novità in materia di promozione e valorizzazione delle PMI e il “nuovo” subappalto

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La promozione e tutela delle Piccole e Medie Imprese (PMI)

Un tema che il c.d. correttivo al Codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. n. 209 del 2024, ha affrontato e perseguito è quello della promozione delle piccole e medie imprese, ai fini del loro inserimento in modo sempre più efficace nel “mercato” degli appalti pubblici.

Verso tale finalità sono in linea di massima volti, direttamente o indirettamente, quegli istituti detti pro-concorrenziali che, anche in applicazione del principio di massima partecipazione, ampliano in favore delle imprese di piccole e medie dimensioni la platea dei soggetti che possono “partecipare” agli appalti pubblici, sia direttamente, consentendo a queste ultime imprese di procurarsi i requisiti di partecipazione alle gare da loro non posseduti (ad esempio ponendosi come potenziali parti del contratto di appalto, come nel R.T.I.), sia indirettamente, ponendosi come soggetti esecutori di parte delle prestazioni oggetto dell’appalto (come nel subappalto).

Si tratta di istituti generali come l’avvalimento, il R.T.I., il subappalto, il consorzio, ma anche di istituti che non riguardano direttamente l’aspetto soggettivo dell’operatore economico, ma che consentono di fatto a soggetti di minori dimensioni di partecipare a procedure, come la disciplina della suddivisione dei lotti di gara.

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Il nuovo Codice già nella versione iniziale era stato sensibile alla problematica facendo dei “passi avanti” in tal senso, come testimonia ad esempio l’art. 108, comma 7, che prevede la possibilità che il bando di gara fissi dei criteri premiali a favore delle piccole e medie impresenella valutazione dell’offerta, secondo il principio della “territorialità”, per quei contratti che dipendono dal requisito della prossimità per la loro esecuzione, “ai fini della tutela della libera concorrenza e della promozione del pluralismo degli operatori nel mercato”.

Nello stesso tempo, si può anche segnalare la regola che impone di separare i lotti di gara ogni volta che la procedura d’appalto di lavori, servizi o forniture lo consenta, per evitare che l’intero appalto sia appannaggio delle imprese più grandi, venendo in rilievo le previsioni dell’art. 58 del Codice, che impone una specifica motivazione nel bando o nell’avviso di indizione della gara nel caso di mancata suddivisione in lotti.

D’altra parte, anche il diritto unionale ritiene che favorire una maggiore partecipazione delle PMI agli appalti pubblici sia un criterio importante da tenere presente nella disciplina degli appalti. Disciplina, questa, peraltro rispondente al principio di massima partecipazione, come ad esempio risulta evidente dalle pronunce della Corte di Giustizia UE, inerenti a istituti considerati pro-concorrenziali quali il subappalto e l’avvalimento, che rilevano l’esigenza di estendere al massimo della portata possibile l’applicazione di tali istituti, rimuovendo limiti normativi generali capaci di limitare il loro utilizzo (es. si vedano i per il subappalto i riferimenti sul tema delle sentenze Corte di Giustizia UE 26 settembre 2019 (C-63/18) e Corte di Giustizia UE 27 novembre 2019 (C‑402/18), che hanno ritenuto incompatibile con il diritto comunitario il limite quantitativo generale del 30% posto alle prestazioni subappaltabili, nonché la lettera Commissione Europea del 24 gennaio 2019, che ha aperto una procedura di infrazione (n. 2018/2273) e la successiva nota del 6 aprile 2022).

In Italia, peraltro, le piccole e medie imprese sono realtà particolarmente importanti del sistema produttivo in termini di macro grandezze, tanto che costituiscono circa il 90% delle imprese nazionali e la loro tutela si pone come un leitmotiv anche nel settore degli appalti pubblici.

In sede di consultazione in vista della redazione del correttivo sono emerse le difficoltà che incontrano le PMI ad accedere al mercato del credito e a presentare offerte che siano competitive a fronte di operatori economici di ben più ampie dimensioni, anche in considerazione di c.d. vincoli lavoristici nell’applicazione dei CCNL.

Le modifiche apportate dal correttivo alla disciplina del subappalto

Una modifica che effettivamente viene incontro alle esigenze delle PMI, anche perché interviene in un istituto che coinvolge spesso questo tipo di operatori economici, consentendo loro di prendere parte, sia pure in sede di esecuzione e senza partecipare alla gara, è quella apportata alla disciplina del subappalto di cui all’art. 119 del Codice.

Il correttivo al Codice, infatti, ha previsto che si debba riservare una quota pari al 20 % degli affidamenti in subappalto in favore delle PMI.

In particolare, il comma 2 dell’art. 119 è stato modificato inserendo la previsione secondo cui “I contratti di subappalto sono stipulati, in misura non inferiore al 20 per cento delle prestazioni subappaltabili, con piccole e medie imprese, come definite dall’articolo 1, comma 1, lettera o) dell’allegato I.1”.

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Inoltre, “Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta una diversa soglia di affidamento delle prestazioni che si intende subappaltare alle piccole e medie imprese per ragioni legate all’oggetto o alle caratteristiche delle prestazioni o al mercato di riferimento”.

In sostanza è stata prevista una soglia minima di stipula obbligatoria di contratti di subappalto con le PMI, anche se l’attuale formulazione della norma potrebbe ingenerare qualche dubbio interpretativo.

Infatti, come aveva indicato il Consiglio di Stato nel parere sullo schema del correttivo, il testo fa riferimento testuale alle prestazioni “subappaltabili”, nonché a quelle che l’operatore economico decide nel caso concreto di subappaltare.

Il riferimento alle prestazioni subappaltabili, tuttavia, difficilmente potrebbe essere inteso con la necessità di ricorrere al subappalto, affidando a PMI il 20 per cento delle prestazioni che la normativa vigente consente di subappaltare.

Ciò, tanto più nel vigente panorama normativo nel quale – al contrario di quanto previsto dell’art. 105, comma 2, del D.Lgs. n. 50 del 2016, prima delle modifiche apportate dal D.L. n. 77 del 2021non è più previsto il limite generalizzato del 30% dell’importo complessivo del contratto di appalto di lavori, servizi o forniture per l’affidamento in subappalto, né altro limite generale e astratto.

L’interpretazione ragionevole non pare essere quella che impone un ricorso al subappalto per una quota da attribuire alle PMI e che, quindi, non lascia spazio alla decisione dell’imprenditore, ovverosia alla sua libertà di iniziativa economica e di organizzazione, di eseguire in proprio tutte le prestazioni oggetto di appalto, bensì quella di imporre l’affidamento alle PMI del 20 per cento delle prestazioni che la stazione appaltante deciderà in concreto (liberamente) di dare in subappalto.

Il correttivo ha comunque previsto, sempre nell’ambito delle modifica del comma 2 dell’art. 119, che gli operatori economici possano indicare nella propria offerta una diversa (e minore) soglia percentuale di affidamento delle prestazioni subappaltabili alle piccole e medie imprese, motivandola con ragioni legate all’oggetto, alle caratteristiche delle prestazioni o al mercato di riferimento, che non consentirebbero di arrivare all’affidamento a PMI di una quota del 20 per cento delle prestazioni da subappaltare.

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In tal caso, la deroga è affidata all’iniziativa dell’appaltatore all’atto della presentazione dell’offerta e non all’iniziativa della stazione appaltante, a cui spetterà di vagliare la congruità delle ragioni prospettate dall’operatore economico che intenda derogare a tale limite.

Secondo una ragionevole interpretazione, l’operatore economico, nell’indicare in sede di offerta quali prestazioni intende subappaltare, dovrà specificare le prestazioni che verranno affidate a PMI e per quali quote (non inferiori al 20%), senza dover indicare, stante l’applicabilità del normale regine del subappalto, le imprese future affidatarie.

Altro dubbio può riguardare le conseguenze della violazione della disposizione che impone la quota di subappalto in favore delle PMI, nel senso di quale possono essere le “sanzioni” o, comunque, i rimedi nel caso in cui l’impresa appaltatrice aggiudicataria in concreto affidi in subappalto una quota di prestazione inferiore al 20 per cento di quanto inizialmente indicato, eseguendo in proprio le relative prestazioni o affidandoli ad altra impresa di maggiori dimensioni.

La soluzione prospettabile pare essere quella della risoluzione del contratto di appalto per grave inadempimento contrattuale o per violazione di norme imperative, come ad esempio è previsto per il caso di subappalto non autorizzato, anche se si tratta di una situazione del tutto diversa, posta quest’ultima a tutela di interessi pregnanti, quali tra tutti la tutela nei confronti di possibili infiltrazioni criminali, ma accomunata dalle finalità pubblicistiche della disciplina che impone tali requisiti. La fattispecie appare assimilabile alla situazione in cui nel vecchio regime l’appaltatore contratto avesse affidato al subappaltatore autorizzato prestazioni in misura maggiore del limite del 30%; limite poi venuto meno a seguito delle pronunce della Corte di Giustizia UE e delle modifiche normative.

Alla prescrizione che prevede la riserva del 20 per cento delle prestazioni affidate in subappalto a PMI fanno eccezione i contratti di difesa e sicurezza.

Infatti, il correttivo ha modificato l’art. 136 (“I contratti nel settore della difesa e sicurezza. I contratti secretati”), introducendo il comma 4- bis, ai sensi del quale ai contratti di difesa e sicurezza non si applicano le disposizioni che prevedono la riserva del 20 per cento in caso di subappalto in favore di piccole e medie imprese (“4-bis. All’esecuzione dei contratti nei settori della difesa e della sicurezza non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 119, comma 2, quinto periodo”).

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Sempre nell’ottica di tutela delle PMI il correttivo ha introdotto nella disciplina del subappalto il comma 2 bis all’art. 119 del Codice che prevede, coerentemente con quanto previsto per il contratto “principale” di appalto, l’obbligo di inserimento anche nel contratto di subappalto di clausole di revisione prezzi, riferite alle prestazioni o lavorazioni oggetto del subappalto che operino nei riguardi dei subappaltatori.

In sostanza, il comma 1 bis dell’art. 60 del Codice contempla, per quanto riguarda il contratto di appalto, rispetto al quale il subappalto si pone come contratto c.d. derivato, che la stazione appaltante inserisca obbligatoriamente negli atti di gara iniziali delle clausole di revisione prezzi che, ai sensi del comma 2 così come modificato dal correttivo, si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, tali da determinare una variazione in aumento o diminuzione dei costi delle opere, dei servizi o delle fornitura oltre una certa percentuale. Il tutto secondo la disciplina dettata nel neo introdotto Allegato II.2-bis.

Il menzionato comma 2 bis dell’art. 119, in sostanza prevede che tali meccanismi volti alla revisione prezzi operino anche per il contratto derivato di subappalto, con l’imposizione ab origine, in quest’ultimo contratto, di analoghe clausole di revisione, al fine da un lato, di fornire al subappaltatore una tutela analoga a quella dell’appaltatore rispetto alle variazioni dei prezzi, anche se operante nei rapporti interni tra appaltatore e subappaltatore e non direttamente nei confronti della stazione appaltante (salvo le ipotesi di pagamento diretto dalla stazione appaltante al subappaltatore ex art. 119, comma 11); dall’altro, con lo scopo di evitare che la variazione dei prezzi si sostanzi in un indebito arricchimento dell’appaltatore, con un ingiustificato depauperamento del subappaltatore, che si verificherebbe qualora quest’ultimo potesse far valere la clausola di revisione prezzi prevista per il contratto di appalto per far fronte agli aumenti dei costi inerenti alle prestazioni affidate in subappalto, incamerando le relative somme, senza rivedere i prezzi del contratto di subappalto, in tal modo facendo gravare interamente sul subappaltatore i maggiori oneri derivanti dall’aumento, con proprio profitto.

Le modalità con le quali opera la revisione prezzi per il subappalto sono disciplinate degli artt. 8 e 14 dell’Allegato II Bis introdotto dal correttivo.

Altra modifica della disciplina del subappalto riguarda gli oneri relativi al costo del lavoro, rispetto ai quali il correttivo ha sostituito il comma 12 dell’art. 119 del Codice, prevedendo la possibilità per il subappaltatore di applicare, oltre ai CCNL del contraente principale, anche in alternativa un differente contratto collettivo purché vengano garantite ai dipendenti le stesse tutele economiche e normative di quello applicato dall’appaltatore. Ciò, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto oppure riguardino le prestazioni relative alla categoria prevalente.

La ratio di tale modifica è da ricercare nello scopo di consentire un certo grado di flessibilità soprattutto alle piccole e medie imprese, a cui non viene imposto di applicare necessariamente lo stesso CCNL dell’appaltatore che potrebbe risultare maggiormente oneroso.

Il correttivo ha, altresì, modificato, il comma 17 dell’art. 119 del Codice, relativo al c.d. subappalto a cascata.

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Il nuovo Codice, anche in considerazione della procedura di infrazione comunitaria n. 2018/2273, ha soppresso il divieto generale di fare ricorso al subappalto a cascata previsto nell’art. 119, comma 7, del previgente Codice (e in precedenza nell’art. 118, comma 9, del Codice del 2006), dettando una specifica disciplina che consente alla stazione appaltante di limitare il subappalto a cascata a fronte di specifici presupposti, rispetto ai quali è ravvisabile un obbligo di motivazione, in modo da rendere trasparenti le ragioni delle suddette concrete limitazioni.

Il correttivo ha ritenuto di emendare tale disciplina con un intento chiarificatorio e, in particolare, ha previsto che, nell’ipotesi in cui l’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto sia oggetto di ulteriore subappalto (ovverosia si dia luogo a un subappalto a cascata), quest’ultimo sarà soggetto alle disposizioni generali previste per l’istituto e non a una disciplina particolare. In sostanza, a tutti i successivi subappalti rispetto al primo si applicano per intero le disposizioni previste dall’art. 119 e, in generale, dalle altre disposizioni del Codice in materia, senza alcuna differenziazione.

Una ulteriore modifica riguarda il rilascio dei certificati di esecuzione delle prestazioni e risponde alla necessità di meglio precisare la regola generale, prevista dal comma 20 dell’art. 119 (presente anche nel vecchio codice) secondo cui le stazioni appaltanti rilasciano i certificati necessari per la partecipazione e la qualificazione all’appaltatore, scomputando dall’intero valore dell’appalto il valore e la categoria di quanto eseguito attraverso il subappalto, mentre i subappaltatori possono chiedere alle stazioni appaltanti i certificati relativi alle prestazioni eseguite oggetto di appalto. In particolare, il correttivo ha emendato il suddetto comma 20 precisando che i certificati rilasciati ai subappaltatori per le prestazioni da essi eseguite possono essere utilizzate per ottenere o rinnovare l’attestazione di qualificazione soltanto da parte degli stessi subappaltatori.

Sul punto, l’art. 23, comma 1, lettera b), numero 2), dell’Allegato II.12 al codice, prevede che, ai fini della qualificazione delle imprese che hanno affidato lavorazioni in subappalto e delle imprese subappaltatrici, l’impresa affidataria può utilizzare anche i lavori di ciascuna delle categorie scorporabili previste nel bando o nell’avviso di gara o nella lettera di invito, appartenenti alle categorie di cui alla Tabella A, per l’intero importo in ciascuna delle categorie scorporabili.

Il correttivo ha inoltre introdotto una rilevante modifica, consistente nella “semplice” abrogazione di un articolo di legge esterno al Codice, inerente al cosiddetto subappalto necessario (o qualificante), ovverosia a quell’istituto non espressamente disciplinato neanche all’interno del vecchio codice, che consente all’operatore economico di partecipare a una gara per la quale non ha tutti i requisiti, affidando le relative prestazioni a un subappaltatore in possesso delle necessarie qualifiche.

Tale tipo di subappalto differisce notevolmente dall’ipotesi ordinaria di subappalto (anche detto “facoltativo”) che riguarda la fase di esecuzione del contratto di appalto, nell’ambito del quale un operatore economico in possesso dei requisiti necessari per eseguire l’intero appalto decide di affidare, per motivi economici o organizzativi, l’esecuzione di parte delle prestazioni oggetto del contratto di appalto a un altro operatore.

L’istituto del subappalto necessario ha, infatti, una natura polivalente che travalica la naturale collocazione in fase di esecuzione propria del subappalto facoltativo, per assumere un’incidenza in sede di procedura di gara, in funzione partecipativa, potenzialmente allargando la platea degli operatori economici che prendono parte all’esecuzione degli appalti.

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Infatti, il subappalto necessario viene in rilievo anche in sede di gara, consentendo la partecipazione alla procedura a un operatore economico a cui sarebbe stata preclusa, tanto che è stato talvolta considerato, in dottrina e giurisprudenza, come una sorta di “avvalimento sostanziale”, dubitando se per alcuni aspetti di dovesse applicare la disciplina dell’avvalimento, piuttosto che quella generale del subappalto (es. anticipare al momento della presentazione della domanda di partecipazione il nominativo del subappaltatore, a cui ha risposto negativamente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 2 novembre 2015, n. 9, più di recente ribadita da Consiglio di Stato, Sez. V, 1 luglio 2022 n. 5491 secondo cui, pur in carenza di un obbligo di legge, tale indicazione nominativa può essere imposta dalla lex specialis).

Il subappalto necessario presenta, infatti, delle similitudini funzionali con l’avvalimento, che costituisce anch’esso uno strumento per supplire all’assenza dei requisiti di partecipazione, avvalendosi di quelli posseduti da un altro operatore economico. Rientra anch’esso nell’ambito di quegli istituti che svolgono una funzione pro-concorrenziale, consentendo alle imprese di partecipare all’affidamento o all’esecuzione di appalti che diversamente sarebbero loro preclusi per l’assenza di requisiti.

Nel silenzio del Codice dei contratti pubblici, sia del previgente che del nuovo, la base normativa per ritenerlo vigente è stata individuata nell’art. 12 del D.L. 28 marzo 2014, n. 47 (convertito, con modificazioni, con L. 23 maggio 2014, n. 80), e si è continuato a utilizzarlo nella prassi.

Ai sensi dell’indicato art. 12, ai fini della partecipazione alla gara e dell’esecuzione dei relativi lavori è sufficiente che il concorrente sia qualificato nella categoria prevalente per poter eseguire anche le lavorazioni relative alle categorie scorporabili, ancorché sia privo delle relative qualificazioni per queste ultime opere. Tuttavia, il concorrente qualificato nella categoria prevalente non può eseguire determinate categorie di opere qualora non possegga i requisiti per queste ultime (categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria), ma potrà affidarle in subappalto a un’impresa in possesso delle relative qualificazioni e, in tal modo, potrà partecipare alla relativa procedura di gara.

La giurisprudenza, anche recente, ha più volte ribadito l’operatività di tale istituto (Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2024, n. 4724), declinandone in senso espansivo la portata, ritenendo ad esempio che, in quanto previsto e disciplinato dalla legge, il subappalto necessario si applichi alle procedure di gara a prescindere da qualsiasi espresso richiamo da parte dei bandi (Cons. Stato, Sez. V, 21 febbraio 2024, n. 1723, come in precedenza Cons. Stato, Sez. V, 21 marzo 2023 n. 2873); anzi la giurisprudenza si è spinta sino ad affermare la valenza generale del subappalto necessario, anche al di fuori della specifica disposizione normativa indicata, reputando che lo stesso sia applicabile anche quando non sia espressamente previsto dalla lex specialis di gara e non solo agli appalti di lavori ma anche a quelli di servizi e forniture “vertendosi di un istituto generale di matrice proconcorrenziale, diretto a consentire la partecipazione a quegli operatori economici che possano reperire aliunde, mediante il ricorso alla suddetta figura contrattuale, prestazioni qualificate dal requisito mancante” (Tar Veneto, Sez. I, 22 agosto 2023, n. 1204).

Al riguardo, è potuto sembrare incongruo che il nuovo Codice del 2023, che nell’art. 227 ha affermato il principio di necessaria inclusione al suo interno di tutta la disciplina, anche futura, inerente ai contratti pubblici – con la previsione secondo cui tutte le modifiche alla disciplina dettata dal codice o comunque interveniente sulla materia dei contratti pubblici devono essere fatte come modifiche al codice – avesse perso l’ “occasione” di normare il subappalto necessario, riportando nell’alveo codicistico un istituto previsto in una fonte legislativa esterna.

L’inclusione nel codice sarebbe stata, peraltro, un’occasione per disciplinare compiutamente questa forma molto peculiare di subappalto, anche per fugare i diversi dubbi interpretativi (es. la necessità di indicare o meno i subappaltatori in sede di gara esclusa come suindicato solo a livello giurisprudenziale) dovuti sia alla peculiarità dell’istituto, sia a una specifica normativa non certo completa rispetto a diversi aspetti.

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In verità, la relazione al nuovo codice del Consiglio di Stato ha giustificato tale omissione, in modo forse non troppo coincidente con la ratio dell’indicato art. 227, ammettendo che l’art. 119, al pari del previgente art. 105 del D.lgs. n. 50 del 2016, “non affronta il tema del subappalto c.d. qualificatorio o necessario, perché, a rigore, è quest’ultimo istituto ad essere eccentrico rispetto alla causa del contratto di subappalto”. Ribadendo, altresì, che “la questione dell’ammissibilità del subappalto per l’esecuzione dei lavori riguardanti le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria” è attualmente desumibile dalla perdurante vigenza dell’art. 12, comma 14, del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 2014, n. 80.

Il correttivo, introducendo il comma 3 bis all’art. 226 del Codice, ha “semplicemente” disposto l’abrogazione del suindicato art. 12 del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, così almeno apparentemente sancendo la scomparsa dell’istituito, lasciando un vuoto normativo difficilmente colmabile considerando il subappalto necessario espressivo di un principio generale.

Anche se in quest’ultimo senso potrebbe forse venire in rilevo l’indicato orientamento che valorizza la valenza generale del subappalto necessario, che anche recentissimamente ha affermato la derivazione dell’istituto dalla diretta applicazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, ai sensi del quale “Per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria e i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali … un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi”, che fa riferimento non solo allo schema dell’avvalimento ma anche a quello del subappalto (il quale implica tra l’altro la responsabilità in via solidale tra aggiudicatario e subappaltatore ai fini della corretta ed integrale esecuzione della commessa) (Cons. Stato, Sez. V, 8 gennaio 2025, n. 121).

Sarà quindi computo della giurisprudenza verificare se tali considerazioni basteranno a legittimare il ricorso al subappalto necessario, una volta venuto meno il suindicato riferimento di diritto positivo.

In senso negativo si potrebbe osservare che, in assenza di una specifica disposizione che lo contempli, torna la problematica (sopita dalla giurisprudenza a seguito dell’indicata Adunanza Plenaria n. 9/2015) secondo cui consentire di fare ricorso al subappalto necessario (nel quale l’indicazione del subappaltatore viene resa solo in sede di esecuzione), porterebbe a derogare la regola generale secondo cui i requisiti di partecipazione dell’impresa (acquisibili in subappalto) devono essere presenti al momento della formulazione dell’offerta e non essere integrati solo successivamente tramite la stipula del contratto di subappalto.

Altre modifiche apportate dal correttivo di favor per le PMI

Altre previsioni del correttivo che possono essere lette in un’ottica difavor per le piccole e medie imprese sono ravvisabili nella disciplina dei contratti riservati ex art. 61 del nuovo codice dei contratti pubblici.

Il correttivo ha introdotto il comma 2 bis al predetto art. 61 e previsto che per gli appalti o le concessioni di importi inferiori alle soglie di rilevanza europea, le stazioni appaltanti possono “riservare” la partecipazione alle procedure di affidamento o l’esecuzione alle PMI, tenuto conto dell’oggetto e delle caratteristiche delle prestazioni o del mercato di riferimento.

Ciò, fatta eccezione per le ipotesi di contratti per i quali “la stazione appaltante accerta un interesse transfrontaliero certo”, ex art. 48, comma 2.

Tale facoltà non si pone in contrasto con il diritto unionale, stante l’inapplicabilità nel caso di un interesse transfrontaliero (in linea con la disciplina degli appalti sotto soglia), e il suo esercizio presuppone una valutazione puntale della concreta fattispecie alle luce degli indicati parametri delle caratteristiche delle prestazioni e del mercato di riferimento.

Infine, per ciò che concerne la suddivisione in lotti, il correttivo ha modificato con intento chiarificatore il comma 11 dell’art. 14 (sulle soglie di rilevanza europea) nella parte in cui fa eccezione alla regola secondo cui, anche se l’appalto è suddiviso in lotti, ai fini del calcolo della soglia di rilevanza si sommano tutti i lotti, facendo riferimento all’importo globale.

Il comma 11, come modificato, configura un’eccezione a tale principio prevedendo che le stazioni appaltanti possono aggiudicare l’appalto per singoli lotti con le modalità previste per gli affidamenti sotto soglia (ovverosia di cui al Libro II, Parte I) quando l’importo stimato al netto dell’IVA del lotto sia inferiore a euro 80.000 per le forniture o i servizi, oppure a euro 1.000.000 per i lavori, purché l’importo cumulato dei lotti aggiudicati non superi il 20% dell’importo complessivo di tutti i lotti in cui sono stati frazionati l’opera prevista, il progetto di acquisizione delle forniture omogenee o il progetto di prestazione servizi.

In particolare, il comma 11 è stato modificato con l’indicazione dell’applicabilità delle modalità di affidamento dei contratti sotto soglia, mentre in precedenza la disposizione del medesimo comma esimeva radicalmente tali ipotesi dall’applicazione delle “disposizioni del codice”.

La previsione in questione, in realtà, pare più che altro inerente alle modalità di scelta della procedura di gara – consentendo a certe condizioni un affidamento secondo i criteri previsti per gli appalti sotto soglia – piuttosto che a porsi come una misura diretta di favore per le PMI.

Riferimenti normativi:

D.Lgs. n. 50 del 2016

D.L. n. 77 del 2021

D.L. 28 marzo 2014, n. 47

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