Perché non riusciamo a riconoscere e condannare il bullismo di Donald Trump… e di Giorgia Meloni?

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Il tema dei “corsi e ricorsi storici” è una delle questioni più affascinanti della storia della filosofia, un concetto che trova il suo massimo rappresentante in Giambattista Vico, filosofo napoletano del XVIII secolo. Nel suo capolavoro, la Scienza Nuova, Vico sviluppa l’idea che la storia umana non proceda in maniera lineare, ma ciclica, seguendo un alternarsi di periodi di crescita e declino, civiltà e barbarie. Questo approccio è il fondamento per riflettere sul perché eventi, ideologie o pratiche un tempo considerate malvagie possano ripresentarsi sotto altre forme, talvolta persino sdoganate e accettate.

Secondo Vico, le società attraversano fasi ricorrenti: un’epoca “divina” (dominata dalla religione e dal mito), una “eroica” (strutturata su gerarchie rigide) e una “umana” (caratterizzata da razionalità e diritto), prima di collassare in una “barbarie riflessiva” e ricominciare il ciclo.

Questi cicli si ripetono inevitabilmente, poiché le società, nonostante il progresso tecnologico o culturale, tendono a dimenticare le lezioni del passato e a riprodurre dinamiche simili a quelle già vissute.

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Sebbene Vico non parlasse esplicitamente di “mali assoluti” che si ripresentano, la sua teoria offre una base per riflettere sul perché fenomeni storicamente condannati riemergano, seppur in forme mutate. Questo processo di sdoganamento di idee o pratiche un tempo rifiutate può essere analizzato attraverso diverse lenti: filosofiche, psicologiche, sociopolitiche e culturali.

Con il passare del tempo, la memoria degli eventi negativi tende ad affievolirsi. Le generazioni successive, non avendo vissuto direttamente quei drammi, possono banalizzarli o reinterpretarli. Questo processo può portare alla revisione storica di fenomeni un tempo condannati: ad esempio, ideologie totalitarie come il fascismo o il nazismo, una volta universalmente respinte, trovano così nuove declinazioni nei nazionalismi contemporanei.

Le società tendono a dimenticare gli errori del passato, soprattutto quando le generazioni che hanno vissuto direttamente un trauma scompaiono. Senza una memoria attiva, le nuove generazioni diventano vulnerabili alla riproposizione di ideologie pericolose.

Ne è oggi un evidente esempio la rinascita di movimenti neofascisti in Europa, spesso legittimati da retoriche nazionaliste o anti-establishment, che si nutre dell’oblio delle atrocità del XX secolo.

Ciò che era un tempo chiaramente identificabile come “male” si ripresenta sotto nuove vesti, adattandosi al contesto culturale e sociale. Il linguaggio e le narrazioni attorno a determinati fenomeni possono cambiare, rendendoli più accettabili. Ciò che un tempo era esplicitamente violento o discriminatorio può essere “ripulito” attraverso un cambio di linguaggio e di simboli.

Ad esempio, forme di sfruttamento lavorativo oggi sono spesso mascherate da termini come “flessibilità” o “opportunità”, mentre in passato sarebbero state denunciate come schiavitù o servitù. Il razzismo strutturale del passato riemerge oggi in forme “soft”, come algoritmi di intelligenza artificiale discriminatori o politiche migratorie presentate come “difesa della sicurezza”.

In tempi di crisi economica, sociale o politica, la società tende a cercare risposte rapide e rassicuranti. Questo favorisce l’emergere di figure o idee che promettono un ritorno a un passato idealizzato, anche a costo di riproporre pratiche o ideologie oppressive. La paura del futuro e l’incertezza sono un terreno fertile per il ritorno di dinamiche regressive.

Molti “mali” si riaffacciano perché sfruttano pulsioni profonde dell’essere umano: il bisogno di sicurezza, l’identità tribale, la paura del diverso. La demonizzazione di gruppi marginali (ieri gli ebrei, oggi i migranti) risponde alla necessità di individuare un “capro espiatorio” in tempi di crisi.

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Un altro elemento cruciale è l’abilità del potere di riscrivere la storia e manipolare la percezione collettiva. Coloro che detengono il potere spesso riformulano ciò che un tempo era condannato per giustificarne il ritorno. La propaganda, i media e le tecnologie moderne giocano un ruolo fondamentale in questo processo, rendendo accettabile ciò che un tempo era inaccettabile.

Così l’autoritarismo, condannato dopo il 1945, riemerge in regimi “illiberali” (Ungheria, Turchia, Stati Uniti, Itlia) giustificati da presunte minacce esterne o caos interno.

In epoche di sfiducia nelle grandi narrazioni (religione, progresso), il rifiuto di valori universali può portare a riabilitare idee prima ritenute intollerabili, in nome della “libertà di opinione”. Inoltre, La convinzione che il progresso tecnologico e scientifico equivalga automaticamente a un miglioramento etico e morale è spesso fuorviante. Anche in epoche di grande sviluppo, il lato oscuro della natura umana può riemergere, riproponendo conflitti e ingiustizie che si credevano superate.

Ne sono esempio la negazione del cambiamento climatico, l’opposizione ai vaccini… fino ad arrivare alla negazione dell’olocauso e al terrapiattismo!

Per Hegel, la storia è un processo dialettico in cui ogni tesi genera un’antitesi, portando a una sintesi. Tuttavia, questa sintesi può includere elementi regressivi se la società non assimila criticamente il passato.

Nietzsche suggerisce che gli esseri umani sono destinati a ripetere ciclicamente gli stessi errori se non sviluppano una volontà di superamento (Übermensch).

Per Le Bon e Freud le folle sono facilmente manipolabili attraverso simboli e narrazioni emotive, rendendo possibile la riabilitazione di ideologie pericolose. Freud aggiunge che la rimozione dei traumi collettivi crea un “ritorno del rimosso” in forme distorte.

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Hannah Arendt, studiando il nazismo, osservò che il male spesso non è “mostruoso” ma banale: si ripete perché normalizzato da burocrati o cittadini passivi.

Esempi di ricorsi?

Il colonialismo ottocentesco, una evidente forma di sfruttamento, riemerge oggi in forme economiche (multinazionali che sfruttano risorse del Sud del mondo) o militari (interventi “umanitari” con secondi fini).

L’eugenetica nazista del Novecento, in questi tempi, si ripropone in modo surrettizio in dibattiti su editing genetico e intelligenza artificiale, presentati come “progresso” nel transumanesimo di cui Elon Musk è uno degli apostoli più attivi.

Perché il passato non insegna?

In parte a causa di una complessità sistemica:  problemi moderni (globalizzazione, tecnologia) rendono difficile riconoscere analogie con il passato. In parte per l’effetto Dunning-Kruger: l’ignoranza storica genera la falsa sicurezza nel giudicare il presente come “eccezionale”.
In parte per meri interessi materiali: i cosiddetti poteri forti (corporazioni, governi) traggono vantaggio dal ripetersi di dinamiche di sfruttamento.

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E chi non ricorda il passato, è condannato a ripeterlo.

Tutto questo per dimostrare che il “bullismo” di Trump, così come quello di altri populisti (post) fascisti di cui anche Giorgia Meloni è un perfetto esempio, non è un’eccezione, ma un ricorso storico reso possibile da un contesto socioeconomico maturo (disuguaglianze, crisi identitarie), tecnologie che amplificano l’odio e la semplificazione, una cultura politica che ha smarrito il valore del dialogo e del compromesso.

Come scriveva Nietzsche, “Tutto ciò che è profondo ama la maschera”: il bullismo politico riesce a prosperare perché si traveste da ribellione contro un sistema corrotto, anche quando riproduce gli stessi vizi che pretende di combattere. La sfida è riconoscere, dietro le nuove forme, gli stessi meccanismi di potere e paura che hanno alimentato i “mali” del passato.

Come opporsi a tutto ciò?

Pur in contesti diversi (prendendo in esame Stati Uniti e Italia), sia Trump che Meloni utilizzano tattiche riconducibili a un populismo autoritario che sfida le norme democratiche:

Linguaggio polarizzante e delegittimazione degli avversari
Trump: insulti (“Crooked Hillary”, “Sleepy Joe”), teorie complottiste (“Pizzagate”), attacchi alla stampa (“nemici del popolo”).
Meloni: retorica contro “élite globaliste”, “lobby LGBT“, o “buonisti immigrazionisti”, spesso associando avversari a minacce all’identità nazionale.

Sfruttamento delle crisi e creazione di “nemici”
Trump: immigrati come “invasori” e “criminali”, la “sinistra radicale” come distruttrice dei valori.
Meloni: migranti dipinti come pericolo culturale, UE come ente oppressivo, ONG come “taxi del mare”.

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Normalizzazione della provocazione e della menzogna
Trump: oltre 30.000 dichiarazioni false o fuorvianti durante il primo mandato da presidente (dati del Washington Post), negazione dei risultati elettorali.
Meloni: minimizzazione del fascismo storico (es.: dichiarazioni su Mussolini “buon politico”), uso di dati distorti su immigrazione e sicurezza.

Culto della personalità e anti-istituzionalismo
Entrambi presentano se stessi come voci del popolo contro un sistema corrotto, aggirando media e controlli democratici (Trump su Truth Social, Meloni evitando come la peste qualsiasi intervista con giornalisti veri, ritenuti scomodi).
 

Per contrastare tutto ciò è necessaria una risposta democratica che non può limitarsi alla condanna morale. È necessaria un’educazione alla cittadinanza critica, insegnare il valore delle istituzioni democratiche e i danni dei regimi autoritari, contrastare la disinformazione insegnando a riconoscere fake news e linguaggio manipolatorio, proteggere la libertà di stampa (Italia al 41° posto nella classifica RSF) e l’indipendenza della magistratura.

In Italia, il bullismo politico di Meloni si manifesta con la sua narrativa vittimista che è finalizzata a promuovere leggi repressive, come ad esempio il ddl Sicurezza, e attacchi ai diritti civili: ostilità verso lo ius scholae, le unioni LGBTQ+, la libertà accademica (“la dittatura woke”). Nonostante ciò, la quasi totalità dei media, e persino buona parte dei partiti di opposizione, pretendono di far credere che tutta l’anormalità che ci viene proposta in questi tempi debba esser considerata normalità.

Come scriveva Norberto Bobbio, la democrazia è un “sistema imperfetto” che sopravvive solo se i cittadini la difendono attivamente. Il bullismo di Trump e Meloni non è invincibile: è la versione moderna di un ricorso storico che, come insegnava Vico, può essere interrotto con la memoria, la responsabilità e la capacità di immaginare un futuro diverso.

Basta rimboccarsi le maniche e, perlomeno, iniziare a dire, persino urlare, che tutto questo cui stiamo assistendo non è affatto normale e tantomeno democratico.

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