«…tutto si riduce ai soldi. Si fa un gran parlare di valori e di scontri di civiltà di questi tempi, ma l’esperienza mi insegna che raramente gli uomini si ammazzano per qualcosa che abbia a che fare con i valori o con la cultura. Gli uomini si ammazzano tra loro per i soldi»
(Jonathan Coe, La prova della mia innocenza)
I dati italiani: dalla vetta al fondo Un dossier dell’O.M.S., appena pochi decenni fa, metteva il nostro sistema sanitario pubblico dietro solo a quello francese. Oggi siamo precipitati nei posti bassi delle classifiche. Tra le ragioni anche il numero inadeguato di letti: in Germania sono 7 ogni mille abitanti, in Italia solo 3,1. (dal Fatto Quotidiano del 23-1-2025)
Con la fine della seconda guerra mondiale, si è affermato, nei paesi occidentali, quelli sotto l’ombrello statunitense, lo stato sociale, noto anche come Welfare state.
Regno Unito, Francia, Italia, Germania Ovest, gli stessi USA ed altri hanno visto sbocciare e crescere un sistema di protezione per le classi sociali meno abbienti che trovava i suoi punti di forza nella tutela della salute, nell’istruzione di massa e nella sicurezza e previdenza sociale.
Il vero motivo di tanta cura delle classi lavoratrici ha sempre poggiato, nell’opinione di chi scrive, sulla necessità di combattere il comunismo, vero spauracchio del mondo capitalista, in particolare americano. Serviva, in pratica, a garantire una vita dignitosa ai più poveri affinchè questi fossero distolti dalle sirene della rivoluzione finalizzata all’affermazione del “socialismo reale”.
Il welfare ha innalzato il livello del tenore di vita di tutti i Paesi che l’hanno adottato, stemperando i rischi di conflitti sociali e migliorando le condizioni economiche generali. E hanno, altresì, allontanato tentazioni di passare dall’altra parte durante la guerra fredda tra USA e URSS. Laddove, però, i popoli mantenevano il desiderio di un’organizzazione politico-sociale che non fosse allineata completamente ai desiderata statunitensi, venivano usati altri stratagemmi dissuasivi, come, nel Cile del 1973 del socialista Allende, democraticamente eletto, il golpe di Augusto Pinochet Ugarte.
A un certo punto, però, e siamo negli anni ’70, ha cominciato ad affermarsi una particolare corrente di pensiero, specialmente economico, che ha profondamente criticato l’approccio “statalista” all’economia perché foriero di inflazione e di crescita esponenziale del debito pubblico, ed esaltato, invece, uno stato “leggero” che lasciasse tutto lo spazio possibile ai privati che, miracolo della mano invisibile, avrebbero riequilibrato tutto, rimettendo a posto valore della moneta e conti pubblici.
Buchanan, Friedman, Laffer, Hayek, quasi tutti vincitori di Nobel per l’economia, sono stati i vessilliferi di un’idea diversa del ruolo dello stato nell’economia, riscoprendo la visione positivista e darwiniana della società: ovvero vinca il più forte.
Per questi economisti bisognava ridurre le tasse, specie per le classi più abbienti, affinchè le risorse sottratte alla mannaia del fisco potessero essere impiegate negli investimenti produttivi aumentando così il PIL e i posti di lavoro. Per i quali ultimi, le tutele a favore dei lavoratori dovevano man mano essere affievolite (viva il licenziamento libero, che chissà in base a quale “magia” avrebbe aumentato l’occupazione!). Last, but not least, lo Stato doveva ridurre drasticamente la spesa pubblica, smantellando così il welfare.
Questi economisti sono presto diventati quelli che sussurravano ai potenti: su tutti Mrs. Thatcher, premier inglese dal 1979 e Mr. Reagan, eletto presidente USA nel novembre del 1980.
Questi due “benemeriti” sono stati i politici più noti ad aver distrutto lo stato sociale nei loro paesi e avviato un trend ultraliberista che dura tutt’ora, anche nel resto del mondo.
Contemporaneamente, dall’URSS arrivavano le notizie di una sua crisi profonda, specie economica, legata all’arretratezza tecnologica e a relazioni di scambio limitate all’area dei paesi suoi satelliti. Dunque, cominciava ad aleggiare l’idea che il comunismo non era più un pericolo da combattere ammansendo le classi lavoratrici. Quando, poi, l’URSS si frantumò, le élite capitaliste ebbero netta la sensazione che, tana libera tutti, si poteva finalmente imporre un sistema concorrenziale sbilanciato a favore dei più ricchi, con uno Stato preda di queste allucinazioni ultraliberiste, ridotto a poca cosa, che abdicava alla sua sovranità, anche monetaria, che riduceva la pressione fiscale e, di conseguenza, sottoponeva a dieta drastica il welfare.
E, nel frattempo, che faceva la politica?
Passi per i partiti conservatori, che si radicalizzavano aderendo misticamente alla nuova ideologia economica che avrebbe creato “ricchezza per tutti” e, miracolosamente per loro, riuscendo a convincere masse di elettori sempre più delusi e alla ricerca di chi si facesse portavoce delle proprie istanze.
Ma i partiti di sinistra come reagivano a quest’ondata impetuosa e irrazionale che rischiava di scardinare la pace sociale? Ed è questa la cosa più devastante, cioè che i partiti che avevano sempre strenuamente difeso i lavoratori, improvvisamente, Saulo sulla via di Damasco, scoprirono il liberismo. Da allora, Il Labour inglese, i democratici USA, i socialisti tedeschi, il nostro PD sono diventati di destra, e lo sono rimasti, andando ad occupare lo spazio lasciato libero dalla vecchia destra liberale e conservatrice che si era “estremizzata”.
Oggi, esistono una destra ed un’ultradestra, poiché la sinistra si è volatilizzata da tempo.
E, secondo voi, val la pena scegliere una copia quando c’è l’originale disponibile?
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