Da mesi, i tabloid britannici raccontano il botta e risposta su X tra il magnate americano e l’attuale primo ministro laburista inglese. Tra emoji, fake news e accuse, si protrae un acceso confronto a colpi di tweet. Battute e silenzi che inevitabilmente condizionano le sorti politiche del Regno Unito. L’obiettivo che spinge Musk a fomentare media e opinione pubblica britannica mira a minare le regolamentazioni economiche recentemente introdotte nel Regno Unito, in particolare le politiche fiscali e ambientali che Musk giudica eccessivamente restrittive. Attraverso Tesla, il miliardario ha avviato una trasformazione significativa nel settore automobilistico britannico, sostenuta da quasi 200 milioni di sterline in sovvenzioni pubbliche dal 2016
◆ L’analisi di SAMUEL CAMPANELLA, da Londra
► Immaginiamo un incontro di pugilato: da un lato del ring, Elon Musk, miliardario filotrumpiano, peso massimo di ideologie filo-fasciste e controverso personaggio sociopatico, capo di uno dei social più utilizzati al mondo, quello che fu Twitter, ora rinominato X. Dall’altro, il laburista Sir Keir Starmer, primo ministro britannico e praticamente unico leader progressista in un’Europa sempre più soggiogata dall’ondata populista. Intorno a loro, il popolo britannico che tifa per il proprio idolo.
Ma andiamo con ordine. Lo scontro ha inizio alla fine dell’estate del 2024, non appena il neo-eletto premier mette piede a Downing Street. In quel periodo, il Regno Unito è fortemente scosso da una serie di disordini e tensioni sociali, dovuti principalmente a una profonda crisi economica che – ancora oggi – sta mettendo a dura prova il popolo di Sua Maestà. Sull’onda di queste proteste di piazza, la situazione si inasprisce quando tre bambine perdono la vita in un attentato terroristico. L’aggressione viene subito strumentalizzata e diffusa su alcune piattaforme social, tra cui X, accusando falsamente un immigrato musulmano. Approfittando della situazione, il magnate Elon interviene con un tweet tanto breve quanto lapidale: «Una guerra civile è inevitabile». La frase, rapidamente virale, mobilita masse di follower e esaspera ulteriormente gli animi: le proteste violente, alimentate da gruppi di estrema destra, sfociano in scontri e razzie, trasformando Londra nella città simbolo di un Paese in pieno subbuglio. Ma Starmer non si fa trovare impreparato, smentendo le false notizie e condannando immediatamente ogni atto di violenza. Infine, decide di rispondere direttamente su X con un avvertimento chiaro: «Alle grandi aziende di social media e a chi le gestisce: i disordini violenti, chiaramente fomentati online, sono anch’essi un crimine».
A poca distanza dai fatti di Southport, Musk infligge un altro duro colpo, inserendosi nel controverso dibattito sulle cosiddette “grooming gangs” – gruppi criminali che manipolano e sfruttano sessualmente minorenni vulnerabili – nel Regno Unito. Musk accusa non solo i media britannici progressisti di aver coperto questi crimini, ma attacca direttamente Starmer, all’epoca a capo della Crown Prosecution Service (Cps), una sorta di procura della Repubblica in Galles e in Inghilterra, accusandolo di non aver fatto abbastanza per affrontare e prevenire tali abusi durante il suo mandato. Fatti che, sebbene privi di prove concrete, hanno nuovamente sconvolto il dibattito pubblico britannico.
Nonostante tutto ciò possa sembrare un passatempo da miliardario annoiato, le motivazioni che spingono Musk a fomentare media e opinione pubblica britannica sono ben più profonde. L’obiettivo è minare le regolamentazioni economiche recentemente introdotte nel Regno Unito, in particolare le politiche fiscali e ambientali che Musk giudica eccessivamente restrittive. Considerazioni che non sono passate inosservate, scatenando un acceso dibattito politico, in particolare nelle fazioni euroscettiche e conservatrici britanniche. La situazione si è ulteriormente esacerbata dopo le indiscrezioni secondo cui Musk potrebbe donare 100 milioni di dollari al partito Reform UK, guidato da Nigel Farage. Sebbene non confermata, questa notizia ha suscitato preoccupazioni sulla trasparenza del finanziamento politico e sulla potenziale influenza di figure straniere nel sistema democratico britannico.
In questo complesso panorama, è interessante osservare come i media progressisti britannici si soffermino sulla figura di Musk, spesso con toni critici. “The Guardian” lo ha recentemente definito il “World’s richest pub bore” (letteralmente “Il più ricco chiacchierone da pub del mondo”), mentre la Bbc gli ha dedicato un’intera pagina dal titolo “Elon Musk’s curious fixation with Britain” (La curiosa fissazione di Elon Musk per la Gran Bretagna). Inoltre, un recente sondaggio di YouGov rivela che la maggioranza dei cittadini britannici e tedeschi considera inopportuno che Musk tenti di influenzare le politiche nazionali. Tuttavia, la realtà è che Musk è ormai una figura strettamente legata al destino economico del Regno Unito. Attraverso Tesla, il miliardario ha avviato una trasformazione significativa nel settore automobilistico britannico, sostenuta da quasi 200 milioni di sterline in sovvenzioni pubbliche dal 2016. Questo aspetto, insieme alla sua controversa personalità, continua a essere al centro del dibattito sulle sue intenzioni e sul suo ruolo nella politica e nell’economia del Paese.
Ma nonostante le chiacchere da pub, questa discussione si inserisce in un contesto ben più ampio, in cui il Regno Unito cerca di ridefinire il proprio ruolo economico e politico post-Brexit. Da un lato, l’attrazione di investimenti stranieri è cruciale per sostenere la crescita; dall’altro, emerge la necessità di bilanciare questa apertura con l’autonomia decisionale e la tutela degli interessi nazionali. E Musk, con la sua doppia veste di imprenditore visionario e figura polarizzante, incarna perfettamente queste tensioni. Su questo molte testate progressiste ne discutono, in particolare l’autorevole “The Guardian” che ha recentemente dedicato molte pagine agli effetti politici generati innescati dal tycoon sudafricano.
Dal punto di vista europeo, il dibattito Musk-Starmer è certamente un motivo di riflessione su come i governi stiano gestendo le relazioni con i grandi attori privati. Se è vero che le loro innovazioni possono accelerare progressi tecnologici e ambientali, è altrettanto cruciale garantire che il potere economico non si traduca in un’influenza politica mercenaria. La crescente concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di pochi, come evidenziato dalle recenti discussioni al World Economic Forum di Davos, nonché la rivoluzione “dall’alto” che sta avvenendo negli Stati Uniti, pone importanti sfide per le sempre più precarie democrazie del vecchio continente.
In breve, il dissing tra Musk e Starmer ci dimostra come i social media siano ormai strumenti in grado di modellare cultura, politica ed economia senza limiti di pensiero o di confine. Nessuno può prevedere le mosse dell’uomo più ricco del mondo, ma è chiaro che Musk sta utilizzando la sua immensa ricchezza per esportare, anche all’estero, i fondamenti del controverso moralismo Maga. Una cosa è certa: lo scontro fra questi due giganti è appena cominciato e certamente non mancherà ancora di sconvolgerci. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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