Meloni «indagata»: 7 cose che non tornano nel video su Almasri

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Giorgia Meloni e il «caso Almasri»: la premier ha diffuso ieri pomeriggio un video sui suoi canali ufficiali in cui dice di aver ricevuto un «avviso di garanzia» ed essere indagata per peculato e favoreggiamento. Nel video la premier ha cercato di spiegare direttamente come ha gestito la scarcerazione e l’espulsione di Osama Njeem Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità. Ecco tutto quello che non torna, però, nel suo video.

L’INCIPIT: CONTRO IL PROCURATORE

All’inizio Giorgia Meloni presenta il procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi, che è il mittente del documento che ha in mano, come «lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona», riferendosi all’assoluzione in primo grado del ministro delle Infrastrutture nel processo Open Arms.
Che cosa non dice:
Ma Lo Voi è diventato magistrato nel maggio 1981, ed è stato il giudice, tra le altre cose, che ha indagato gli assassini di Pino Puglisi, il parroco antimafia ucciso nel settembre del 1993 da Cosa Nostra, e quelli della strage di Capaci. Associarlo a un «fallimento» e a una «posizione contro Salvini» è una scelta precisa.

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IL FOGLIO AGITATO

Meloni mostra un documento e dice che è un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato circa il rimpatrio di Almasri.
Che cosa non dice:
Si tratta di una «iscrizione al registro delle notizie di reato» e non un «avviso di garanzia», ossia non è un atto che fa parte dell’indagine. Per legge infatti in caso di reati compiuti nell’esercizio delle loro funzioni, il presidente del Consiglio e i ministri sono da un tribunale speciale, il tribunale dei ministri. Prima di poter fare indagini quindi la procura comunica con questo atto di avere inviato gli atti al tribunale dei ministri».

CONTRO IL QUERELANTE

Meloni dice: «In seguito a una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di Sinistra, molto vicino a Romano Prodi conosciuto per aver difeso Buscetta, Brusca e altri mafiosi».
Che cosa non dice:
Peccato che taccia non solo tutta la storia dell’avvocato, che ha una lunga militanza anche nell’Msi, il partito erede del partito fascista. Ma che indichi Li Gotti come avvocato di mafiosi, tralasciando il fatto che si tratta di pentiti, e, come nota Roberto Saviano, «essere avvocato di pentiti è una delle condizioni più pericolose, essere l’avvocato di Giovanni Brusca significa a parte rischiare la pelle, significa avere interrotto il rapporto con Cosa Nostra». Non solo. Li Gotti è stato anche avvocato di parte civile nel procedimento giudiziario per la strage di Piazza Fontana, per i familiari di due agenti della scorta di Aldo Moro, per la famiglia del commissario Luigi Calabresi.

L’ATTACCO ALLA CORTE

La Corte dell’Aia viene «accusata» non molto velatamente di aver spiccato il mandato di cattura internazionale del capo della polizia giudiziaria di Tripoli Almasri «curiosamente … proprio quando questa persona entra nel territorio italiano dopo aver soggiornato serenamente in altri tre Stati europei».
Che cosa non dice:
Se si può sostenere che la Corte abbia scelto una particolare tempistica per l’emissione del mandato di cattura, allora si può anche sostenere il contrario, come fa Roberto Saviano, ossia che sia Almasri abbia scelto l’Italia come rifugio sicuro, sapendo che la Libia tiene in scacco l’Italia sui migranti. Giorgia Meloni ha risposto di non essere ricattabile. Lasciamo il beneficio del dubbio, però allora dobbiamo anche smettere di fare insinuazioni sulla Corte.

LA GIUSTIFICAZIONE: «ABBIAMO SEGUITO LA LEGGE»

La liberazione di Almasri viene spiegata come atto legittimo della Corte di Roma perché la richiesta di arresto internazionale non era stato trasmesso al ministero italiano di Giustizia «come prevede la legge», quindi la corte d’appello di Roma non lo ha convalidato.
Che cosa non dice:
Sebbene sia vera l’irritualità della procedura, ossia l’arresto a Torino sia avvenuto prima dell’avviso al ministero a Roma, e la conseguente non convalida dell’arresto da parte della corte d’appello di Roma, è previsto che, data la pericolosità così alta del soggetto che costituisce il motivo stesso del mandato d’arresto internazionale, il ministro (in questo caso Nordio, anche lui indagato insieme al ministro dell’Interno Piantedosi e al sottosegretario Mantovano) possa in qualsiasi momento intervenire per fermare la scarcerazione, anche nelle ore seguenti. Era nelle sua facoltà, cioè, come ha ricordato la Corte dell’Aja. Anche Li Gotti dice che il governo si è nascosto dietro ai giudici, e al Corriere ribadisce e rilancia: «la Corte ha sollecitato il ministro. Ha cercato l’interlocuzione. Lui non ha risposto. È stato inerte. Ma era già tutto organizzato. E la prova è che nel frattempo un Falcon è stato mandato a Torino. Allora perché il ministro dice che stava consultando il fascicolo?».

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IL FINALE TRUMPIANO

«A questo punto, con questo soggetto libero sul territorio italiano, piuttosto che lasciarlo libero, noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza, con un volo apposito, come avviene in altri casi analoghi». Alla fine Meloni dice: non sono ricattabile e non mi fermo, anche se «sono invisa a chi non vuole che l’Italia cambi». Al di là della consueta narrazione vittimista sul fatto che il mondo sia contro il governo che sta «cambiando il Paese», e ribadendo invece il concetto che protegge lo Stato: «Vado avanti a testa alta e senza paura quando c’è in gioco la sicurezza dell’Italia», c’è altro sottinteso.
Che cosa non dice:
È un ragionamento sovranista e «trumpiano» che rivendica la liberazione e l’espulsione di Almasri – senza negare che sia un soggetto pericoloso – perché giustificato da una ragione superiore: la sicurezza dell’Italia. Quindi Almasri, soggetto pericolosissimo tale da non poter stare libero in Italia, invece di tornare in galera lo si mette su un aereo affinché possa continuare a perpetrare stupri, assassini, torture e tutta la lunga lista di crimini che lo riguarda: basta che lo faccia in Libia. Secondo Li Gotti, il governo è ancor più trumpiano di Trump: «Liberare il generale Almasri è una scelta peggiore di quella di Trump. Il presidente americano ha incatenato i migranti, noi abbiamo scarcerato un boia».

E I «SOLDI DEI CITTADINI»? ASSENTI

I «soldi dei cittadini», spesso protagonisti dei video di Meloni, vengono citati volentieri quando serve, ad esempio per non pagare gli autori che fanno monologhi antifascisti in Tv, come successo ad Antonio Scurati, ma taciuti alla bisogna. Intervistato da Repubblica, inoltre, Li Gotti ha spiegato di avere fatto un esposto come un qualsiasi cittadino per capire perché «i soldi dei cittadini» siano stati spesi per un volo di Stato e chi lo abbia deciso (reato di peculato).



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