Chi va contro corrente è Angelo Bonelli, che ha già stabilito la correttezza dell’indagine:
“Il governo ha violato la legge. E a lei che dice di non essere ricattabile, rispondo che è ricattabile dai libici”
È GIUSTO INFORMARE
PRIMI AVVISI DI GARANZIA
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PROCURA DELLA REPUBBLICA
presso il Tribunale
ROMA
Il Procuratore
Roma, 28 GEN 2025
OGGETTO: comunicazione di iscrizione nel registro delle notizie di reato – rif. p.p. 3924/2025 RGNR mod. 21 presso la Procura della Repubblica di Roma.
Informo la S.V. che in data 27 gennaio 2025 si è proceduto ad iscriverLa nel registro delle notizie di reato di cui all’art. 335 c.p.p. quale persona indagata per:
– il reato di cui agli artt. 110 e 378 c.p.;
– il reato di cui agli artt. 110 e 314 c.p.;
commessi in Roma ed in altre località del territorio nazionale, fino al 21 gennaio 2025, in concorso con altri soggetti svolgenti funzioni ministeriali.
In relazione all’indicato procedimento penale gli atti sono stati inoltrati al Collegio per i Reati Ministeriali del Tribunale di Roma.
Ai sensi dell’art. 6, comma 2, legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, la S.V. ha la facoltà di presentare memorie, e/o avanzare richiesta di essere ascoltato, al Collegio suddetto.
Pongo distinti ossequi
Il Procuratore della Repubblica
Francesco Lo Voi
ANM – ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI * MELONI: «NON È AVVISO DI GARANZIA, MA ATTO DOVUTO PREVISTO DALLE NORME»
Così in una nota l’Associazione nazionale magistrati ANM
Riceviamo e pubblichiamo integralmente:
© 19.50 – martedì 28 gennaio 2025
(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa)
MELONI: ANM, NON È AVVISO DI GARANZIA MA ATTO DOVUTO PREVISTO DALLE NORME
Così in una nota l’Associazione nazionale magistrati:
“Si segnala, al fine di fare chiarezza, il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell’attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall’art. 6 comma l della legge costituzionale n. 1/89.
La disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto”
🔺Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è indagata dalla procura di Roma per favoreggiamento e peculato, in relazione al caso del rimpatrio del libico Almasri, capo della polizia giudiziaria di Tripoli
A darne notizia, la stessa premier tramite un video sui social network. “La notizia di oggi è questa”, ha affermato.
“Il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del cittadino libico Almasri”
Giorgia Meloni è indagata per favoreggiamento e peculato per il caso Almasri.
Avviso di garanzia anche per Piantedosi, Nordio e Mantovano.
Lei: «Non sono ricattabile»
“Avviso di garanzia – ha continuato la premier – che è stato inviato anche ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, ed al sottosegretario Alfredo Mantovano, presumo a seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra, molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca ed altri mafiosi”
Il presidente del Consiglio ha sottolineato il fatto che vale
“oggi quello che valeva ieri: non sono ricattabile, non mi faccio intimidire”, per poi ammettere di poter “essere invisa a chi vuole che l’Italia cambi, diventi migliore. Ma anche e soprattutto per questo, intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani, soprattutto quando è in gioco la sicurezza della Nazione, a testa alta e senza paura”
“Ora i fatti: ne abbiamo parlato in questi giorni, sono abbastanza noti. La Corte penale internazionale dopo mesi di riflessione emette un mandato internazionale nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli. Curiosamente la Corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare sul territorio italiano dopo che aveva serenamente soggiornato, per circa dodici giorni, in altri tre Stati europei”, ha spiegato Meloni.
“La richiesta di arresto della Procura della Corte penale internazionale non è stata trasmessa al ministero italiano della Giustizia, come invece previsto dalla legge e per questo la Corte d’Appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida”
A questo punto, come ha sottolineato la premier, “questo soggetto libero sul territorio italiano, piuttosto che lasciarlo libero, noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza con un volo apposito come accade in altri casi analoghi. Questa è la ragione per la quale la Procura di Roma oggi indaga me, il sottosegretario Mantovano e due ministri”
Immediata la levata di scudi del centrodestra.
“Sono dalla parte di Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, di Carlo Nordio e di Alfredo Mantovano”, ha scritto su X il vicepremier Antonio Tajani. “Difendo la separazione dei poteri e condanno scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia”
Indignato il commento di Matteo Salvini, affidato sempre ai social network:
“Giorgia Meloni indagata per il rimpatrio del libico Almasri, avvisi di garanzia per il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio. Vergogna, vergogna, vergogna. Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra. Riforma della Giustizia, subito”
Il portavoce di Forza Italia Raffaele Nevi ha parlato di “attacco eversivo” e ha puntato il dito contro una magistratura politicizzata che “scambia le prerogative e l’autonomia della magistratura per un mezzo per fare politica”
#ègiustoinformare
L’avviso di garanzia è stato inviato anche ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano.
Il comandante libico Almasri era stato arrestato a Torino e poi rilasciato e anche la Corte penale internazionale aveva chiesto all’Italia di spiegare i motivi della scarcerazione avvenuta “senza preavviso o consultazione”
Ma andiamo con ordine:
sabato 18 gennaio la Corte Penale Internazionale ha emesso, con il voto favorevole della maggioranza, un mandato d’arresto per il generale libico, per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella prigione di Mittiga, vicino Tripoli, dal febbraio 2011.
Almasri è stato localizzato a Torino il 19 gennaio ed è stato arrestato.
Gli atti sono stati inviati alla Corte d’Appello di Roma, l’autorità competente per la cooperazione tra l’Italia e la Corte Penale Internazionale.
Nei tribunali di Roma è però emerso un cavillo che ha impedito di proseguire con l’arresto:
la Polizia non avrebbe potuto arrestare Almasri senza l’autorizzazione del ministro della Giustizia, che avrebbe dovuto ricevere una richiesta ufficiale dai magistrati della Corte Penale Internazionale.
Quando la Corte d’Appello ha rilevato l’irregolarità e ha chiesto chiarimenti, il procuratore generale ha ritenuto l’arresto “irrituale”, ma non illegittimo, e ha chiesto al ministero della Giustizia come procedere.
A quel punto, il ministro Nordio avrebbe potuto risolvere la questione autorizzando il proseguimento dell’arresto in base alla richiesta della Corte Internazionale.
Ma Nordio non ha risposto al procuratore generale, lasciando che i magistrati procedessero alla scarcerazione di Almasri, poiché non c’erano i presupposti legali per convalidare l’arresto.
Il generale libico è stato rilasciato nella serata del 21 gennaio
“per poi essere rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto”, aveva chiarito il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi risponendo al question time al Senato.
28 gennaio 2025
Indagati per il caso Almasri la premier, Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, quello della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
Ad annunciarlo la stessa premier sui social: «Non mi faccio intimidire».
Ecco cosa succede ora
La premier Giorgia Meloni è indagata dalla procura di Roma per favoreggiamento e peculato per il rimpatrio del Comandante della prigione libica di Mittiga, Osama Njeem Almasri.
Lo ha comunicato lei stessa sui social, aggiugendo anche che ad essere indagati sono anche i ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
L’annuncio social
«La notizia è questa», ha detto Meloni in un video. «Il procuratore della repubblica Lo Voi, lo stesso del – diciamolo – fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamnto e peculato in relazione al relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino libico Almasri; avviso di garanzia che è stato inviato anche ai ministri Nordio, Piantedosi e Mantovano».
Secondo Meloni, all’origine dell’indagine c’è la denuncia dell’avvocato «Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra, molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi»
Nella denuncia, corredata anche da un resoconto giornalistico dei fatti, LI Gotti chiede
«che vengano svolte indagini sulle decisioni adottate e favoreggiatrici» di Almasri,
«nonché sulla decisione di utilizzare un aereo di Stato per prelevare il catturato (e liberato) a Torino e condurlo in Libia»
La ricostruzione della premier
I fatti, secondo la ricostruzione della premier, sono «abbastanza noti: la Corte penale internazionale, dopo mesi di riflessione, emette un mandato di cattura internazionale nei confronti del capo della polizia di Tripoli. Curiosamente lo fa proprio quando questa persona stava per entrare in territorio italiano, dopo che aveva serenamente soggiornato per circa 12 giorni in altri 3 Stati europei.
La richiesta non è stata trasmessa al ministero italiano della Giustizia, e per questo la Corte d’appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida. A questo punto, con questo soggetto libero sul territorio italiano, piuttosto che lasciarlo libero, noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente, per motivi di sicurezza, con un volo apposito come accade in altri casi analoghi. Questa è la ragione per cui la Procura indaga me, il sottosegretario Mantovano e due ministri».
«Io», dice ancora Meloni, «penso che valga ora quello che valeva ieri: non sono ricattabile, non mi faccio indimidire, è possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione. A testa alta e senza paura».
Il tribunale dei ministri
L’avviso di garanzia arriva alla vigilia di una informativa, prevista per domani in Senato, dei ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi proprio sul caso dell’arresto, del rilascio e del rimpatrio di Almasri, ricercato dalla Corte penale internazionale dell’Aia per crimini di guerra e contro l’umanità.
La legge costituzionale varata nel 1989 sulle presunte responsabilità penali dei membri del governo prevede che il procuratore della Repubblica, quando riceve una notizia di reato connessa alle funzioni ministeriali (ed è ciò che è accaduto con la denuncia dell’avvocato Li Gotti), «omessa ogni indagine» trasmetta entro 15 giorni gli atti al tribunale dei ministri, darne avviso agli interessati.
Di qui la decisione del procuratore di Roma Lo Voi di inviare l’informazione di garanzia alla premier Meloni, al sottosegretario Mantovano e ai ministri Nordio e Piantedosi.
Dal momento in cui riceve il fascicolo, il collegio per i reati ministeriali – composto da tre magistrati – ha novanta giorni di tempo per compiere i propri accertamenti e poi decidere se archiviare, con decisione non impugnabile dopo avere sentito il parere del procuratore, oppure inviare (sempre tramite la Procura) gli atti alle Camere competenti per chiedere l’autorizzazione a procedere.
Giorni fa, l’Associazione nazionale magistrati aveva accusato Nordio di non aver risposto alle sollecitazioni della Corte d’appello di Roma – così consentendo, di fatto, il rilascio del libico.
Il caso Almasri
Almasri è stato arrestato il 19 gennaio scorso a Torino perché era stata emessa una «red notice» dell’Interpol su mandato dell’Aia.
La Procura ha inviato una prima informativa a via Arenula, seguita da quella della Procura generale di Roma il giorno successivo.
Il 21 gennaio, trascorse le 48 ore consentite dalla legge per trattenere il ricercato, e in mancanza di una risposta del ministero, Almasri è stato rilasciato ma contestualmente espulso per i motivi indicati da Piantedosi.
L’alternativa sarebbe stata emettere nei suoi confronti una misura cautelare in attesa di ulteriori passi nei suoi confronti, ma è stata preferita la via del rimpatrio immediato.
La scarcerazione e il contestuale rimpatrio di Najeem Osema Almasri hanno innescato un conflitto senza precedenti tra la Corte penale internazionale e l’Italia.
Cioè tra chi voleva arrestare e processare il generale libico capo della polizia giudiziaria accusato di torture, stupri e omicidi di migranti perpetrati nel suo Paese dal 2015 in avanti, e chi l’ha riaccompagnato a casa con un volo di Stato, considerandolo un «soggetto pericoloso per la sicurezza nazionale»
Il viaggio in Europa
Per quasi due settimane Almasri dal 6 al 19 gennaio, ha girovagato indisturbato per l’Europa, superando indenne due controlli di polizia.
In teoria la richiesta di cattura sarebbe dovuta passare per le mani del Guardasigilli prima di arrivare sulle scrivanie dei magistrati.
E questo ufficialmente non è avvenuto.
Ma la Corte penale internazionale che ha sede all’Aia sostiene di aver fatto tutto secondo le regole:
nota verbale all’ambasciata italiana in Olanda e successiva trasmissione del mandato d’arresto composto da centinaia di pagine, perché la rappresentanza diplomatica è l’ufficio competente individuato da Roma per le comunicazioni con la Cpi.
In ambasciata c’è un magistrato di collegamento che ha verosimilmente investito del caso il ministero degli Esteri, ma ciò che è accaduto in seguito non è dato sapere.
Per il momento.
È uno dei «misteri» da chiarire.
Alla base della liberazione di Almasri, decisa dalla Corte d’appello di Roma su parere conforme della Procura generale resta il vizio di forma della mancata «irrinunciabile interlocuzione» con il ministro della Giustizia, vanamente interrogato dalla Procura generale per conoscerne le intenzioni.
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Tajani: “Sembra una ripicca delle toghe”
Salvini: “Quel procuratore ci riprova”
“Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra”, tuona il leader della Lega.
Il centrodestra fa quadrato attorno al premier e ai ministri indagati
“Dalla parte di Giorgia Meloni, di Piantedosi, di Nordio e di Mantovano”
È un coro unanime quello che si leva dal centrodestra a sostegno del premier, dei ministri e del sottosegretario destinatari di un avviso di garanzia da parte della Procura di Roma in merito alla vicenda del libico Almasri.
In un video pubblicato sui social era stata la stessa presidente del consiglio a dare notizia dell’indagine a suo carico per peculato e favoreggiamento, assicurando gli italiani di non essere in alcun modo intimidita dall’azione giudiziaria avviata presumibilmente a seguito della denuncia di un “avvocato ed un ex politico di sinistra”, secondo quanto affermato e ricostruito dalla stessa Meloni.
Subito il premier è stato raggiunto dalle corali manifestazioni di sostegno da parte della maggioranza.
“Sono dalla parte di Giorgia Meloni, di Piantedosi, di Nordio e di Mantovano. Difendo la separazione dei poteri e condanno scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia”, ha scritto sulla piattaforma X il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
E anche il vicepremier Matteo Salvini non ha fatto attendere la propria reazione, arricchita peraltro da un dettaglio personale.
“Giorgia Meloni indagata per il rimpatrio del libico Almasri, avvisi di garanzia per il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio. Vergogna, vergogna, vergogna. Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra. Riforma della giustizia, subito!”
ha scandito sui social il leader leghista.
“Solidarietà assoluta al presidente Meloni e a tutti gli altri ministri del governo che hanno ricevuto gli avvisi di garanzia sul caso Almasri”
è arrivata immediatamente anche da Fratelli d’Italia e in particolare attraverso le parole del deputato e presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone
“La solita giustizia surreale e a orologeria. Come ha detto il presidente Meloni, non ci faremo intimidire”, ha commentato l’esponente di Fdi.
Tra le voci più autorevoli del partito meloniano, quella del capogruppo di Fdi alla Camera, Galeazzo Bignami. “Giorgia Meloni non è ricattabile. È evidente a tutti gli italiani come la vicenda Almasri sia un pretesto utilizzato da parte di alcuni magistrati politicizzati per intimidire chi sta portando avanti le riforme che gli italiani chiedono da tempo. Proseguiremo, a maggior ragione, con la riforma della giustizia che si rende ancor più necessaria”
ha affermato Bignami.
Per il portavoce di Forza Italia Raffaele Nevi, invece, l’avviso di garanzia recapitato a Giorgia Meloni e ai ministri Nordio e Piantedosi, insieme al sottosegretario Mantovano:
“è l’emblema di una magistratura politicizzata che scambia le prerogative e l’autonomia della magistratura per un mezzo per fare politica. Guarda caso lo stesso magistrato che aveva messo sotto processo Salvini e che si è mosso su input – immediatamente recepito – di un avvocato anche lui riconducibile alla sinistra”
Ha scritto in una nota il portavoce forzista:
“Esprimiamo la nostra massima vicinanza alla Meloni, ai ministri e al sottosegretario alla presidenza. Siamo certi che non si faranno impaurire da questo che non esitiamo a definire un attacco eversivo. Questo ci induce ad essere ancora più decisi a riformare la magistratura italiana, in particolare per ciò che attiene la valutazione dei magistrati che debbono essere chiamati a rispondere di ciò che fanno”
Puntuale anche la presa di posizione del presidente di Noi Moderati, Maurizio Lupi:
“Mi auguro con tutto il rispetto che a giustificazione del surreale avviso di garanzia a mezzo governo i magistrati che l’hanno emesso non si trincerino dietro il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale a fronte dell’esposto di un cittadino, di cui ben si conoscono le convinzioni politiche”
ha affermato l’ex ministro
“C’è un altro obbligo che tutti abbiamo – ha proseguito – ed è quello di mettere in moto il cervello prima di agire in base a impulsi ideologici o di scontro di potere.
È una responsabilità che chiunque abbia responsabilità pubbliche ha il dovere morale di mettere in atto per non eccitare divisioni e scontri che contraddicono palesemente la retoricamente affermata ricerca del bene comune”
Per Lupi, dunque:
“appare sempre più evidente a chiunque non abbia pregiudizi la necessità di una riforma della giustizia quale quella già approvata dalla camera dei deputati che prevede una separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, con i relativi Csm che ne sanciscono l’indipendenza”
🔸Da Prodi ai boss pentiti: chi è Luigi Li Gotti, l’avvocato dietro le accuse a Meloni
L’ex sottosegretario alla Giustizia ha presentato denuncia contro il governo alla procura di Roma per il caso di Osama Almasri
Giorgia Meloni è indagata dalla procura di Roma per favoreggiamento e peculato, in relazione al caso del rimpatrio del cittadino libico Almasri.
Lo ha confermato il primo ministro in un video postato sui suoi profili social in cui evidenzia che l’avviso di garanzia sarebbe stato emesso a seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra di professione avvocato.
la sottolineatura della Meloni:
“Molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi”
Ha confermato Luigi Li Gotti all’Ansa:
“Io ho fatto una denuncia ipotizzando dei reati e ora come atto dovuto, non è certo un fatto anomalo, la Procura di Roma ha iscritto nel registro la premier e i ministri”
“Ora la Procura dovrà fare le sue valutazioni e decidere come proseguire, se individuare altre fattispecie o inviare tutto al tribunale dei Ministri. Io mi sono limitato a presentare una denuncia”
Entrando nel dettaglio, lo scorso 23 gennaio – due giorni dopo la liberazione di Almasri – l’avvocato Luigi Li Gotti ha denunciato la Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti Alfredo Mantovano per i già citati reati di favoreggiamento personale e peculato.
Nella denuncia si chiede che vengano “svolte indagini sulle decisioni adottate e favoreggiatrici del suddetto Osama Almasri, nonché sulla decisione di utilizzare un aereo di Stato per prelevare il catturato (e liberato) a Torino e condurlo in Libia”.
Inoltre, l’avvocato ha ricordato che secondo il reato di favoreggiamento personale (art. 378 co.1 cod.pen.) “chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti, è punito con la reclusione fino a quattro anni”.
👉🏾 Ma chi è Luigi Li Gotti?
Chi è Luigi Li Gotti
Nato a Mesoraca, provincia di Crotone, il 23 maggio del 1947, Luigi Li Gotti vanta un discreto passato politico e in veste di avvocato ha partecipato ad alcuni dei processi più noti della storia italiana. In occasione della strage di Piazza Fontana fu avvocato di parte civile, mentre nel processo Aldo Moro rappresentò i familiari del maresciallo Oreste Leonardi.
E ancora la tutela dei familiari del commissario Luigi Calabresi in un lungo iter processuale, il processo per i fatti della Diaz a Genova e quelli per le stragi di Capaci, via D’Amelio e degli Uffizi, il processo per l’omicidio di Don Pessina, il processo Aemilia e quelli legati al clan Casamonica e alla Consip.
Per quanto concerne i processi di mafia, Li Gotti è conosciuto per essere stato difensore di noti pentiti come Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno, Giovanni Brusca, Francesco Marino Mannoia e Gaspare Mutolo.
Per quanto riguarda l’attività politica, Luigi Li Gotti iniziò nelle organizzazioni giovanili del Msi.
Dopo trent’anni di militanza a destra, nel 1998 lasciò Alleanza Nazionale per scegliere l’Italia dei Valori, diventando il responsabile della Giustizia.
Il 17 maggio del 2006 venne nominato sottosegretario alla Giustizia con delega agli affari penali, al personale e alla organizzazione giudiziaria. del governo di sinistra guidato da Romano Prodi, a cui è rimasto legato.
Alle elezioni politiche del 2008 l’elezione a senatore nelle file dell’IdV. Dieci disegni sono stati convertiti in legge: tra gli altri quelli su banca dati DNA, stalking, terrorismo internazionale, corruzione internazionale e terrorismo nucleare.
🔺”È surreale”
Anche l’opposizione sta con Meloni
Il premier indagato per la vicenda Almasri, Anche le opposizioni sottolineano l’inopportunità dell’atto dovuto della magistratura
Giorgia Meloni è stata iscritta nel registro degli indagati per favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del generale libico Almasri.
Nella denuncia si chiede ai pm di piazzale Clodio che vengano “svolte indagini sulle decisioni adottate e favoreggiatrici di Almasri, nonché sulla decisione di utilizzare un aereo di Stato per prelevare il catturato (e liberato) a Torino e condurlo in Libia”
Insieme a lei sono stati indagati anche i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano.
🔸L’indagine nasce dall’esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti
Secondo Carlo Calenda, leader di Azione:
“su Almasri il Governo italiano ha combinato un disastro, raccontando un mare di balle agli italiani. Dopodiché che un Presidente del Consiglio venga indagato per un atto che risponde evidentemente ad una ‘ragione di Stato’ (mai ammessa) è surreale e non accadrebbe in nessun altro Pese occidentale. Si saldano così due errori e si riacutizza lo scontro tra poteri dello Stato. Non un bello spettacolo”. Per Matteo Renzi, leader di Italia Viva, invece, la scelta di rimpatriare Almasri è “politicamente sbagliata” ma “non tocca a me giudicare e sono sinceramente garantista”
Poi, aggiunge, per
“noi la presidente del Consiglio è innocente come chiunque è innocente fino a sentenza passata in giudicato. Noi non attacchiamo sul piano giudiziario: noi facciamo politica”
Secondo Renzi, Meloni vuole “cavalcare questo avviso di garanzia – che è un atto dovuto – per alimentare il suo naturale vittimismo”
Chi va contro corrente è Angelo Bonelli, che ha già stabilito la correttezza dell’indagine:
“Il governo ha violato la legge. E a lei che dice di non essere ricattabile, rispondo che è ricattabile dai libici”
#sapevatelo2025
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