Salento, l’operazione antimafia fa luce su un tentato omicidio

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Dall’inchiesta antimafia dei carabinieri sono spuntati fuori anche i nomi dei presunti responsabili del tentato omicidio del 46enne leccese, Massimo Caroppo. Un capitolo dell’indagine riguarda infatti l’episodio di sangue avvenuto a Lecce nel 2014, quando il 46enne era sopravvissuto per miracolo ai colpi di un’arma da fuoco che lo avevano raggiunto al volto e al braccio sinistro, durante un agguato avvenuto in località San Ligorio, alle porte di Lecce. L’episodio era rimasto un “cold case” per oltre dieci anni.

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L’attività investigativa dei carabinieri si è concentrata quindi sulla Fabio Marzano e Marco Franchini, finito in carcere nel corso del blitz: ipotesi investigativa riscontrata dai militari anche nelle parole di alcuni collaboratori di giustizia che avevano reso dichiarazioni riguardo quell’imboscata, scaturita dai contrasti fra esponenti di clan rivali per interessi legati ai traffici di droga.

L’indagine

L’indagine, condotta dal 2020 al 2024 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Lecce, è stata denominata “Sud Est” perché gli elementi indiziari acquisiti hanno messo in evidenza l’esistenza nella provincia di Lecce di un’associazione per delinquere di tipo mafioso, capeggiata da un soggetto già condannato per mafia e ora detenuto, a cui sono collegati ulteriori 2 gruppi criminali dediti al narcotraffico in tutto il territorio salentino, secondo intese definite all’interno dell’associazione a delinquere di tipo mafioso di base nella città di Lecce. I militari dell’Arma hanno eseguito all’alba di oggi 88 arresti (57 in carcere e 31 ai domiciliari) su 112 indagati

L’attività dei militari dell’Arma, condotta con metodi tradizionali “sul campo” come gli appostamenti, i pedinamenti, le ricognizioni e osservazioni aeree, ma anche attraverso sofisticate indagini tecniche, hanno confermato come il traffico di droga continua a costituire il core-business della mafia leccese, tuttavia un significativo elemento di novità evidenziato dall’indagine è l’apertura a possibili “collaborazioni” fra gruppi criminali operanti in differenti zone del Salento, una sorta di “joint venture” criminale eletta a forma di profitto che abbraccia più sodalizi capeggiati da esponenti della criminalità organizzata, attorno alla quale ruotano il narcotraffico, le estorsioni per debiti di droga, l’autoriciclaggio e la violazione della disciplina sulle armi, tutti reati svolti anche in modo autonomo oltre che associato, originando un intreccio di affari illeciti lucrosi per tutte le associazioni, in un patto di collaborazione reciproca che assicurava guadagno e controllo del territorio. La gravità indiziaria conseguita, allo stato, sul piano cautelare, riguarda indagati fra cui spicca il detenuto Antonio Marco Penza, già condannato per 416bis, operante nella città barocca, nonché i suoi due principali referenti territoriali che sarebbero Andrea Leo, anche lui già condannato per 416bis, operante nei territori di Vernole, Melendugno e paesi limitrofi e Francesco Urso, operante sul territorio di Andrano e paesi limitrofi, ciascuno al vertice delle organizzazioni egemoni nelle zone di rispettiva competenza. Questi ultimi due sarebbero stati capaci di gestire un vero e proprio monopolio del traffico e dello spaccio di droga avvalendosi della loro appartenenza alla compagine mafiosa capeggiata da Penza, utilizzando una fitta rete di collaboratori distribuiti nel capoluogo e nei vari paesi della provincia, che si ritiene abbiano avuto il compito di curare i rapporti con le altre realtà criminali presenti in tutto il Salento interessate al business della droga. Al riguardo, dagli indizi emersi, ciascun gruppo criminale avrebbe una struttura organizzativa a carattere verticistico, connotata da vincoli gerarchici, stabili rapporti di frequentazione, grande capacità di rigenerarsi, interscambiabilità dei ruoli, disponibilità di armi e di basi logistiche.
Inoltre, le prolungate e articolate attività investigative hanno consentito di riscontrare l’attivismo di numerose piazze di spaccio ben strutturate e organizzate nella provincia di Lecce, come ad esempio quella sul territorio di Racale e dei paesi vicini, oppure quella di Tricase e ancora le piazze di spaccio nella zona di Scorrano e Maglie, che sarebbero tutte gestite da altri affiliati al gruppo Penza.

L’operazione ha coinvolto più di 470 militari del Comando Provinciale di Lecce, con il supporto di unità specializzate, tra cui militari della Compagnia di intervento operativo e delle squadre antiterrorismo dell’11° Reggimento Carabinieri “Puglia”, del Nucleo Cinofili Carabinieri di Modugno (Bari), dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia”, del 6° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Bari, nonché rinforzi giunti da altri comandi della Puglia.

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