cosa cambia con il nuovo cuneo fiscale

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Alla fine anche il governo Meloni lo ha ammesso ufficialmente: chi guadagna quest’anno tra 8.500 e 9mila euro annui subirà una riduzione in busta paga di 1200 euro l’anno. Frutto del nuovo meccanismo di taglio del cuneo fiscale, che da contributivo diventa fiscale e con il calcolo che si fa sul reddito complessivo e non più solo su quello da lavoro. Anche chi guadagna tra 10mila e 35mila euro l’anno subirà delle decurtazioni, ma saranno ben più contenute: gli stipendi potranno essere più bassi al massimo di 96 euro l’anno, appena 7 euro al mese. Guadagneranno invece i redditi sotto gli 8.500 euro e quelli tra i 35 e i 50 mila euro. Chi guadagna 8.500 euro annui non pagherà tasse (prima la soglia della “no tax area” era di 8.174 euro annui, si risparmieranno così anche un centinaio di euro al mese). Per chi è appena sopra i 35mila euro arriveranno 1000 euro in più l’anno, sulla soglia dei 38mila euro si guadagneranno 687 euro aggiuntivi sempre in dodici mesi e arriveranno 460 euro l’anno per chi ne guadagna circa 40mila.

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A fare più rumore, quindi, è la riduzione delle buste paga per i redditi molto bassi, dopo anni di inflazione galoppante e il conseguente caro-vita. Il governo, tramite il ministero dell’Economia, si è detto pronto a intervenire. Sono quindi allo studio delle soluzioni per provare a restituire questi soldi nei prossimi mesi, ma tecnicamente sembra complesso un intervento del genere in tempi brevi. Vediamo perché.

 

Cuneo fiscale e trattamento integrativo

Il cuneo fiscale è la somma delle imposte che pesano sul costo del lavoro: la differenza tra quanto un dipendente costa all’azienda che lo assume e quanto lo stesso dipendente incassa in concreto, al netto delle tasse, in busta paga. In Italia questo valore è da sempre alto, con effetti importanti sul potere d’acquisto.

La sottosegretaria al ministero dell’Economia, Lucia Albano (Fratelli d’Italia), ha promesso «un’attenta valutazione» su una possibile integrazione per i redditi lordi tra 8.500 e 9.000 euro che quest’anno, rispetto al 2024, perderebbero il trattamento integrativo di 1.200 euro voluto dal governo Renzi e trasformato prima dal Conte II e poi dall’esecutivo Draghi. Come ha denunciato la Cgil, ripresa dalle opposizioni al governo, «si tratterebbe di una diretta conseguenza della riduzione dell’imponibile fiscale ìche farebbe confluire i contribuenti al di sotto del limite minimo di reddito previsto per il riconoscimento del trattamento integrativo Irpef introdotto dal governo Conte ed erogabile fino all’importo massimo di 100 euro mensili».

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Chi perde 1200 euro in busta paga

La sottosegretaria al Mef ha spiegato che la modifica coinvolge «un numero assai limitato di soggetti», e che l’integrazione di 100 euro mensili ottenuta nel 2024 è stata incidentale «a causa del meccanismo di riduzione dell’aliquota contributiva che aveva portato ad aumentare i redditi imponibili Irpef: cominciando a pagare le imposte, questi contribuenti avevano ricevuto anche il trattamento integrativo da 1.200 euro che in mancanza di decontribuzione non sarebbe spettato». Una sorta di “vantaggio non dovuto”, nell’interpretazione del governo. Secondo l’esecutivo quella fascia di reddito è variabile: “facilmente” si entra o si esce ai fini fiscali, anche per il nuovo meccanismo del taglio del cuneo fiscale, risultando dentro o fuori la cosiddetta “no tax area”: al di sotto il trattamento integrativo fino a 1200 euro non è riconosciuto perché è uno sconto fiscale, in questo caso non scalabile dalle tasse.

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Il trattamento integrativo, nell’importo massimo di 100 euro mensili, è infatti riservato ai titolari di reddito complessivo fino a 15 mila euro e con Irpef superiore alle detrazioni di lavoro dipendente. La perdita del diritto al trattamento deriva quindi dal fatto che, nel 2024, fruendo del cuneo contributivo (taglio del 7% dei contributi), ai lavoratori aumentava la base imponibile fiscale trasformandoli da soggetti incapienti (che non pagano Irpef) a soggetti contribuenti (che pagano tasse) guadagnando, di conseguenza, il diritto al trattamento integrativo. Quest’anno, che non c’è più il taglio contributivo, i lavoratori sono ritornati incipienti e, quindi, perdono il diritto al trattamento integrativo. 

Lucia Albano ha detto comunque che «ci sarà un’attenta valutazione, e dovrà tenere conto anche della possibilità che di questa estensione beneficerebbero non solo i contribuenti che rientravano in quella fascia di retribuzione nel 2024», ma anche quelli che si troveranno nella stessa fascia nei prossimi anni. «L’estensione del trattamento integrativo mediante una modifica dei suoi criteri di spettanza – ha promesso – sarà esaminata nell’ambito di un processo mirato a un maggior sostegno per i lavoratori a più basso reddito piuttosto che per compensare gli effetti di misure temporanee».

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Gli attacchi delle opposizioni

Il Movimento 5 stelle attacca parlando di una «presa per il cuneo». «Se per caso ce ne fosse stato ancora bisogno, il ministero dell’Economia ha ammesso alla Camera la presa per il cuneo di circa 15 milioni di lavoratori dipendenti», ha scritto in una nota Emiliano Fenu, capogruppo M5s in Commissione finanze della Camera. «Insomma, il Mef non può far altro che ammettere, così come già emergeva nitidamente dalle simulazioni di Italia Oggi, del Sole 24 Ore, dei Caf e dei sindacati, che la maggior parte dei 15 milioni di lavoratori dipendenti non solo non avrà mezzo centesimo in più in busta paga nel 2025, come falsamente sbandierato da governo e maggioranza, ma ci andrà a perdere», ha argomentato.

«Il governo Meloni deve chiedere scusa per l’ennesima presa in giro perpetrata ai danni dei lavoratori – rincara la dose il leader dei Verdi, Angelo Bonelli – oggi la sottosegretaria Albano ha di fatto smentito mesi di propaganda sul taglio del cuneo fiscale, tanto decantato dagli esponenti di maggioranza e ha dovuto ammettere i tagli alle buste paga dei lavoratori. Questa marcia indietro, l’ennesima di questo esecutivo, dimostra quanto il governo Meloni sia lontano dal Paese reale», conclude Bonelli.

«Dannosi e incapaci – aggiunge il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni – c’è poco da aggiungere: lo studio della Cgil reso pubblico mostra quello che abbiamo sostenuto durante la discussione dell’ultima manovra, e cioè che con la revisione del cuneo fiscale, i lavoratori che percepiscono dai 35mila euro l’anno lordi in giù perdono soldi. Il danno maggiore lo subisce chi guadagna 9mila euro l’anno, che perderà 1.200 euro. Una vergogna. Con questi al governo più sei povero e più schiaffi prendi. Meloni negherà, come ha negato in tutte queste settimane». 

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Le altre fasce di reddito

Per quanto riguarda le altre fasce di reddito: il dipendente che guadagna 25 mila euro di stipendio lordo annuo subirà un taglio di 96 euro, ovvero 7 euro al mese su 13 mensilità. Chi ne prende 10 mila avrà 16 euro in meno, mentre ne perderà 24 chi ne guadagna 15 mila. Nello scaglione dei 23 mila si perdono 5 euro, mentre le buste paga di chi ne porta a casa 27 mila avranno in totale 15 euro in meno. Che diventano 42 per chi ne prende 30 mila e 27 per chi ne porta a casa 35 mila. Ci guadagna invece 460 euro annui chi già porta a casa 45 mila euro lordi. Il nuovo cuneo fiscale attualmente interessa i titolari di lavoro dipendenti ed esclude i pensionati. Per sapere se ha diritto al nuovo cuneo il lavoratore deve calcolare sia il reddito da lavoro dipendente che quello complessivo, che viene calcolato con la dichiarazione dei redditi ed è pari alla somma dei redditi dichiarati: il quadro Rn del 730.





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