Inclusività, tutela delle diversità, giustizia sociale: ecco i nemici del nuovo esecutivo statunitense. Donald Trump ha infatti firmato il 20 gennaio scorso un ordine esecutivo che prevede la «cessazione di tutti i programmi discriminatori, compresi i mandati, le politiche, i programmi, le preferenze e le attività illegali della DEI nel Governo Federale, sotto qualsiasi nome essi si presentino». Quelle che il decreto definisce “programmi discriminatori” sono in realtà le politiche Dei (Diversity, Equity and Inclusion program), implementate dall’amministrazione Biden – ma che risalgono addirittura alle politiche di Kennedy – come incentivo all’inclusione nel sistema educativo e nei luoghi di lavoro. Ora, con il cambio di regime, la mannaia della repressione ha già colpito chi si occupa di queste politiche: secondo Karoline Leavitt, capo ufficio stampa della Casa Bianca, «i dipendenti di tutti gli uffici federali che si occupano di diversità, equità, inclusione e accessibilità saranno messi in congedo amministrativo retribuito con effetto immediato».
Elon Musk, di cui sono noti i legami con l’estrema destra internazionale e che pochi giorni fa è intervenuto al Congresso dell’Afd e ha esortato i tedeschi a non «concentrarsi troppo su colpe del passato», è il diretto ispiratore di questa guerra contro le politiche di inclusione, da lui definite un «Woke mind virus». Lo scorso 22 dicembre l’amministratore delegato di Tesla ha infatti rilanciato le parole di Donald Trump, pronunciate all’America Fest di Phoenix, Arizona: «Toglierò i fondi a ogni scuola che porta avanti la critical race theory», ossia la corrente di pensiero che studia l’identità etnica come costrutto sociale, «e a chi porta avanti la follia transgender e altri contenuti inappropriati a livello razziale, sessuale e politico. Esistono solo due generi: maschio e femmina». Elon Musk ha rilanciato scrivendo sui social che «la cultura woke va fermata. Sta distruggendo la nostra nazione. La cultura woke è una stronzata».
La guerra contro le politiche di inclusione comincia dalle università. Già nel 2022 Elon Musk scriveva in un tweet che «l’Università di Yale è l’epicentro del virus della mente woke che sta cercando di distruggere la civiltà», un virus che sarebbe «già penetrato nel sistema dell’intrattenimento e sta spingendo la civiltà verso il suicidio. C’è bisogno di una contro-narrazione». Questa contro-narrazione, oggi, è realtà: esistono delle università modello cui l’entourage di Trump, Musk in testa, si sta ispirando per smantellare il sistema universitario americano. Una fra tutte, che sta assumendo un ruolo di primo piano nella propaganda repubblicana contro le politiche Dei, è l’Università di Austin, in Texas. Questo college privato è stato fondato nel 2021 nella stessa città dove hanno sede anche Tesla e SpaceX, fra le principali emanazioni di Musk, in diretta contrapposizione con il cosiddetto «mondo delle università infettate dalla cultura dell’inclusione», che non lascerebbero spazio al libero pensiero e sarebbero dominate con il pugno di ferro da estremisti di sinistra. Come si può leggere sul sito dell’università, uno dei suoi obiettivi è essere il baluardo del «movimento per la libertà di parola» contro la «cultura della censura» in vigore nei principali campus statunitensi. Alcuni mesi fa, mentre tutti i campus negli USA erano percorsi dalle manifestazioni filopalestinesi, l’Università di Austin ha pubblicato un video promozionale in cui venivano mostrate delle riprese delle dimostrazioni con la scritta «loro distruggono, noi costruiamo».
Il legame di Elon Musk con l’Università di Austin non è soltanto ideologico: da un lato, ad animare il comparto tech dell’università texana sono proprio alcuni dei principali executives del programma SpaceX e della società di infrastrutture The Boring Company, entrambe fondate dallo stesso Musk; dall’altro, uno dei fondatori dell’università – nonché suo principale finanziatore – è Joe Lonsdale, miliardario del settore tecnologia e difesa con un passato da esponente di punta della Silicon Valley californiana. Lonsdale, che dopo la vittoria di Trump ha visto balzare il proprio patrimonio netto a 1,6 miliardi di dollari, è legato a doppio filo a Elon Musk: non solo ha avuto modo di lavorare con lui a PayPal nel lontano 2002, ma entrambi sono colonne portanti di America PAC, un comitato elettorale che ha raccolto milioni di dollari in donazioni per la campagna elettorale di Donal Trump per le presidenziali del 2024.
Del resto, l’interesse di Elon Musk per il settore educativo non è nuovo. Basti pensare al modello Ad Astra, oggi rinominata Astra Nova, la scuola per i figli dei dipendenti di SpaceX, che nel 2025 dovrebbe ampliare strutture e organico: ha un costo annuale di oltre 33.000 dollari a studente e un curriculum basato sulle discipline tecnologiche insegnate in un’ottica produttivista. Soprattutto, una scuola da cui sono bandite le lingue straniere, le materie umanistiche e in particolare la Storia. Ora, con il fondatore di Space X a capo del nuovo Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE, Department of Government Efficiency), con il compito di «smantellare la burocrazia governativa, ridurre i regolamenti in eccesso, tagliare le spese inutili e ristrutturare le agenzie federali», mettere le mani sul sistema educativo non sembra un obiettivo così lontano, vista anche la schiacciante maggioranza dei repubblicani nel Congresso statunitense.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link