DeepSeek ha fatto scalpore qualche giorno fa, dopo che su internet sono cominciate a circolare voci sulle potenzialità del modello di intelligenza artificiale sviluppato in Cina, DeepSeek-R1, insieme ai costi ridotti per sviluppo e utilizzo da parte degli utenti. Elementi che fanno scaturire domande di vario genere, sia tecnologico che etico. Ad esempio: dove vanno a finire i dati, anche sensibili, che l’IA riceve dagli utenti? Inoltre, il prezzo così basso di DeepSeek ridimensiona quelli richiesti dai big occidentali, come ChatGpt, forse troppo pompati dal clamore mediatico degli ultimi anni. Ne parliamo con Antonino Caffo, giornalista esperto di intelligenza artificiale e innovazioni tecnologiche, collaboratore dell’Agenzia Ansa.
Caffo, perché tutto questo interesse su DeepSeek?
DeepSeek è riuscita a raggiungere risultati notevoli con un approccio più efficiente e meno costoso rispetto ai concorrenti. Questo è stato possibile grazie all’utilizzo di ottimizzazioni software avanzate e all’impiego di hardware meno costoso. La capacità di offrire soluzioni di IA ad alte prestazioni a costi inferiori ha reso DeepSeek particolarmente attraente per aziende di tutte le dimensioni. Poi, ha adottato una politica di apertura e collaborazione, condividendo il codice sorgente e i pesi dei suoi modelli con la comunità di sviluppatori. Questo approccio ha favorito la diffusione della sua tecnologia e ha incentivato la collaborazione e l’innovazione nel settore dell’IA.
In cosa è superiore alla concorrenza?
DeepSeek si distingue nel panorama dell’intelligenza artificiale, soprattutto per alcune caratteristiche chiave. In primo luogo, l’azienda si concentra sullo sviluppo di modelli di IA generativa di alta qualità, come il suo modello linguistico DeepSeek LLM, che competono con i migliori sul mercato, inclusi quelli di OpenAI e Google. Nelle ultime ore, ha lanciato Janus-Pro, un aggiornamento di Janus, cosiddetto “multimodale”. Il modello più grande, Janus-Pro-7B, eccelle secondo l’azienda sia nella generazione che nell’analisi delle immagini, battendo i principali concorrenti PixArt-alpha, Emu3-Gen e SDXL nei benchmark di settore GenEval e DPG-Bench. Il vero punto di svolta è che il modello è disponibile gratuitamente online, essendo open source.
Subito dopo il lancio, il valore di alcuni colossi occidentali è calato in Borsa, come mai?
Proprio per quanto detto sopra, la differenza principale è l’essere open source. Minori costi di sviluppo vuol dire opportunità di rendere disponibile l’IA al pubblico di esperti, sviluppatori, imprese, così che possano lavorarci. Secondo alcune rilevazioni, il titolo di Nvidia ha registrato un calo del 10% nelle contrattazioni del pre-market e ha subito un ribasso di circa 128 dollari per azione lunedì 27 gennaio, in seguito alle notizie relative alla startup cinese DeepSeek. Microsoft e Google, pur in assenza di notizie ufficiali, potrebbero aver subito un certo contraccolpo. Non bisogna poi dimenticare che il valore delle azioni è influenzato anche da fattori macroeconomici generali, come tassi di interesse, inflazione, crescita economica globale o tensioni geopolitiche. Un evento esterno, non necessariamente legato a DeepSeek, potrebbe aver contribuito al calo in borsa.
La sede di DeepSeek a Pechino, gennaio 2025 (afp)
I colossi cominciano ad avere “paura”?
L’emergere di DeepSeek rappresenta una sfida per i colossi occidentali dell’IA, che hanno investito ingenti risorse nello sviluppo di questa tecnologia. La capacità di competere con successo, pur essendo una startup relativamente giovane, ha dimostrato che l’innovazione non è monopolio delle grandi aziende e che, probabilmente, non bisogna spendere così tanto per ottenere innovazioni significative. È possibile ottenere gli stessi risultati con un approccio più efficiente ed economico? L’annuncio di Meta di voler investire tra i 60 e i 65 miliardi di dollari nel 2025 non fa che alimentare questa incertezza. Perché sprecare tanti soldi se gli obiettivi sono raggiungibili con uno sforzo economico minore? E poi c’è un altro tema, quello della sostenibilità. Spendere di meno, usare chip meno potenti potrebbe portare a consumare una quantità minore di energia, con un impatto più sostenuto sull’ambiente.
Visti i prezzi richiesti, non è che a essere gonfiate sono state le offerte di OpenAI, Microsoft, Google Gemini e così via?
In generale si stima che il costo hardware di DeepSeek sia solo il 3% rispetto ai competitor statunitensi. Questo è Più frutto dell’uso di hardware, come le GPU, non di ultimissima generazione e comunque depotenziate e una ottimizzazione delle risorse cloud disponibili, riducendo i costi di storage, elaborazione e trasferimento dei dati. C’è allora una questione importante sull’accessibilità all’IA. Se i prezzi rimanessero così elevati, l’accesso a queste tecnologie potrebbe essere limitato a grandi aziende o a pochi individui facoltosi, creando una disparità nell’accesso all’innovazione. DeepSeek ha scelto una strada opposta, che di fatto democratizza l’uso dell’IA. È difficile dire se la strategia competitiva, “disruptive”, di DeepSeek voglia dire che si può usare l’IA a prezzi minori o se siano i tariffari dei big troppo alti. Sta di fatto che l’avvento della startup cinese ha portato ad un certo ripensamento del panorama. Possiamo attenderci delle mosse specifiche del resto del mercato, anche con una riduzione dei prezzi.
Bisogna temere per DeepSeek in quanto consumatori?
L’ascesa di startup come DeepSeek offre opportunità, ma anche serie preoccupazioni per la sicurezza dei dati degli utenti. DeepSeek, essendo un’azienda cinese, è soggetta a leggi sulla privacy molto rigide, con un forte controllo governativo sui dati. Questo significa che le informazioni condivise sulla piattaforma potrebbero essere accessibili alle autorità cinesi, sollevando rischi significativi per la privacy degli utenti. È fondamentale essere consapevoli di questa realtà.
C’è dell’altro?
La mancanza di trasparenza nei modelli di IA è un altro serio problema. Gli utenti devono valutare se i loro dati e interazioni possano essere usati per l’apprendimento automatico, rischiando un uso improprio o la creazione di strumenti dannosi. Inoltre, le piattaforme IA sono obiettivi per gli hacker, specialmente con la crescita di deep fake e strumenti simili. La protezione dei dati e la consapevolezza dei rischi sono cruciali.
Cosa fare per difendersi?
I rischi per la sicurezza informatica nell’era dell’Intelligenza Artificiale sono reali e in aumento. Per proteggersi, è essenziale un approccio proattivo: leggere attentamente i termini e condizioni, capire la gestione e l’accesso ai dati, e usare strumenti di protezione come le VPN. L’IA è potente, ma la sua rapida evoluzione richiede vigilanza, soprattutto nei confronti di aziende con politiche sulla privacy differenti da quelle occidentali.
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