Che cosa prevede la nuova bussola per la competitività europea

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito personale

Delibera veloce

 


Fino a ieri, si poteva pensare che fosse un’anomalia tutta italiana quella per cui lo stesso presidente del Consiglio riesce a guidare due esecutivi diametralmente opposti e a portare avanti (al netto dei giudizi di valore) l’azione di governo con entrambi. Ora, invece, nel Pantheon dei camaleonti – o opportunisti, direbbero i malvagi – politici l’avvocato del popolo è stato affiancato nientedimeno che da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea passata e presente.

Se la popolare tedesca aveva espletato il suo primo mandato sotto il glorioso vessillo del Green deal, nell’epoca in cui Greta Thunberg motivava migliaia di giovani elettori a riempire le piazze di tutta Europa, ora l’eredità di quel Patto verde sembra esserle diventata scomoda. Non è certo una novità che il suo partito, il Partito popolare europeo, sia diventato sempre più insofferente alle norme che aveva fatto approvare all’Eurocamera con l’appoggio di tutte le forze politiche alla propria sinistra, fino a prenderle a picconate negli ultimi scorci della nona legislatura.

Ma ora, alla crociata anti-green (o pro-impresa, come preferiscono chiamarla i suoi alfieri) ha preso parte anche la stessa von der Leyen. L’ufficialità è giunta, appunto, con la presentazione della Bussola per la competitività al palazzo Berlaymont a Bruxelles nella mattinata di ieri (29 gennaio). Affiancata dal vicepresidente esecutivo Stéphane Séjourné, che detiene le deleghe alla Strategia industriale e alla Prosperità, il capo della Commissione ha snocciolato per sommi capi il contenuto della prima proposta legislativa di punta del nuovo Collegio.

Prestito personale

Delibera veloce

 

«L’Europa ha tutto ciò che serve per avere successo nella corsa al vertice» dell’economia globale, ha scandito parlando di fronte ai giornalisti in una sala stampa affollata come quando, lo scorso settembre, l’ex numero uno della Bce ed ex premier italiano Mario Draghi ha presentato il suo anticipatissimo rapporto sul futuro della competitività europea, proprio quello che la Bussola vuole tradurre in azione concreta. 

Avremo anche tutto, ha aggiunto von der Leyen, ma «dobbiamo correggere le nostre debolezze per recuperare la competitività» e non farci schiacciare tra Cina e Stati Uniti. Le ha fatto eco Séjourné, che ha definito il documento la nuova «dottrina economica della Commissione per i prossimi cinque anni, che può essere riassunta in una parola chiave: competitività». Cosa contiene, dunque, la nuova Bibbia di Bruxelles?

La Bussola si articola lungo tre pilastri fondamentali, per realizzare i quali l’esecutivo comunitario prevede di mettere sul tavolo una ventina di proposte legislative dai nomi più e meno altisonanti. Il primo pilastro richiama la necessità di colmare il divario con le altre grandi potenze mondiali nel campo dell’innovazione. 

Al cuore della strategia di von der Leyen & co. troviamo l’intelligenza artificiale, con due iniziative «faro» (AI Gigafactories ed Apply AI) per guidarne lo sviluppo e l’adozione industriale soprattutto nei settori strategici, che verranno affiancati da piani d’azione per i materiali avanzati e le tecnologie quantistiche, biotecnologiche, robotiche e spaziali nonché da una strategia per le start-up e, non ultima, l’introduzione di un cosiddetto «ventottesimo regime giuridico» teso a semplificare le norme rivolte alle imprese, attualmente frammentate in ventisette ordinamenti nazionali.

Il Clean Industrial Deal si occuperà di elaborare un approccio che, anche appoggiandosi all’Affordable Energy Action Plan con cui mantenere sotto controllo i prezzi energetici, dovrà permettere di tenere insieme decarbonizzazione e competitività (secondo pilastro), mentre l’Industrial Decarbonisation Accelerator Act avrà l’obiettivo di estendere e facilitare la concessione dei permessi ai settori in transizione e a quelli ad alta intensità energetica.

Il terzo pilastro parla di riduzione delle dipendenze dall’estero e di aumento della sicurezza. Questo risultato passa, nei piani della Commissione, attraverso la stipula di una nuova serie di «partenariati efficaci» con Paesi terzi da incentrare non solo sugli accordi commerciali di libero scambio ma anche sui cosiddetti «investimenti puliti», per garantire al Vecchio continente una fornitura affidabile di materie prime, energia e tecnologie sostenibili. 

A livello operativo, tali priorità andranno realizzate seguendo cinque «abilitatori orizzontali», che dovranno informare l’approccio legislativo del Collegio nei prossimi anni. Il primo e più importante, almeno a giudicare da quante volte è stato ripetuto da von der Leyen e Séjourné, è senz’altro quello della semplificazione. Un mantra che risuona già da tempo nella capitale Ue soprattutto tra gli ambienti più refrattari alle regolamentazioni verdi e all’ipertrofia burocratica comunitaria, denunciato come «deregulation» dai critici. 

Si tratta, in sostanza, di ridurre gli oneri di rendicontazione sulla sostenibilità che nella scorsa legislatura erano stati creati in capo alle imprese – soprattutto quelli relativi alla due diligence, bestia nera delle aziende ma anche della cosiddetta «maggioranza Venezuela» che si è formata in qualche occasione all’Eurocamera di Strasburgo – per un risparmio che, secondo i calcoli dei tecnici della Commissione, dovrebbe lasciare nelle tasche degli imprenditori europei qualcosa come 37,5 miliardi di euro. 

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Lo strumento principale attraverso cui questa semplificazione, o almeno una parte di essa, dovrebbe venire messa in campo è un cosiddetto «provvedimento Omnibus» (o forse, verosimilmente, più di uno) attraverso il quale ritoccare – o intaccare, se vogliamo – con una serie di emendamenti anche controversi la legislazione verde esistente. Del resto, hanno spiegato alti funzionari del Berlaymont, siccome il Green deal non aveva precedenti cui ispirarsi, il suo impianto normativo ha lasciato intenzionalmente un certo numero di aperture e clausole di revisione per modificarlo in corsa, adattandolo lungo la strada man mano che la sua implementazione ne avrebbe portato alla luce le criticità.

Niente paura, hanno però stemperato von der Leyen e Séjourné. Nessuno vuole mettere le mani sul Green deal e gli ambiziosi obiettivi climatici che si è data l’Ue negli scorsi cinque anni rimangono in piedi. Piuttosto, dicono, si potrà aprire ora una discussione sul «percorso» migliore da seguire per raggiungerli, e adattarlo alle nuove circostanze all’insegna di altre due parole magiche che già circolano con insistenza: flessibilità e pragmatismo. 

C’è poi una strategia orizzontale che investirà altri due abilitatori, il mercato unico (all’interno del quale vanno rimosse le barriere che ne ostacolano il funzionamento) e i finanziamenti: quella che dovrà portare alla costruzione della famigerata Unione dei risparmi e degli investimenti, auspicata anche da un altro ex presidente del Consiglio italiano in un’altra relazione presentata l’anno scorso. Che è poi il nuovo nome dato alla vecchia Unione dei mercati dei capitali, di cui si parla da anni ma che non ha mai visto la luce.

Comunque la si voglia etichettare, comunque, lo scopo di questa nuova entità dovrebbe essere quella di creare nuovi prodotti finanziari europei per trattenere su questa sponda dell’Atlantico l’enorme mole di capitali privati che, oggi, volano via ogni anno verso la giurisdizione a stelle e strisce. E proprio di capitali privati von der Leyen sembra avere un grande appetito, dato che, certifica, gli investimenti pubblici non saranno neanche lontanamente sufficienti a finanziare le priorità dell’Ue per i prossimi anni (Draghi parlava di briciole nell’ordine degli ottocento miliardi l’anno).

Al quarto punto sono annoverate le competenze e i lavori di qualità, che dovranno rendere l’economia europea a prova di futuro, e la necessità di migliorare il coordinamento delle politiche tra Bruxelles e i Ventisette. A quest’ultimo scopo si prevede l’istituzione di uno Strumento di coordinamento della competitività, il cui ruolo dovrà essere sostanzialmente quello di garantire l’attuazione a livello nazionale degli obiettivi comunitari, come ad esempio la realizzazione (leggi: il finanziamento) dei progetti d’interesse comune che coinvolgono diversi Stati membri. 

La dotazione di questo Strumento dovrà infine venire da un Fondo per la competitività, che von der Leyen vorrebbe inserire nel prossimo quadro finanziario pluriennale (Qfp) per il periodo di programmazione 2028-2034, i cui negoziati cominceranno nella seconda metà di quest’anno. Non sono ancora circolate cifre precise sull’entità di un simile Fondo, ma l’idea è che vada a sostituire un certo numero di programmi e strumenti già attivi per ridurre la frammentazione (e, appunto, semplificare). Il che fa pensare che si tratterà più che altro di una rimodulazione delle risorse che le cancellerie già versano nel bilancio comunitario, anche se la presidente ha rimarcato che andrebbero prese in considerazione nuove risorse proprie nell’imminente negoziato tra i colegislatori (Europarlamento e Consiglio).

Tutto bene dunque? Non esattamente. Se i compagni di partito di von der Leyen hanno salutato, insieme ai liberali, la nuova Bussola che dovrà guidare l’Unione nella tempesta, gli alleati socialdemocratici sono stati decisamente meno entusiasti. «Non è al servizio delle imprese, delle persone né dell’ambiente», si legge in un comunicato pubblicato dal gruppo parlamentare degli S&D in contemporanea alla presentazione del documento al Berlaymont. «È un’interpretazione ideologicamente distorta e molto selettiva delle relazioni di Draghi e Letta», l’affondo della capogruppo in Aula Iratxe García Pérez, che ricorda alla presidente della Commissione che la Bussola «dovrebbe essere pienamente allineata con i parametri già concordati nel Green deal europeo e nel pieno rispetto del Pilastro europeo dei diritti sociali». Sarà ora da vedere come si comporterà la maggioranza europeista, se ancora esiste, per assicurare l’approvazione delle proposte contenute nel libro dei sogni di von der Leyen.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link