Il dibattito intorno alla legalizzazione del commercio di corni di rinoceronte

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Legalizzare il commercio di corni di rinoceronte bianco per preservare la specie. Un importante esperto di fauna selvatica, Martin Wikelski, ha sollecitato la legalizzazione del commercio internazionale di corni di rinoceronte bianco, scatenando un acceso dibattito. 

Wikelski, che lavora al Max Planck Institute of Animal Behaviour in Germania, in un articolo pubblicato su Science ha sottolineato che solo transazioni legittime e monitorate possono salvare la specie. «Qualche anno fa ero molto contrario a questa idea – sostiene – ma ora, considerando la triste situazione in cui ci troviamo, credo che dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento nei confronti del commercio di corno di rinoceronte». 

L’esperto propone di rimuovere i corni, consentirne la ricrescita e venderli per finanziare progetti per la protezione della specie. I rinoceronti bianchi meridionali in Sudafrica sono passati da poche decine a ventimila esemplari (dato del 2011) in cento anni. Inizialmente fu considerato un risultato del divieto di commercio del corno del 1977. Tuttavia, il bracconaggio ha ridotto la popolazione di circa mille esemplari l’anno, dimostrando il fallimento del divieto. Poiché il corno è una «risorsa rinnovabile», Wikelski propone un commercio legale e tracciato per ostacolare il traffico illecito e favorire la tutela privata.

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La proposta ha però suscitato critiche da ambientalisti e colleghi che invece non sostengono che la legalizzazione possa salvare i rinoceronti dall’attenzione dei bracconieri. In Sudafrica, la decornazione è già diffusa per scoraggiare il bracconaggio. I corni vengono conservati, microchippati e protetti, ma questa pratica alimenta ulteriormente il mercato illegale.

Nel sud-est asiatico, soprattutto in Cina e Vietnam, il corno viene venduto come rimedio per febbre, epilessia, cancro e impotenza. Il suo utilizzo è considerato “tradizionale” poiché privo di validità scientifica e viene quindi giustificato esclusivamente dalla sua valenza storica e simbolica. 

Il corno di rinoceronte è composto di cheratina, la proteina di cui sono fatti capelli e unghie. Negli ultimi quindici anni si è diffuso anche come droga da festa, integratore alimentare ed presunto elisir per i postumi della sbornia, trasformandosi in uno status symbol. Alcune proprietà attribuite, come quella afrodisiaca, appartengono a miti occidentali trasformati in opportunità economiche.

Il bracconaggio è alimentato principalmente dall’elevata domanda, sostenuta dall’ostinazione nel perpetuare tradizioni che potrebbero essere superate con una maggiore consapevolezza. Un rischio della proposta di Wikelski è proprio che «un mercato legale del corno di rinoceronte potrebbe aumentare la domanda, offrire opportunità di riciclaggio di denaro e complicare la capacità delle forze dell’ordine di distinguere le fonti legali da quelle illegali», come sostiene Rascha Nuijten, direttore della Future for nature foundation, in una risposta anch’essa pubblicata su Science.

Tra le iniziative recenti per combattere il bracconaggio, un gruppo di ricerca ha iniettato all’interno dei corni di venti rinoceronti una sostanza radioattiva. Ciò permette di individuarli alla frontiera e li rende velenosi per gli esseri umani. Questi metodi, però, sono difficili da applicare su larga scala.

Secondo il Wwf, nel 2022, in Namibia sono stati uccisi ottantasette rinoceronti per il loro corno, di cui sessantuno della specie più rara, il rinoceronte nero, segnando un incremento del novantatré rispetto al 2021. L’impatto del commercio illegale è stato alto, considerando che all’inizio del XX secolo c’erano circa cinquecentomila rinoceronti tra Africa e Asia, mentre nel 1970 erano settantamila e oggi ventisettemila sull’intero pianeta.

In Africa vivono oltre seimila rinoceronti neri e più di diciassettemila rinoceronti bianchi. In Asia, invece, la popolazione di rinoceronti è stimata intorno ai quattromila esemplari e solo alcune decine di esemplari di Giava e Sumatra. «Sono i rinoceronti neri, di Giava e di Sumatra di cui dobbiamo davvero preoccuparci e non c’è certezza che legalizzare il commercio di corno di rinoceronte bianco gioverà alla loro conservazione», sostiene Jo Shaw, amministratore delegato di Save the Rhino International, che aggiunge: «Dovremmo vedere il livello necessario di dettaglio e controllo per fornire la certezza che una simile scommessa non finirebbe per fare più male che bene». Uno dei problemi dell’eventuale legalizzazione sarebbe quello di trovare un metodo efficace per distinguere le fonti legali da quelle illegali.

«Legalizzando il commercio di corno di rinoceronte possiamo riprendere il controllo del mercato e fermare le morti di questi animali», sostiene Wikelski. Ma non è l’unico ad aver presentato una proposta simile. Anche Duan Biggs, ricercatore della Griffith University in Australia, sostiene la legalizzazione, affermando che «la questione è complessa, ma un commercio legale ben gestito e applicato, strutturato per finanziare la protezione dei rinoceronti e apportare benefici alla comunità, probabilmente funzionerà meglio dello status quo». 

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L’imprenditore sudafricano John Hume, invece, ha creato un allevamento di rinoceronti e ha promosso attivamente il commercio legale dei corni per poter finanziare la sua attività. Grazie alla sua iniziativa, Hume è riuscito a passare da duecento esemplari di rinoceronte bianco meridionale a duemila. Nel 2023, però, la mancanza di fondi lo ha costretto a vendere il suo allevamento. Il Platinum rhino conservation project di Hume teneva lontani i cacciatori grazie a un sistema di sicurezza composto da pattuglie di elicotteri, un sistema di radar e decine di guardiacaccia armati e cani. 

La vendita legale di corni potrebbe abbassare i prezzi sul mercato nero, ridurre il bracconaggio e finanziare la protezione della specie. Tuttavia, per contrastare l’effetto di normalizzazione, occorrerebbero campagne informative nei Paesi con maggiore domanda. Il recente annuncio dell’Amministrazione nazionale cinese per i prodotti medicali (Nmpa) sulle questioni relative al sostegno allo sviluppo di alternative ai materiali medicinali cinesi rappresenta un progresso verso la fine dell’uso di specie minacciate e in via di estinzione nella medicina tradizionale.

La strada della legalizzazione è sicuramente intrisa di difficoltà, ma rappresenta un approccio nuovo rispetto a quelli adottati finora, con il potenziale per una riuscita su larga scala. Tentare questa via, insomma, potrebbe costituire un primo passo verso un cambiamento reale.



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