Trussardi, arriva la prima collezione con Miroglio: le radici del lusso e debutto nella moda maschile

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di
Alessia Cruciani

Il Gruppo di Alba sta per presentare la prima collezione del Levriero dopo l’acquisizione Il ceo Alberto Racca:«Mercato in salita ma noi siamo cresciuti: ricavi 2024 a 580 milioni»

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Come si fa a rilanciare un marchio di moda prestigioso senza un direttore creativo? È questa la grande sfida del Gruppo Miroglio che, dopo aver rilevato Trussardi a marzo 2024, si prepara a presentare la prima collezione in aprile (che il Corriere ha potuto sbirciare in anteprima). «Non vogliamo che l’idea di un singolo si sovrapponga all’identità di un brand. Per questo abbiamo scelto un collettivo di persone appassionate del marchio del Levriero ma con skill diverse, e un direttore del prodotto e del design, Cosimo Dorato, che ha unito le proprie esperienze nel lusso (Alexander McQueen) con quelle nello sport (Oakley). Il risultato è eleganza con savoir faire», racconta Alberto Racca, 35 anni, ceo di Miroglio da quando ne aveva appena 30 anni, e ora ceo anche di Trussardi, dopo averne gestito l’acquisizione.
Torinese, laureato in Economia alla London School of Economics con Mba alla London Business School, sposato con una compagna di scuola e padre di tre bambini, Racca ha fatto anche un’intensa esperienza nel private equity e, in particolare, in operazioni di turnaround: «Volevo avere un impatto e nel turnaround ho trovato la passione per dare una seconda chance alle aziende».
Il giovane manager entra poi in contatto con il gruppo Miroglio e gli azionisti «si sono presi il rischio di nominarmi ad a 30 anni e farmelo fare davvero! Il rapporto tra i due fattori nell’imprenditoria italiana non è sempre 1:1. In quel momento il gruppo aveva una situazione a luci e ombre, e a breve sarebbe arrivata la pandemia. «Abbiamo fatto scelte incisive, focalizzandoci sui business con realte potenziale e semplificando l’organizzazione per dare a chi ha voglia e talento l’opportunità di emergere e fare la differenza. Tutto questo ci ha permesso di passare da un milione di ebitda nel 2019 a quasi 40 nel 2024».
Il Gruppo di Alba conta una decina di brand tra cui Elena Mirò, Motivi, Oltre, Luisa Viola, Fiorella Rubino e ora Trussardi. Nel 2023 ha registrato un fatturato di 530 milioni e prevede di chiudere il 2024 a quota 580 milioni. È presente in 22 Paesi con 36 società e 1.100 negozi monomarca e circa 1.500 multimarca.

Perché avete scelto di rilanciare un brand che aveva accumulato un debito da 100 milioni?
(sorridendo) «Cento milioni abbondanti! La proposta è arrivata dal mio responsabile operations, contattato per supportare una cordata terza. Il piano non ci convinceva, pensavamo di poter fare le cose diversamente e quindi siamo entrati in lizza dopo poche settimane. Ma il percepito del brand e la sua storia presso i clienti superava le vicissitudini che c’erano state. Abbiamo capito che Nicola Trussardi aveva lasciato un potenziale enorme. Abbiamo investito 35 milioni rilevando negozi, archivio storico, outlet, il magazzino e i dipendenti».




















































È stata un’operazione articolata.
«Sì e oggetto di studio da parte di specialisti di settore perché una della prime con procedure introdotte dal governo Draghi: concordato semplificato e composizione negoziata della crisi. La prima collezione sarà la Fall/Winter 2025 che ora stiamo vendendo ai partner: andrà sul mercato in estate».

La moda sta vivendo un momento difficile, nel 2024 il settore tessile-abbigliamento perderà tra i 5-6 miliardi. Bisogna rilanciare un intero comparto, non solo un brand.
«Noi siamo cresciuti del 6% ma siamo un’eccezione. Prima di tutto c’è una domanda debole, mai tornata ai livelli del pre-Covid mentre tutti gli altri costi sono aumentati. L’altro aspetto è che il retail dà lavoro a migliaia di persone ma gode di un sistema di ammortizzatori sociali inferiore ad altri settori».

Con Trussardi debuttate nella moda uomo, l’unica che cresce in Italia.
«È stato uno dei fattori che ci ha portato a fare questa scelta. Le dinamiche sono diverse ed è tendenzialmente una moda più timeless, soprattutto pensando all’uomo che veste Trussardi. La moda maschile è fatta molto di fiducia e Trussardi in questo ha caratteristiche vincenti. Alcuni modelli iconici venivano ancora richiesti nonostante fossero usciti dal mercato. Più volte mi sono sentito chiedere: “Il 370 è l’unico jeans che mi sta bene, quando ricomincerete a farlo?”».

Che cosa avrà di inedito la nuova collezione, la prima della nuova gestione?
«Abbiamo seguito il concetto del progressive luxury: il valore di ogni nostro capo non è definito dal prezzo ma dalla sua storia. Ha radici nella storia di Trussardi ma è reso attuale e funzionale. È una collezione focalizzata su punti chiave, a partire dalla pelle, tratto tipico della casa del Levriero. Elegante ma con tratti presi dallo sportswear, e grande attenzione ai dettagli. Abbiamo poi fatto un grande investimento sugli accessori in pelle, sia per l’uomo che per la donna».

Quali saranno i mercati di riferimento per il brand Trussardi?
«Italia, Sud-Est Europa e Middle East. Non ancora la Cina: abbiamo avuto contatti e richieste e vogliamo vagliarle al meglio».

Quali strategie e obiettivi vi siete posti per il Gruppo?
«Tra le priorità del 2025 ci sarà un forte investimento in marketing e comunicazione, circa 8 milioni di euro, per dire dall’estate in poi in modo inequivocabile che “Trussardi is back”. L’obiettivo del Gruppo è mantenere livelli di profittabilità pur avendo investimenti maggiori, i cui benefici andranno a cadere negli anni successivi. Sarà un anno in cui non vedo migliorare in modo significativo il contesto di mercato da nessuna parte in Europa. Quindi il nostro focus continuerà a essere il rapporto con i clienti. Ma ci sarà anche un grande lavoro di evoluzione stilistica su Elena Mirò. Altri due punti importanti saranno adeguare le nostre collezioni alle sfide del cambiamento climatico e integrare l’intelligenza artificiale nei processi: la descrizione delle immagini nei nostri e-commerce sarà sviluppata dall’Ai generativa».

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A proposito di clienti, come sono cambiati i consumi?
«Per noi è importantissimo aumentare il value for use, rendere i capi sempre più versatili e utilizzabili in più circostanze. E vogliamo aumentare lo story telling: raccontare una caratteristica tecnica, le occasioni d’uso, una fibra e perché l’abbiamo usata».

Ci sono altre acquisizioni in vista?
«No ma siamo aperti, guardiamo». 

Qual è la formula con cui è riuscito a convincere board e dipendenti?
«Il mio mantra è molto semplice: guardare tutti insieme nella stessa direzione. Ogni idea conta e, come manager, dobbiamo rendere rapidamente concrete le migliori senza smettere mai di imparare». 

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