forzata e gli interessi.
Come evitare il pignoramento del conto corrente?
Se, sul conto, non sono presenti somme di denaro al momento della notifica dell’atto di pignoramento, il debitore non rischia nulla (anche se, di fatto, il suddetto conto viene ugualmente bloccato fino all’udienza del giudice).
Il debitore è in grado di sapere, con una certa approssimazione, quando interverrà il pignoramento se il creditore è un soggetto privato. Come detto, infatti, questi è tenuto a notificare 20 giorni prima l’atto di precetto.
Per i debiti fiscali è necessaria invece la notifica della cartella esattoriale 60 giorni prima o della intimazione di pagamento 5 giorni prima.
In questo frangente il debitore può prelevare le somme e bonificarle su un altro conto. Il creditore non è in grado di risalire alla lista delle movimentazioni bancarie per poter revocare eventuali storni di denaro.
Un’altra soluzione è bonificare la somma derivante dalla vendita della propria casa sul conto di un familiare o direttamente sul conto del venditore che cederà, al debitore, l’immobile che questi intende acquistare con i proventi derivanti dalla suddetta cessione.
Se il debito è con il fisco, inoltre, è possibile evitare il pignoramento presentando una istanza di rateizzazione del debito finché non verrà spesa la somma per l’acquisto della nuova casa. Difatti, una volta autorizzata la dilazione, il conto non può più essere pignorato.
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