I dati dell’Osservatorio INPS parlano chiaro. Scende vertiginosamente il numero dei lavoratori che vanno in pensione, soprattutto anticipata, a causa della stretta sui requisiti per lasciare in anticipo il lavoro. Come noto, il Governo Meloni ha inasprito ulteriormente i paletti su Quota 103, introducendo il calcolo interamente contributivo, un tetto all’importo e l’allungamento delle finestre di uscita. E a farne le spese sono soprattutto le donne: nel 2024 hanno chiesto e ottenuto la pensione con Opzione donna solo 3.489 lavoratrici, il 71% in meno rispetto all’anno precedente. Insomma, in Italia conviene restare al lavoro il più a lungo possibile. Anche perché l’importo medio delle pensioni continua a scendere. Vediamo qui sotto tutti i particolari.
Pensioni, il crollo delle uscite anticipate
Andare in pensione anticipata, in Italia, è sempre meno conveniente. Lo dicono gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio INPS, che registrano un crollo verticale nel 2024 delle richieste di pre-pensionamento, determinato dall’inasprimento dei requisiti voluto dall’esecutivo Meloni. E se il presente è grigio, il futuro sembra preoccupare ancora di più. Anche nel 2025, infatti, torneranno Quota 103, Opzione donna e l’Ape sociale, ma tra tetti all’assegno e finestre di uscita ritardate fino a nove mesi – per non parlare della conferma del calcolo con metodo interamente contributivo – ad andare in pensione in anticipo saranno in pochissimi.
Secondo l’INPS, le pensioni liquidate con decorrenza 2024 sono state in totale 830.452 (per un importo medio di 1.246 euro al mese), mentre quelle con decorrenza 2023 avevano toccato quota 907.066. E la differenza da un anno all’altro è netta soprattutto nel caso delle pensioni anticipate, scese da 255.119 nel 2023 a 215.058 nel 2024 (-15,7%). Calano inoltre le pensioni di vecchiaia (da 256.342 a 254.213), quelle di invalidità (solo 52.261 liquidate l’anno scorso) e quelle di reversibilità (213.680). Insomma è un disastro su tutta la linea, dato che l’attuale trend farà scendere ulteriormente il numero di pensionamenti (sopratutto anticipati) anche nel corso del 2025.
Il problema del gender gap
Come se non bastasse, il crollo dei pensionamenti anticipati va a colpire sopratutto la popolazione femminile. Le lavoratrici che nel 2024 hanno chiesto e ottenuto la pensione con Opzione donna – con 61 anni d’età e 35 di contributi, ma solo se caregiver o invalide al 74%, oppure dipendenti di aziende in crisi – sono state solamente 3.489. Cioè il 71% in meno rispetto alle 11.996 che avevano usufruito della stessa opzione nel 2023. E sulla scelta di evitare la pensione pesa, ovviamente, anche il permanere di forti differenze d’importo a sfavore delle donne.
Se infatti l’importo medio delle pensioni è di 1.246 euro, per gli uomini questo dato sale a 1.475 euro. Mentre per le donne scende a 1.048 euro, ovvero 427 euro in meno al mese. E il gender gap resta notevole per tutti i tipi di pensione:
- Per le pensioni anticipate, gli uomini prendono in media 2.231 euro, le donne 1.887
- Per le pensioni di vecchiaia, agli uomini vanno in media 1.351 euro al mese, alle donne solo 978
- Nel caso delle pensioni di invalidità , invece, ai lavoratori vanno 908 euro, mentre alle lavoratrici solo 679 euro di media al mese
- Infine per gli assegni sociali la differenza è minima: 526 euro al mese per i maschi, 469 euro per le femmine.
Solo nel caso delle pensioni di reversibilità il trend è invertito: siccome le donne godono della quota di pensione del marito, in media ottengono 981 euro contro i 573 euro degli uomini. In poche parole, il sistema pensionistico italiano non è solo sfavorevole in senso generale. Ma è particolarmente iniquo nei confronti della popolazione femminile. Ad oggi conviene ritardare il più possibile il momento del pensionamento, specialmente se si è donne. Ed è evidente che gli strumenti messi a disposizione dal Governo, al momento, sono del tutto insoddisfacenti. Un esame di coscienza ai ‘piani alti’ sarebbe quindi necessario. Ma è improbabile che questo avverrà , almeno nel breve periodo.
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